Cass. pen., sez. IV, sentenza 29/04/2019, n. 17658
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la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI MILANOdalle parti civili: BAVESTRELLO MYRIAM nato a SANTIAGO DEL CILE( CILE) il 03/12/1959 DENTI ALFREDO GIOVANNI DENTI ALEXANDER nel procedimento a carico di: I AANDRO nato a MILANO il 12/05/1991 inoltre: CATTOLICA ASSICURAZIONI PARTE CIVILE avverso la sentenza del 16/04/2018 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere M N;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore S P che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio. Per le parti civili B M, D A G, D A e' presente l'avv. D G i del foro di Milano che chiede l'accoglimento del ricorso e deposita conclusioni. Per il Resp. Civile Cattolica Ass.ni e' presente l'avv. R P del foro di Monza che chiede il rigetto dei ricorsi e la conferma della sentenza della Corte di Appello di Milano.RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 16 aprile 2018 la Corte d'Appello di Milano ha riformato la sentenza del Tribunale di Monza, assolvendo A I dal reato di cui agli 589, commi 2^ e 4^ cod. pen. per avere cagionato, quale conducente dell'autovettura Mitsubishi Colt, in cooperazione colposa con Rrtroani Leandro (giudicato separatamente), conducente dell'autovettura BMW 320, la morte di M M, lesioni colpose gravissime a J M D, nonché lesioni a M S, C C, A A, P S A ed E C. 2. Il fatto, per quanto qui non contestato, viene descritto dalle sentenze come segue: in data 17 ottobre 2010, A I, alle ore 4,15 circa percorrendo la strada statale SS 35 Milano-Meda, in direzione sud verso Milano, all'altezza del km. 132,600, nel comune di Paderno, perdeva il controllo della propria autovettura, a causa del fondo stradale bagnato, causato da avverse condizioni atmosferiche ed in particolare dalla pioggia battente. Andava così ad impattare contro lo spartitraffico centrale, fermandosi sulla corsia di sorpasso, non potendo proseguire la marcia per i danni riportati dall'auto nella parte anteriore sinistra (piegamento di una ruota). L'auto in posizione di arresto aveva la parte anteriore rivolta verso il guard rail destro della carreggiata. Gli occupanti A I, M M, Alexander Joe Denti, Manuela Ogana e Giada Nugnes, scendevano dal veicolo. Le due ragazze, Manuela Ogana e Giada Nugnes, si portavano immediatamente sulla banchina sul lato destro della strada, mentre M M e J A D si accingevano a spostare l'auto che creava intralcio alla circolazione. A I si trovava sul margine destro, intento a telefonare alla madre per comunicare quando accaduto. Alcune auto, fra cui la Ford Fiesta condotta da Paolo Samuel Azzinari, su cui era trasportato E C, ed una Alfa 147, condotta da Marco P e su cui viaggiava come passeggero Fabrizio Fedele Tucci, superavano la Colt, notando che due ragazzi la spingevano cercando di spostarla dalla carreggiata. Arrivava sui luoghi anche il furgone Fiat Scudo, condotto da Giuseppe D M e su cui era trasportato A A, che si arrestava sulla banchina laterale, al fine di prestare soccorso. A A scendeva dal mezzo ed offriva il suo aiuto a M M e J A D per spostare la Colt al di fuori della strada. A quel punto, sopraggiungeva la BMW 320, alla cui guida si trovava L R -in stato di ebbrezza- e sulla quale erano trasportati M S, seduto sul sedile anteriore e C C, seduta sul sedile posteriore. A seguito della sterzata a destra la BMW 320, invadeva la banchina sterrata, urtava contro il guard rail ed indi, a causa del rimbalzo, rientrava in carreggiata andando a collidere con la Colt, sfondandone il lato destro. Il violento urto proiettava in avanti la Colt e J M D e M M, che si trovavano a lato dell'auto, venivano investiti. Il primo veniva sbalzato al centro della carreggiata -riportando trauma cranico maggiore e lesioni ad una gamba, che ne comporteranno l'amputazione- il secondo finiva contro il furgone Fiat Scudo che si trovava sulla corsia di emergenza ed a causa del forte impatto decedeva sul colpo. Veniva investito anche A A che sbalzava sulla cortina erbosa, dove restava privo di sensi, per poi riprendersi all'arrivo delle Forze dell'ordine. Rimanevano feriti meno gravemente C C