Cass. pen., sez. IV, sentenza 08/02/2021, n. 04754
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: VIVAL BANCA- BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI MONTECATINI TE avverso l'ordinanza del 28/05/2020 del TRIB. LIBERTA' di PISTOIA udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CNCI;
lette le conclusioni del PG MARIA GIUSEPPINA FODARONI, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Pistoia, in funzione di giudice dell'appello cautelare, decidendo in sede di rinvio (Sez. 3, n. 5295 del 06/12/2019, dep. 2020, non mass.), Con ordinanza del 28 maggio - 17 giugno 2020 ha rigettato l'appello proposto nell'interesse di Vivai Banca - Banca di credito cooperativo di Montecatini Terme, Bientina e San Pietro in Vincio, che, in veste di terzo interessato, aveva impugnata l'ordinanza del 3 luglio 2019 con la quale era stata rigettata la richiesta di restituzione della somma di 114.006,05 euro, giacente sul conto corrente aperto presso tale istituto di credito e cointestato a G G (ed a F G) ed assoggettato a vincolo cautelare per effetto del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di G G, indagato dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Pistoia per i reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, reati che lo stesso avrebbe commesso quale amministratore di una società.
2.In occasione del primo ricorso, l'istituto di credito, ritenendo di essere divenuto proprietario delle somme in questione, poiché oggetto di un contratto di pegno irregolare, e di averne, quindi, diritto alla restituzione, aveva, tra l'altro, censurato: la violazione dell'art. 1851 cod. civ., avendo, ad avviso dell'ente, l'ordinanza illegittimamente affermato che la somma sequestrata dovesse ritenersi costituita in pegno regolare piuttosto che irregolare, conseguenza che discenderebbe ex lege dalla circostanza che, dal gennaio 2015, oggetto del pegno era un deposito di danaro (primo motivo);
la violazione degli artt. 1834, 1846, 1851 e 1852 cod. civ., i quali prevedono che nei depositi di una somma di denaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà e che il pegno concesso a garanzia di un'anticipazione di credito in conto corrente è di per sé irregolare (secondo motivo);
ed omissione di motivazione, sotto tre profili: per non avere il Tribunale, nonostante la doglianza svolta con l'impugnazione, fornito risposta all'argomento secondo il quale la garanzia pignoratizia, originariamente data con riguardo a strumenti finanziari dematerializzati, a seguito della scadenza degli stessi, si era trasferita sulle somme incassate, dando così luogo ad un pegno irregolare (terzo motivo);
per non avere considerato la previsione dell'art. 4 delle condizioni generali di contratto (quarto motivo);
e per non avere preso posizione rispetto al tema dell'applicabilità al caso di specie delle norme del codice civile più sopra richiamate, da cui si ricaverebbe, ad avviso del ricorrente, la natura irregolare del pegno, non potendo ritenersi che alla scadenza dei titoli la garanzia si fosse trasferita su banconote da conservarsi fisicamente in cassaforte (quinto motivo).
3. La S.C. con la decisione richiamata (Sez. 3, n. 5295 del 06/12/2019, dep. 2020) ha così stabilito (nn.
1-4 del "considerato in diritto", pp. 3-5): «1. E' pacifico - e la stessa ricorrente non lo contesta - che la possibilità di sottoporre a sequestro penale beni costituiti in pegno sia consentita laddove si tratti di pegno regolare (Sez. 3, n. 36293 del 18/05/2011, Hypo Alpe Adria Bank S.p.a., Rv. 251133;
Sez. 2, n. 45400 del 07/11/2008, Palmieri, Rv. 241975) e non, invece, quando la garanzia sia qualificabile come pegno irregolare, posto che quest'ultimo determina il trasferimento della proprietà del bene in capo al creditore (Sez. 2, n. 23659 del 06/05/2010, Banca MB S.p.a., Rv. 247409, relativa al sequestro preventivo di un conto corrente bancario le cui somme risultavano costituite in pegno irregolare a garanzia dell'anticipazione concessa dalla banca al correntista con conseguente trasferimento in proprietà al creditore delle somme gravate dalla garanzia;
Sez. 3, n. 40784 del 12/05/2015, Gagliarde/li, Rv. 264988). Laddove la garanzia cada su titoli obbligazionari, la giurisprudenza di questa Corte in materia di sequestrabilità penale di beni costituiti in pegno è nel senso che questo deve ritenersi regolare quando difetta il conferimento alla banca della facoltà di disporre del relativo diritto (Sez. 2, n. 38824 del 28/03/2017, Banca Monte Dei Paschi Di Siena S.p.a., Rv. 271298, in materia di misure di prevenzione patrimoniale). Laddove si tratti, invece, di somme denaro, non può disporsi il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente quando le stesse, depositate su conto corrente, siano state costituite in pegno irregolare a garanzia di una obbligazione dell'imputato, attesa la immediata acquisizione della proprietà delle stesse da parte del creditore (Sez. 3, n. 19500 del 16/09/2015, dep. 2016, Banca Nazionale Del Lavoro Spa, Rv. 267008, nella cui motivazione si precisa che, ai fini della individuazione e differenziazione del pegno irregolare rispetto a quello regolare, non rilevano né il "nomen" contrattualmente attribuito al rapporto e nemmeno il fatto che la somma di denaro rimanga depositata su un conto corrente bancario intestato al debitore e continui a maturare interessi, ma è decisiva la circostanza che, nel caso di inadempimento del debitore, il creditore abbia la facoltà di soddisfarsi immediatamente e direttamente sulla cosa o sulle cose date a pegno, secondo la previsione di cui all'art. 1851 cod. civ., ovvero debba attivare una forma di vendita pubblica, ai sensi degli artt. 2796 e 2797 cod. civ.).
