Cass. pen., sez. VI, sentenza 15/03/2021, n. 10084
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seguente SENTENZA sul ricorso proposto da L M, nato il 05/07/1965 a Lecce avverso la ordinanza del 03/07/2020 del Tribunale di Roma;visti gli atti, la ordinanza impugnata e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere G D A;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P L, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio in relazione alla entità del sequestro e il rigetto del ricorso nel resto;udito il difensore, Avv. S M, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 3 luglio 2020 il Tribunale di Roma, pronunciandosi sulla richiesta di riesame presentata nell'interesse di M L avverso il decreto con il quale il G.i.p. del Tribunale di Roma disponeva in data 22 aprile 2020 il sequestro preventivo della somma di euro 63.059,20 ai sensi degli artt. 319, 322 cod. pen. e 321, comma 2-bis, cod. proc. pen., ha riformato il provvedimento impugnato rideterminando in euro 53.560,00 la somma di denaro da sottoporre a sequestro in sede cautelare. Si contesta all'indagato, nella sua qualità di professore dell'Università degli Studi di Cassino e componente del Consiglio di Dipartimento della Facoltà di economia e giurisprudenza, di avere effettuato un indebito scambio di utilità con il presidente del consiglio di amministrazione di A.C.E.A. s.p.a., L L, per avere ottenuto un incarico di consulenza dal collegio sindacale di tale società, favorendone al contempo la nomina quale professore a contratto presso l'Università di Cassino. 2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato, deducendo con un primo motivo violazioni di legge in ordine alla configurabilità del requisito della gravità indiziaria del delitto di corruzione propria, sull'assunto che l'incarico presso l'Università di Cassino per il quale il L era stato designato non prevedeva alcun compenso economico, ma era a titolo gratuito, ciò che impedisce di ravvisare di per sé la percezione di qualsiasi utilità patrimoniale - diretta o indiretta - connessa allo svolgimento dell'incarico e qualsiasi forma di remunerazione non dovuta rispetto alla nomina di componente del collegio sindacale dell'A.C.E.A. s.p.a. A tal riguardo si pone in rilievo il fatto che l'incarico non è stato conferito al L dal L, ma dal collegio sindacale della predetta società e che il provvedimento impugnato ha omesso di considerare il contenuto di un'intercettazione telefonica ivi richiamata - quella del 15 settembre 2017 -, dalla quale risultava che il nominativo dell'indagato era stato già autonomamente individuato dal collegio sindacale e dal suo presidente, E L, il quale ne aveva a sua volta già parlato con lo stesso L, a prescindere da qualsiasi intervento o iniziativa da parte del L. Anche il conferimento dell'incarico - peraltro mai svolto - al L rientrava nella competenza del Rettore di quell'Università, appartenendo ad un ambito del tutto estraneo all'esercizio delle funzioni svolte dal L, tanto che sia il rettore dell'Università che i sindaci di A.C.E.A. s.p.a. sono rimasti estranei all'imputazione formulata in sede cautelare. 2.1. Ulteriori profili di criticità sono dal ricorrente evidenziati anche in relazione all'asserita natura pubblicistica dell'attività svolta dall'A.C.E.A. s.p.a. ed alla qualità di pubblici ufficiali delle persone che vi agiscono come dirigenti o membri del collegio sindacale, avuto riguardo al fatto che l'assegnazione degli incarichi di consulenza non è regolata nel caso in esame da norme di diritto pubblico, ma esclusivamente da norme di diritto privato, e che la predetta società non svolge direttamente alcuna funzione operativa legata alla fornitura di energia ovvero alla gestione delle acque, ma opera come una qualunque capogruppo in ambito prevalentemente privatistico. 2.2. Con un secondo motivo si censurano analoghi vizi in ordine alla impossibilità di configurare quale profitto del reato le somme corrispondenti alla remunerazione di un'attività professionale lecita e dall'indagato effettivamente espletata in misura del tutto congrua rispetto alla qualità della prestazione fornita, sicchè l'importo in sequestro avrebbe dovuto essere quanto meno decurtato delle somme dovute all'erario per le relative obbligazioni fiscali e contributive. CONSIDERATO :IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate. 2. Deve preliminarmente rammentarsi che, in tema di misure cautelari reali, la valutazione del fumus commissi delicti non può essere limitata semplicemente alla verifica dell'astratta sussumibilità della fattispecie concreta in quella legale, ma deve tradursi in un controllo che tenga nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie, esaminando, sotto ogni aspetto, l'integralità dei requisiti che legittimano il provvedimento cautelare, secondo un orientamento che, pur escludendo la tesi estrema della presenza dei gravi indizi di colpevolezza, afferma la necessità di individuare il presupposto del sequestro preventivo nella concretezza degli indizi di reato e dell'effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti (Sez. U, n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997, Bassi, Rv. 206657;Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, dep. 2004, Montella, Rv. 226492). Sulla traccia di tale linea interpretativa si è affermato che, per la sussistenza del fumus, devono ritenersi necessarie non solo una verifica puntuale e coerente delle risultanze processuali, in base alle quali vengono in concreto ritenuti esistenti il reato configurato e la conseguente possibilità di ricondurre alla figura astratta la fattispecie concreta, ma anche la "plausibilità di un giudizio prognostico alla luce del quale appaia probabile la condanna dell'imputato" (Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, Macchione, Rv. 265433;Sez. 5, n. 18078 del 26/01/2010, De Stefani, Rv. 247134;Sez. 1, n. 1415 del 16/12/2003, dep. 2004, Marzocchella, Rv. 226640). Occorre, pertanto, un accertamento concreto, basato sulla indicazione di elementi dimostrativi, sia pure sul piano indiziarlo, della sussistenza del reato ipotizzato (da ultimo, v. Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, Polifroni, Rv. 272927). Nel caso in esame, anche alla luce degli elementi dedotti nella memoria difensiva dall'odierno ricorrente depositata nel giudizio di riesame cautelare, e nell'ordinanza impugnata non compiutamente vagliati, non sono stati prospettati elementi di responsabilità concretamente idonei, sul piano indiziario, a ritenere configurabile l'ipotesi di reato formulata nel tema d'accusa, secondo cui il L ed il L avrebbero concordato, nell'esercizio delle rispettive qualità soggettive pubblicistiche, un reciproco scambio di favori ottenendo, il primo, un incarico di consulente del collegio sindacale di A.C.E.A. s.p.a. grazie all'influenza che il secondo vi avrebbe esercitato quale presidente del consiglio di amministrazione della medesima società, e quest'ultimo, a sua volta, un incarico di insegnamento universitario a contratto, che lo stesso L, quale professore ordinario presso l'Ateneo di Cassino, avrebbe proposto e caldeggiato al Consiglio di Dipartimento della Facoltà di economia e giurisprudenza.
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