e M S, trasportati della BMW 320 e P S A e E C, a bordo della Ford Fiesta, appena transitata, sulla quale piombava la Colt, sospinta dalla BWM. 3. La sentenza di primo grado, dato atto che L R, separatamente processato aveva concordato la pena ex art. 444 cod. proc. pen., ha ritenuto A I responsabile del reato di cui all'art. 589 commi 2^ e 4^ cod. pen., per avere colposamente provocato il sinistro per imprudenza, negligenza ed imperizia e violazione delle norme del codice della strada. In primo luogo, per avere tenuto, in violazione dell'art. 141 C.d.S., una velocità eccessiva in relazione alla condizioni di tempo e di luogo -trattandosi di ora notturna, in condizioni meteorologiche avverse, a causa della pioggia battente, su strada extraurbana, che recava segnali verticali di pericolo di allagamento, con limite di km. 80-90/h, su un tratto curvilineo destrorso- velocità che gli aveva fatto perdere aderenza al manto stradale, così andando ad urtare il guard rail posto alla sua sinistra, arrestandosi, senza poter proseguire la marcia, per il piegamento della ruota anteriore sinistra, e così costituendo un ostacolo al centro della carreggiata. In secondo luogo, per non avere prontamente segnalato il pericolo ai veicoli sopraggiungenti ponendo, a distanza opportuna, il triangolo catarifrangente, in violazione del disposto dell'art. 162 C.d.S.. A fondamento della decisione sono state poste le testimonianze, raccolte in giudizio, delle persone coinvolte nel sinistro e di coloro che prestarono soccorso e svolsero i rilievi, nonché la consulenza tecnica del pubblico ministero affidata all'ing. Domenico R. La condotta commissiva, consistita nel tenere una velocità troppo elevata, e quella omissiva, consistita nell'omettere le cautele previste dal C.d.S. per evitare pericoli alla circolazione stradale in caso di incidente, sono state ritenute concause del sinistro che, unitamente alla condotta di guida tenuta da L R, hanno cagionato la morte di M M ed le gravissime lesioni di J M D, oltre al ferimento delle altre persone offese. 4. La sentenza di secondo grado ha ribaltato l'esito della decisione ritenendo non provato che A I avesse tenuto una velocità eccessiva, non essendo state rilevate tracce di frenata riconducibili alla Mitsubishi Colt - verosimilmente, secondo la Corte, per le condizioni del tempo ed il fenomeno dell'aquaplaning verificatosi- mentre la velocità attribuita alla medesima auto, che si trovava in posizione di quiete, a seguito dell'impulso ricevuto dalla BMW 320, a seguito dell'urto, è stato determinato in km/h 67,7. La BMW 320, al contrario, procedeva a velocità molto elevata, calcolata dal C.T. del pubblico ministero in km/h 130, divenuti km/h 95,7 all'atto dell'impatto contro la Colt, dopo che la medesima BMW, sterzando, era andata a sbattere contro il guard rail, uscendo sulla banchina sterrata, per poi rimbalzare sulla carreggiata ed investire la Colt che si trovava al centro, travolgendo di conseguenza i ragazzi che cercavano di spostarla. La sentenza rileva, altresì, che i conducenti degli altri autoveicoli transitati quando la Colt si trovava già ferma sulla carreggiata e che avevano preceduto la BMW, avevano potuto avvistarla ed evitarla, sicché solo l'elevatissima velocità dell'auto investitrice, gravemente inadeguata alle condizioni di tempo e di luogo aveva causato la morte di M M e le gravissime lesioni a J M D. D'altro canto, secondo la Corte territoriale, che la condotta del R avesse avuto efficacia causale determinante ed esclusiva poteva trarsi dal fatto che l'auto da questi condotta, sopraggiungendo a km/h 130, nella fase di deviazione a sinistra, necessitava di uno spazio di frenata di m. 102, dunque, ben superiore, ai 50 m. dietro l'auto ferma, ove il conducente della Colt avrebbe dovuto porre il triangolo catarifrangente. 5. Avverso la sentenza propongono ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Milano e le parti civili M B, in proprio e quale amministratore di sostegno di J M D, A G D ed Alexander Denti. 