Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 06/07/2004, n. 12341

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 06/07/2004, n. 12341
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12341
Data del deposito : 6 luglio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S S - Presidente -
Dott. L F - Consigliere -
Dott. C P - Consigliere -
Dott. G C - Consigliere -
Dott. L A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE D G, elettivamente domiciliato in Roma, via Silvio Benco n. 81, presso G D D, e rappresentato e difeso dall'avv. N B, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza n. 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'istituto, e rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avv.ti F C e F F, giusta delega in atti;

- intimato che ha depositato procura -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Campobasso n. 122 depositata il 12 luglio 2001. udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21 gennaio 2004 dal Relatore Cons. Dott. A L;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. N G, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Campobasso, con pronuncia del 15 giugno 2000, rigettava le opposizioni proposte da G D D avverso le ingiunzioni di pagamento emesse nei suoi confronti, su ricorso dell'Inps, rispettivamente per lire 385.000 e per lire 1.716.000. Questa decisione appellata dal D D e dall'ente previdenziale - il primo sosteneva che non dovevano essere applicate le sanzioni aggiuntive per il ritardato pagamento dei contributi previdenziali, in conseguenza della denuncia spontanea dell'obbligazione contributiva, seguita dal versamento, che egli aveva presentato dopo che era stata disattesa la richiesta di concessione della cassa integrazione guadagni per i dipendenti della sua impresa edile, mentre l'ente si doleva della compensazione delle spese processuali - era riformata dalla locale Corte di appello, con sentenza depositata il 21 luglio 2001, soltanto per il regolamento delle spese. La Corte territoriale escludeva che il D D, avendo versato i contributi previdenziali dopo tre mesi dalla notifica del provvedimento di diniego della cassa integrazione guadagni, potesse fruire del beneficio della riduzione delle relative sanzioni per la dedotta denuncia spontanea dell'obbligazione contributiva: questa, sospesa per la richiesta di concessione della cassa integrazione, era tornata ad essere esigibile una volta rigettata tale istanza, e l'obbligato per beneficiare dello sgravio delle sanzioni avrebbe dovuto effettuare il pagamento dei contributi nel termine di venti giorni dal venir meno dell'effetto sospensivo. Nè, aggiungeva il giudice del gravame, in tema di cassa integrazione guadagni è contemplata una diffida ad adempiere dopo il rigetto della richiesta del beneficio, e la previsione del termine dei venti giorni per il pagamento sarebbe del tutto inutile se, alla cessazione del suddetto effetto sospensivo dell'obbligazione contributiva, il debitore, per evitare le sanzioni aggiuntive stabilite per il ritardato versamento, potesse fare la denuncia spontanea entro sei mesi e pagare nei successivi trenta giorni.
Di questa sentenza il D D ha domandato la cassazione con ricorso basato su un motivo.
L'Inps si è limitato a depositare procura.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'unico mezzo di annullamento denuncia violazione e falsa applicazione del d.l. 23 giugno 1985 n. 244, dell'art. 1, comma 217 lettera b), legge 23 dicembre 1996 n. 662, come modificato dall'art. 59, comma 22, legge 23 dicembre 1997 n. 449, nonché violazione
dell'art. 3 Cost. Deduce che il rigetto dell'istanza di ammissione alla integrazione salariale è solo l'atto conclusivo della relativa procedura e non può essere considerato come una intimazione di pagamento dei contributi non versati dal datore di lavoro per il periodo cui è riferita quella domanda;
quindi per il caso di non adempiuto pagamento dei contributi previdenziali nel termine di venti giorni dal rigetto della istanza è data la possibilità al datore di lavoro di effettuare la denuncia spontanea di cui all'art. 1^ comma 217 lett. b), legge 23 dicembre 1996 n. 662 e fruire dello sgravio
delle sanzioni previsto dalla medesima norma, come modificata dall'art. 59, comma 22, della legge 23 dicembre 1997 n. 449. Il ricorso è fondato. Il denunciato art. 1, comma 217, nel testo risultante dopo la richiamata modifica, cosi dispone: "I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, sono tenuti: a) nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una somma aggiuntiva, in ragione d'anno, pari al tasso dell'interesse di differimento e di dilazione di cui all'art. 13 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni ed integrazioni, maggiorato di tre punti;

la somma aggiuntiva non può essere superiore al 100 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge;

b) in caso di evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, oltre alla somma aggiuntiva di cui alla lettera a), al pagamento di una sanzione, una tantum, da graduare secondo criteri fissati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, in relazione all'entità dell'evasione e al comportamento complessivo del contribuente, da un minimo del 50 per cento ad un massimo del 100 per cento di quanto dovuto a titolo di contributi o premi;
qualora la denuncia della situazione debitoria sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni o richieste da parte degli enti impositori, e comunque entro sei mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi o premi, la sanzione di cui alla presente lettera non è dovuta sempreché il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa". Non sono qui applicabili le ulteriori modifiche apportate alla norma ora trascritta dall'art. 116, commi ottavi e ss., legge 23 dicembre 2000 n. 388, che ha configurato in modo diverso la fattispecie
dell'evasione contributiva, regolando, pure differentemente, le sanzioni civili, in quanto questa disciplina sopravvenuta non ha effetto retroattivo (Cass. 15 gennaio 2003 n. 533). Orbene, nella specie, oggetto della controversia, secondo l'accertamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata e non sottoposto a censura, è l'evasione contributiva correlata al diniego della cassa integrazione guadagni richiesta dal D D. Del resto, non sono indicati in atti elementi da cui l'istituto potesse desumere l'ammontare dei contributi dovuti, sì da configurare secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. fra le più recenti, le sentenze 2 ottobre 2003 n. 14727 e 5 aprile 2003 n. 5386), l'ipotesi della semplice omissione contributiva ricadente nella previsione di cui alla lettera a) dell'art. 1, comma 217, della citata legge n. 662 del 1996. Inoltre, non risulta, e neppure tanto era stato dedotto dall'istituto, che questo avesse proceduto a contestazioni o richieste di adempimento dell'obbligazione contributiva cui era tenuto l'odierno ricorrente, prima che costui avesse effettuato la denuncia della propria situazione debitoria con il contestuale versamento delle somme dovute, eseguito, circostanza assolutamente incontroversa, entro i sei mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi: ricorrono dunque le condizioni previste dalla modifica apportata al citato art. 1, comma 217, dall'art. 59, comma 2, legge 27 dicembre 1997 n. 449, per l'esonero dalla sanzione
stabilita dalla medesima lettera b).
Erroneamente perciò tale disciplina non è stata applicata dal giudice del merito, il quale l'ha esclusa in base al rilievo che altrimenti si sarebbe realizzato un prolungamento della sospensione dell'obbligazione contributiva prevista a seguito della richiesta di cassa integrazione, così confondendo detta sospensione con la eliminazione della sanzione stabilita dalla disciplina delle sanzioni civili, allorché il contribuente, che abbia evaso il suo obbligo, provveda spontaneamente a denunciare il debito contributivo e a versare successivamente i contributi.
Assorbito ogni altro rilievo, il ricorso va dunque accolto. E cassata la sentenza impugnata, la causa, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve, a norma dell'art. 384 cod. proc. civ., essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda proposta dall'Inps con il ricorso per ingiunzione.
Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese dei giudizi di merito e del giudizio di Cassazione.

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