Cass. pen., sez. III, sentenza 11/04/2023, n. 14976

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 11/04/2023, n. 14976
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14976
Data del deposito : 11 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

ente SENTENZA sul ricorso proposto da L R, nato a Bitonto il 30/09/1990 avverso la ordinanza del 21/07/2022 del Tribunale di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere C C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale S T, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso udito per il ricorrente l'avv. G C, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 21 luglio 2022 il Tribunale di Bari, quale Giudice del riesame delle misure cautelari personali e all'esito del rigetto della relativa richiesta, ha confermato l'ordinanza del 28 giugno 2022 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, in forza della quale era stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di R L, t indagato per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (capo 1).

2. Avverso il predetto provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione articolato su un complesso motivo di impugnazione quanto al lamentato vizio motivazionale.

2.1. In particolare il ricorrente, dato conto della contestata adesione al programma associativo, ha osservato che gli elementi indiziari a suo carico erano rappresentati dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, esaminati nell'anno 2018 (T, C, V, P, M), nonché da alcune intercettazioni telefoniche, quanto al mantenimento in carcere degli arrestati e all'ausilio economico alle famiglie di costoro. Al riguardo, era stata contraddittoriamente attribuita credibilità al collaboratore P, che peraltro ignorava il ruolo dell'indagato L nel sodalizio. Del pari il collaboratore C aveva sostenuto che l'indagato ritirava il denaro e portava la droga nella piazza di spaccio, ma a domanda precisa aveva affermato che lo stesso spacciava. In realtà vi era stato travisamento della prova, e il ragionamento del Tribunale, che escludeva le contraddizioni, era disancorato dalle emergenze probatorie e si era limitato a riprendere le dichiarazioni dei collaboranti tramite una motivazione contraddittoria, illogica ed inadeguata, mentre le dichiarazioni - tenuto conto della sola contestazione del reato associativo - avrebbero dovuto essere precise, coerenti e circostanziate. Al contrario, in disparte il C, T aveva sostenuto che L spacciasse per conto di Francesco Ruggiero ("la bugia") mentre P gli aveva attribuito il ruolo di supervisore della medesima piazza di spaccio di San Luca a Bitonto. Oltre a ciò, si presentava illogica la pretesa affiliazione ad un affiliato, come sarebbe accaduto rispetto a tale Digiacomo, non indagato. In difetto di contestazione di reati fine, i gravi indizi del reato associativo postulavano una qualificata probabilità di attribuzione del reato stesso, necessarie essendo anche dichiarazioni precise, coerenti e circostanziate, nonché riscontrate, del collaborante. Per quanto poi riguardava le intercettazioni, vi era stata solamente una dazione di danaro da parte della convivente del ricorrente alla convivente del P, arrestato, ma da tale fatto non poteva desumersi una condotta sintomatica della partecipazione al sodalizio criminoso. Allo stesso tempo assumeva rilievo in chiave difensiva il contenuto dell'intercettazione ambientale tra Felice Mongelli e Ciccio Colasuonno, che avevano smesso di parlare dei loro affari una volta giunti in prossimità del L, interessato solamente ad aiutare la moglie del P a raggiungere il carcere dov'era detenuto il marito. Né tale unico episodio poteva dare conto della partecipazione al sodalizio.Il Tribunale in definitiva non aveva rispettato le regole di valutazione del compendio indiziario.
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