6. Il Procuratore generale formula un unico motivo con cui lamenta la contraddittorietà della motivazione ed il travisamento della prova. Rileva l'erroneità del ragionamento della Corte territoriale che, muovendo dalle premesse contenute nella consulenza tecnica in relazione all'impossibilità di determinare la velocità del veicolo Mitsubishi Colt, prima dell'impatto contro il guard rail, nondimeno, non tiene conto delle altre considerazioni del consulente tecnico ing. Romanelli, esaminato all'udienza del 7 settembre 2015, secondo il quale, pur nell'impossibilità di determinare la velocità, poteva dirsi che la perdita di controllo dell'auto condotta da A I indicasse una velocità di marcia "quasi certamente non consona alla condizioni di contesto". E ciò, avuto riguardo all'ora notturna ed alle condizioni stradali, con pioggia e visibilità limitata in relazione alle condizioni atmosferiche. Secondo il consulente, peraltro, la prova della velocità non adeguata poteva trarsi anche dal fatto che subito dopo l'arresto della Colt, a seguito dell'urto contro la barriera, e prima dell'impatto con la BMW, altre auto erano passate su quel tratto di strada, senza problemi, ed anzi fermandosi per prestare soccorso ai ragazzi. La circostanza era stata oggetto della testimonianza del teste Tucci, trasportato sull'Alfa 147, condotta da P. Questi ha riferito che il P fermò l'auto a circa 100 metri di distanza da luogo ove si trovava la Colt, appena dopo la curva e che, prima di fermarsi, vedendo i ragazzi che cercavano di spostare l'auto verso il bordo della carreggiata, aveva urlato loro di "levarsi" perché non erano visibili. Sui luoghi c'era un furgone bianco e sebbene la strada non fosse allegata, la pioggia era molto intensa. Nessun segnale di pericolo era stato collocato, per avvertire della presenza di un'auto ferma. Subito dopo di loro era passata la Ford Fiesta, su cui viaggiavano due amici del teste (P S A e E C). Osserva che, dunque, ben tre erano gli autoveicoli transitati sui luoghi prima dell'arrivo della BMW e che nessuno di questi aveva avuto problemi sull'asfalto bagnato. Da questo ben poteva trarsi, come aveva fatto l'ing. R, che la velocità della Mistubishi Colt non fosse adeguata, sebbene non determinabile. Il fatto che l'auto condotta dall'imputato fosse una c.d. auto di cortesia, peraltro, avrebbe dovuto consigliare al giovane una più prudente condotta di guida, posto che egli non aveva alcuna consuetudine al suo utilizzo, tanto più quando c'era un problema di aquaplaning, segnalato dalla cartellonistica. Come ritenuto dal primo giudice, pertanto, se I avesse tenuto una velocità adeguata il fenomeno dell'aquaplaning non si sarebbe verificato ed egli avrebbe potuto evitare lo scivolamento della vettura e l'urto contro la barriera, cui era seguito l'arresto dell'auto. Sottolinea, inoltre, con riferimento all'altro profilo di colpa, consistito nell'omessa collocazione del segnale triangolare a distanza regolamentare, come la Corte abbia preso le mosse dalla considerazione dell'ing. R, secondo cui se R avesse tenuto la velocità consentita in quel tratto di strada avrebbe potuto avere lo spazio sufficiente ad evitare l'impatto. Nondimeno, il giudice d'appello, ha ignorato le conclusioni cui il medesimo consulente è giunto in ordine all'incidenza della mancata apposizione del triangolo sulla causazione dell'evento. Il consulente, infatti, dopo avere chiarito che l'art. 162 C.d.S. impone l'apposizione del triangolo ad almeno 50 metri dall'ostacolo, al fine di renderlo visibile a 100 metri di distanza, ha rilevato che la BMW, per la velocità tenuta, avrebbe potuto arrestarsi in 138 metri circa. Pur mancando trenta metri per consentirgli di fermare il veicolo, nondimeno, R avrebbe potuto effettuare una 'manovra di emergenza' non scomposta come quella adottata, che gli avrebbe probabilmente consentito di evitare l'impatto contro il guard rail a destra e quindi il rimbalzo sulla Colt. Non avere collocato il segnale di pericolo, dunque, aveva favorito le condizioni per l'urto a km/h 97 contro l'auto ferma, che se verificatosi ad una velocità inferiore avrebbe avuto effetti diversi. La decisione di primo grado, pertanto, avrebbe dovuto trovare conferma. Conclude per l'annullamento della sentenza della Corte di appello di Milano.
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