Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 19/04/2018, n. 09739

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 19/04/2018, n. 09739
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09739
Data del deposito : 19 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 17739-2016 proposto da: FEDELI VITTORIO, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE REGINA MARGHERITA

42, presso lo studio dell'avvocato A D P, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato P E, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

BANCA MONTE DEI PASCHI SIENA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA,

CORSO VITTORIO EMANUELE II

326, presso lo studio dell'avvocato C S, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato R S, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3953/2015 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 06/07/2015 R.G.N. 1897/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/2018 dal Consigliere Dott. M L;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R F G che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato E P;
udito l'Avvocato SCOGNAMIGLIO CLAUDIO. n. r.g. 17739/2016

FATTI DI CAUSA

La Corte d'appello di Roma, pronunciando in sede di giudizio di rinvio ex art.392 c.p.c., rigettava la domanda proposta da V F nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. volta a conseguire sentenza dichiarativa di illegittimità del licenziamento disciplinare intimato in data 13/9/2000 e di condanna alla reintegra nel posto di lavoro con gli effetti risarcitori sanciti dall'art.18 1.300/70 nella versione di testo applicabile ratione temporis. All'esito di segnalazioni di provenienza di taluni clienti, l'istituto di credito aveva infatti attivato un controllo interno dal quale era emerso che il F - cui erano ascritte mansioni di ufficiale di riscossione - aveva, in talune occasioni, richiesto il pagamento di somme onde evitare il versamento di importi oggetto di avviso di riscossione o il pignoramento;
in altre, aveva elargito consigli per non procedere al pagamento;
in altre ancora aveva concluso con esito negativo pignoramenti che, invece, a distanza di breve tempo, avevano sortito esito positivo. L'istituto aveva quindi irrogato la massima sanzione disciplinare per giusta causa ex art.127 lett. D) c.c.nl. di settore, in ragione del grave vulnus agli obblighi gravanti sul prestatore di lavoro. La Corte distrettuale modulava il proprio iter argomentativo, in estrema sintesi, sul rilievo che i fatti oggetto di incolpazione erano da ritenersi confermati anche all'esito delle indagini svolte in sede di giudizio penale - pur sfociato in sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste - dalle quali era emerso che il F aveva assunto nei confronti dei clienti una veste da consulente, sicuramente non appropriata al ruolo rivestito, tale da travalicare i doveri su di lui gravanti e da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario sotteso al rapporto di lavoro, tenuto conto delle funzioni pubbliche di cui era investito;
e ciò tenuto conto anche della reiterazione delle condotte entro un ambito temporale ristretto, che denotava il carattere sistematico delle violazioni ascritte. Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione il F affidato a quattro motivi ai quali resiste con controricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell'art.378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.116 e 384 comma 2 c.p.c. in relazione all'art.360 n.4 c.p.c. nonché n. r.g. 17739/2016 violazione e falsa applicazione degli artt.2967 c.c. e dell'art.2119 c.c. nonché dell'art.5 I. n.604/1966, ex art. 360 n.3 c.p.c.. Ci si duole che la Corte distrettuale non si sia uniformata ai dicta della pronuncia rescindente, avendo omesso di procedere all'accertamento dei comportamenti contestati al lume dell'attività istruttoria svolta in sede civile ed in sede penale, limitandosi quanto a quest'ultima, a recepirne l'esito complessivo senza sottoporlo ad un vaglio critico, così violando i principi che presidiano l'acquisizione delle prove, e della giusta causa di licenziamento.

2. Il motivo presenta evidenti profili di inammissibilità. Occorre rilevare che i motivi di censura contengono la contemporanea deduzione di violazione di plurime disposizioni di legge, sostanziale e processuale, nonché di vizi di motivazione senza alcuna specifica indicazione di quale errore, tra quelli dedotti, sia riferibile al n. 3 o al n. 4 ovvero al n. 5 del comma 1 dell'art. 360 c.p.c., non consentendo una adeguata identificazione del devolutum. Invero il ricorso per cassazione, in quanto ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall'art. 360 c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera chiara ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione. Il rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione - da intendere alla luce del canone generale "della strumentalità delle forme processuali" - comporta, fra l'altro, l'esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti, illustrative delle dedotte inosservanze di norme o principi di diritto, che precisino come abbia avuto luogo la violazione ascritta alla pronuncia di merito (Cass. n. 23675 del 2013), in quanto è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. n. 25044 del 2013;
Cass. n. 17739 del 2011;
Cass. n. 7891 del 2007;
Cass.n. 7882 del 2006;
Cass. n. 3941 del 2002). L'osservanza del canone della chiarezza e della sinteticità espositiva rappresenta l'adempimento di un preciso dovere processuale il cui mancato rispetto, da parte del ricorrente per cassazione, lo espone al rischio di una declaratoria d'inammissibilità dell'impugnazione (Cass. n. 19100 del 2006) ed è dunque inammissibile un motivo che non consenta di individuare in che modo e come le numerose norme richiamate nella rubrica sarebbero state violate nella sentenza impugnata, quali sarebbero i principi di diritto asseritannente trasgrediti nonché i punti della n. r.g. 17739/2016 motivazione specificamente viziati (Cass. n.17178 del 2014 e giurisprudenza ivi richiamata). In particolare, poi, ancora di recente questa Corte, a Sezioni Unite, al cospetto di un motivo che conteneva censure astrattamente riconducibili ad una pluralità dì vizi tra quelli indicati nell'art. 360 c.p.c., ha avuto modo di ribadire la propria giurisprudenza che stigmatizza tale tecnica di redazione del ricorso per cassazione, evidenziando "la impossibilità di convivenza, in seno al medesimo motivo dì ricorso, di censure caratterizzate da ... "irredimibile eterogeneità" (Cass. SS.UU. n. 26242 del 2014;
cfr anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013;
conf., Cass. n. 14317 del 2016).
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