2. Ciò premesso, nel caso di specie l'ordinanza impugnata ha dichiarato di voler fare applicazione di richiamati principi di diritto e ha confermato il diniego di restituzione della somma sequestrata ritenendo che il contratto concluso tra le parti avesse dato vita ad un pegno regolare, poiché la proprietà degli strumenti finanziari dati in garanzia - specificamente individuati - era rimasta in capo al debitore, come si desumeva dal fatto che alla banca era stata contrattualmente attribuita la procura all'esercizio dei diritti sui titoli e l'autorizzazione al reimpiego delle somme derivanti dal loro eventuale incasso, ciò che radicalmente escludeva il loro trasferimento in capo al creditore. Essendo stata altresì espressamente convenuta la facoltà di alienare i titoli in pegno per realizzare la garanzia in ipotesi di inadempimento del debitore, ad avviso del tribunale si era confermata la qualificazione del pegno come regolare, essendosi sostanzialmente richiamato lo schema di cui all'art. 2797 cod. civ. Per contro, secondo l'ordinanza, non vi sarebbe alcuna pattuizione contrattuale idonea a legittimare la conclusione circa la natura irregolare del pegno una volta che la garanzia veniva a cadere sul denaro incassato dalla vendita dei titoli.
3. Come esattamente deduce la ricorrente, tuttavia, il tribunale non ha in alcun modo esaminato il disposto di cui all'art. 4 delle condizioni generali di contratto - richiamato nell'appello, sub motivo 1.b e, di nuovo, sub motivo 2 - a norma del quale, "nel caso di rimborso totale o parziale degli strumenti stessi, la garanzia pignoratizia si trasferisce sulle somme incassate" e non ha valutato se - in forza delle disposizioni di legge parimenti evocate nell'appello (gli artt. 1851, 1846 e 1834 cod. civ.) - per il patto di rotatività contrattualmente convenuto, il pegno (pur qualificabile come regolare allorquando oggetto ne erano i titoli) sia successivamente divenuto irregolare per la citata pattuizione negoziale. Non essendo stata esaminata tale specifica - e potenzialmente dirimente - doglianza, il provvedimento impugnato è sul punto affetto dal vizio, deducibile in sede di legittimità, di assenza di motivazione dedotto in ricorso ai motivi 3, 4 e 5, che risultano quindi fondati con assorbimento dei restanti. Ed invero, in forza dell'art. 325 cod. proc. pen., pur essendo il ricorso per cassazione ammissibile solo per violazione di legge (Sez. 3, n. 45343 del 06/10/2011, M e a., Rv. 251616) è deducibile l'inesistenza o la mera apparenza della motivazione (Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119;
Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, Catalano, Rv. 261590). E la motivazione è apparente - quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge - quando le argomentazioni non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto (Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Giovannini, Rv. 260314), sì da integrare un vizio tanto radicale da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza che consentano di 'rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, I, Rv. 239692;
Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e a., Rv. 269656;
Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, Faiella, Rv. 269296). La motivazione, per altro verso, è inesistente quando manchi la puntuale e analitica risposta sulle questioni devolute dall'appellante (Sez. 2, n. 52617 del 13/11/2018, Di Schiena, Rv. 274719) rispetto ad un tema contenuto nell'atto di impugnazione che abbiano carattere di decisività (Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015, dep. 2016, Perna e a., Rv. 267723).
4. L'ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pistoia».
4. Il Tribunale di Pistoia con provvedimento del 28 maggio - 17 giugno 2020 ha rigettato l'appello proposto nell'interesse di Vivai banca. Richiamate le circostanze - di fatto - che erano stati costituiti in pegno strumenti finanziari dematerializzati caratterizzati da un codice identificativo, non costituenti, pertanto, beni fungibili e - di diritto - che era stata conferita alla banca una procura per l'esercizio dei diritti sui titoli assoggetti al vicolo del pegno e l'autorizzazione a reimpiegare le somme riscosse in seguito alla
lette le conclusioni del PG MARIA GIUSEPPINA FODARONI, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Pistoia, in funzione di giudice dell'appello cautelare, decidendo in sede di rinvio (Sez. 3, n. 5295 del 06/12/2019, dep. 2020, non mass.), Con ordinanza del 28 maggio - 17 giugno 2020 ha rigettato l'appello proposto nell'interesse di Vivai Banca - Banca di credito cooperativo di Montecatini Terme, Bientina e San Pietro in Vincio, che, in veste di terzo interessato, aveva impugnata l'ordinanza del 3 luglio 2019 con la quale era stata rigettata la richiesta di restituzione della somma di 114.006,05 euro, giacente sul conto corrente aperto presso tale istituto di credito e cointestato a G G (ed a F G) ed assoggettato a vincolo cautelare per effetto del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di G G, indagato dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Pistoia per i reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, reati che lo stesso avrebbe commesso quale amministratore di una società.
2.In occasione del primo ricorso, l'istituto di credito, ritenendo di essere divenuto proprietario delle somme in questione, poiché oggetto di un contratto di pegno irregolare, e di averne, quindi, diritto alla restituzione, aveva, tra l'altro, censurato: la violazione dell'art. 1851 cod. civ., avendo, ad avviso dell'ente, l'ordinanza illegittimamente affermato che la somma sequestrata dovesse ritenersi costituita in pegno regolare piuttosto che irregolare, conseguenza che discenderebbe ex lege dalla circostanza che, dal gennaio 2015, oggetto del pegno era un deposito di danaro (primo motivo);
la violazione degli artt. 1834, 1846, 1851 e 1852 cod. civ., i quali prevedono che nei depositi di una somma di denaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà e che il pegno concesso a garanzia di un'anticipazione di credito in conto corrente è di per sé irregolare (secondo motivo);
ed omissione di motivazione, sotto tre profili: per non avere il Tribunale, nonostante la doglianza svolta con l'impugnazione, fornito risposta all'argomento secondo il quale la garanzia pignoratizia, originariamente data con riguardo a strumenti finanziari dematerializzati, a seguito della scadenza degli stessi, si era trasferita sulle somme incassate, dando così luogo ad un pegno irregolare (terzo motivo);
per non avere considerato la previsione dell'art. 4 delle condizioni generali di contratto (quarto motivo);
e per non avere preso posizione rispetto al tema dell'applicabilità al caso di specie delle norme del codice civile più sopra richiamate, da cui si ricaverebbe, ad avviso del ricorrente, la natura irregolare del pegno, non potendo ritenersi che alla scadenza dei titoli la garanzia si fosse trasferita su banconote da conservarsi fisicamente in cassaforte (quinto motivo).
3. La S.C. con la decisione richiamata (Sez. 3, n. 5295 del 06/12/2019, dep. 2020) ha così stabilito (nn.
1-4 del "considerato in diritto", pp. 3-5): «1. E' pacifico - e la stessa ricorrente non lo contesta - che la possibilità di sottoporre a sequestro penale beni costituiti in pegno sia consentita laddove si tratti di pegno regolare (Sez. 3, n. 36293 del 18/05/2011, Hypo Alpe Adria Bank S.p.a., Rv. 251133;
Sez. 2, n. 45400 del 07/11/2008, Palmieri, Rv. 241975) e non, invece, quando la garanzia sia qualificabile come pegno irregolare, posto che quest'ultimo determina il trasferimento della proprietà del bene in capo al creditore (Sez. 2, n. 23659 del 06/05/2010, Banca MB S.p.a., Rv. 247409, relativa al sequestro preventivo di un conto corrente bancario le cui somme risultavano costituite in pegno irregolare a garanzia dell'anticipazione concessa dalla banca al correntista con conseguente trasferimento in proprietà al creditore delle somme gravate dalla garanzia;
Sez. 3, n. 40784 del 12/05/2015, Gagliarde/li, Rv. 264988). Laddove la garanzia cada su titoli obbligazionari, la giurisprudenza di questa Corte in materia di sequestrabilità penale di beni costituiti in pegno è nel senso che questo deve ritenersi regolare quando difetta il conferimento alla banca della facoltà di disporre del relativo diritto (Sez. 2, n. 38824 del 28/03/2017, Banca Monte Dei Paschi Di Siena S.p.a., Rv. 271298, in materia di misure di prevenzione patrimoniale). Laddove si tratti, invece, di somme denaro, non può disporsi il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente quando le stesse, depositate su conto corrente, siano state costituite in pegno irregolare a garanzia di una obbligazione dell'imputato, attesa la immediata acquisizione della proprietà delle stesse da parte del creditore (Sez. 3, n. 19500 del 16/09/2015, dep. 2016, Banca Nazionale Del Lavoro Spa, Rv. 267008, nella cui motivazione si precisa che, ai fini della individuazione e differenziazione del pegno irregolare rispetto a quello regolare, non rilevano né il "nomen" contrattualmente attribuito al rapporto e nemmeno il fatto che la somma di denaro rimanga depositata su un conto corrente bancario intestato al debitore e continui a maturare interessi, ma è decisiva la circostanza che, nel caso di inadempimento del debitore, il creditore abbia la facoltà di soddisfarsi immediatamente e direttamente sulla cosa o sulle cose date a pegno, secondo la previsione di cui all'art. 1851 cod. civ., ovvero debba attivare una forma di vendita pubblica, ai sensi degli artt. 2796 e 2797 cod. civ.).
2. Ciò premesso, nel caso di specie l'ordinanza impugnata ha dichiarato di voler fare applicazione di richiamati principi di diritto e ha confermato il diniego di restituzione della somma sequestrata ritenendo che il contratto concluso tra le parti avesse dato vita ad un pegno regolare, poiché la proprietà degli strumenti finanziari dati in garanzia - specificamente individuati - era rimasta in capo al debitore, come si desumeva dal fatto che alla banca era stata contrattualmente attribuita la procura all'esercizio dei diritti sui titoli e l'autorizzazione al reimpiego delle somme derivanti dal loro eventuale incasso, ciò che radicalmente escludeva il loro trasferimento in capo al creditore. Essendo stata altresì espressamente convenuta la facoltà di alienare i titoli in pegno per realizzare la garanzia in ipotesi di inadempimento del debitore, ad avviso del tribunale si era confermata la qualificazione del pegno come regolare, essendosi sostanzialmente richiamato lo schema di cui all'art. 2797 cod. civ. Per contro, secondo l'ordinanza, non vi sarebbe alcuna pattuizione contrattuale idonea a legittimare la conclusione circa la natura irregolare del pegno una volta che la garanzia veniva a cadere sul denaro incassato dalla vendita dei titoli.
3. Come esattamente deduce la ricorrente, tuttavia, il tribunale non ha in alcun modo esaminato il disposto di cui all'art. 4 delle condizioni generali di contratto - richiamato nell'appello, sub motivo 1.b e, di nuovo, sub motivo 2 - a norma del quale, "nel caso di rimborso totale o parziale degli strumenti stessi, la garanzia pignoratizia si trasferisce sulle somme incassate" e non ha valutato se - in forza delle disposizioni di legge parimenti evocate nell'appello (gli artt. 1851, 1846 e 1834 cod. civ.) - per il patto di rotatività contrattualmente convenuto, il pegno (pur qualificabile come regolare allorquando oggetto ne erano i titoli) sia successivamente divenuto irregolare per la citata pattuizione negoziale. Non essendo stata esaminata tale specifica - e potenzialmente dirimente - doglianza, il provvedimento impugnato è sul punto affetto dal vizio, deducibile in sede di legittimità, di assenza di motivazione dedotto in ricorso ai motivi 3, 4 e 5, che risultano quindi fondati con assorbimento dei restanti. Ed invero, in forza dell'art. 325 cod. proc. pen., pur essendo il ricorso per cassazione ammissibile solo per violazione di legge (Sez. 3, n. 45343 del 06/10/2011, M e a., Rv. 251616) è deducibile l'inesistenza o la mera apparenza della motivazione (Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119;
Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, Catalano, Rv. 261590). E la motivazione è apparente - quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge - quando le argomentazioni non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto (Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, Giovannini, Rv. 260314), sì da integrare un vizio tanto radicale da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza che consentano di 'rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, I, Rv. 239692;
Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e a., Rv. 269656;
Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, Faiella, Rv. 269296). La motivazione, per altro verso, è inesistente quando manchi la puntuale e analitica risposta sulle questioni devolute dall'appellante (Sez. 2, n. 52617 del 13/11/2018, Di Schiena, Rv. 274719) rispetto ad un tema contenuto nell'atto di impugnazione che abbiano carattere di decisività (Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015, dep. 2016, Perna e a., Rv. 267723).
4. L'ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pistoia».
4. Il Tribunale di Pistoia con provvedimento del 28 maggio - 17 giugno 2020 ha rigettato l'appello proposto nell'interesse di Vivai banca. Richiamate le circostanze - di fatto - che erano stati costituiti in pegno strumenti finanziari dematerializzati caratterizzati da un codice identificativo, non costituenti, pertanto, beni fungibili e - di diritto - che era stata conferita alla banca una procura per l'esercizio dei diritti sui titoli assoggetti al vicolo del pegno e l'autorizzazione a reimpiegare le somme riscosse in seguito alla
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