Cass. civ., sez. III, sentenza 07/10/2008, n. 24769

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Massime3

La prelazione, sia legale che convenzionale, non opera per i terreni adibiti a destinazione diversa da quella prevista da piani regolatori - anche se non approvati - o da leggi statali o regionali.

Qualora le parti perseguano il risultato vietato dall'ordinamento non attraverso la combinazione di atti di per sé leciti ma mediante la stipulazione di un contratto la cui causa concreta si ponga direttamente in contrasto con le disposizioni urbanistiche e, in particolare, con i vincoli di destinazione posti dal locale piano regolatore, il contratto stipulato é nullo ai sensi dell'art. 1343 cod. civ. (per violazione, appunto, di disposizioni imperative) e non ai sensi dell'art. 1344 cod. civ.. (Nella specie la S.C., in relazione ad un contratto di locazione per uso deposito di materiali edili di un terreno avente, invece, destinazione urbanistica a verde agricolo e bosco, ha ritenuto sussistente il contrasto tra lo scopo pratico perseguito dalle parti con gli inderogabili- anche da parte dei privati - vincoli posti dalle disposizioni urbanistiche locali e nulla la locazione in parola che, in quanto volta a realizzare un godimento del bene corrispondente al risultato vietato dall'ordinamento, non solo intendeva perseguire n interesse non meritevole di tutela ma si risolveva addirittura in termini di dannosità sociale).

Le norme che tutelano interessi pubblicistici sono per ciò stesso imperative ed inderogabili non solo nei rapporti tra P.A. e privato ma anche nei rapporti tra privati; pertanto, i vincoli posti dalle disposizioni urbanistiche - e tali sono quelle previste sia da leggi speciali che da regolamenti edilizi comunali e da piani regolatori, le cui prescrizioni hanno natura normativa - assumono rilievo anche nei rapporti tra privati, incidendo sul contenuto del diritto di proprietà, sugli atti di disposizione del bene e sulla responsabilità extracontrattuale.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 07/10/2008, n. 24769
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24769
Data del deposito : 7 ottobre 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V M - Presidente -
Dott. F C - Consigliere -
Dott. V R - Consigliere -
Dott. S L A - rel. Consigliere -
Dott. D'

AMICO

Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M E, MRSONER MRKUS, elettivamente domiciliati in ROM VIA F.

CONFALONIERI

5, presso lo studio dell'avvocato M L, che li difende unitamente agli avvocati M A, M A, giusta delega in atti;



- ricorrenti -


contro
PRINOTH THOMS ALOIS, PRINOTH MRTINA, PRINOTH STEFAN, PRINOTH ALOIS, quali eredi di LEEG FRIEDA ved. PRINOTH, elettivamente domiciliati in ROM VIA E. Q.

VISCONTI

20, presso lo studio dell'avvocato F P, che li difende unitamente all'avvocato W E, giusta delega in atti;



- controricorrente -


e contro
M DI MRSONER ROBERT SNC;

- intimata -
e sul 2^ ricorso n. 22601/04 proposto da:
M DI MRSONER ROBERT SNC, in persona del legale rappresentante M R, elettivamente domiciliata in ROM VIA

ANAPO

20, presso lo studio dell'avvocato C R, che la difende unitamente all'avvocato MRTIN FISCHER, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
e contro
M E, MRSONER MRKUS, LEEG FRIEDA, ER LEEG FRIEDA VED PRINOTH;



- intimati -


avverso la sentenza n. 68/04 della Sezione distaccata di Corte d'Appello di BOLZANO, emessa il 24/03/04, depositata il 26/04/04, R.G. 98/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/07/08 dal Consigliere Dott. Luigi Alessandro SCARANO;

udito l'Avvocato Salvatore DI MTTIA (per delega Avv. Luigi MNZI, depositata in udienza);

udito l'Avvocato Ferdinando PERNAZZA (per delega Avv. E WALCHER, depositata in udienza);

udito l'Avvocato Carla RIZZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVI

Giovanni, che ha concluso per il rigetto del primo e del secondo motivo e l'accoglimento del terzo motivo del ricorso principale;
inammissibilità del ricorso incidentale condizionato. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 447 c.p.c., la società Marobau OHG di M R s.n.c. (già Renobau O.H.G. s.n.c.), deducendo che giusta contratto stipulato con l'allora proprietaria sig.ra Lg P F sin dal 1980 conduceva in locazione il terreno distinto con le particelle 328/4 e 328/5 della P.T. 339/11 del C.C. di Aldino, adibito a deposito per la sua impresa di costruzioni, e che in violazione del diritto di prelazione in suo favore previsto dalla clausola n. 8 del contratto con atto del 26/1/1999 la locatrice aveva alienato il terreno distinto con la particella 328/4 C.C. di Aldino al sig. E Marsoner (già socio e successivamente uscito dalla compagine sociale), il quale unitamente al figlio Markus occupava gran parte degli immobili locati, conveniva questi ultimi e la Lg Prinoth avanti al Tribunale di Bolzano, per ivi sentir nei loro confronti accertare e dichiarare la violazione del diritto di prelazione spettantele, con conseguente condanna dei medesimi al risarcimento dei sofferti danni, nonché sentir condannare E e M M "ad astenersi da qualsiasi violazione del rapporto di locazione fino alla scadenza dello stesso ed a rilasciare la parte illegittimamente occupata".
Nella resistenza dei convenuti, il giudice accertava la validità del contratto di locazione de quo, e la violazione del diritto di prelazione contrattualmente attribuito alla società attrice, con rigetto tuttavia delle domande di risarcimento dei danni e di tutela del rapporto di locazione, quest'ultima in particolare ritenuta, "in mancanza della prova sulla data certa della stipulazione del contratto", invero "non opponibile all'acquirente della p.f. 328/4". In parziale accoglimento del gravame interposto dalla società Marobau OHG s.n.c., con sentenza del 26/4/2004 la Corte d'Appello di Trento - sez. - Bolzano -, nel ribadire la validità della locazione de qua, e previo accertamento incidenter tantum della nullità del contratto di compravendita in questione, confermava il rigetto della domanda di risarcimento dei danni, fondandolo invero non già sull'inidoneità dell'utilizzazione abusiva del fondo per scopi produttivi a determinare un danno risarcibile ritenuta dal giudice di prime cure bensì sulla inconfigurabilità di una lesione del patto di prelazione ad opera di una alienazione nulla.
Per l'effetto condannava E e M M ad astenersi da qualsiasi violazione del rapporto di locazione fino alla scadenza dello stesso, nonché a rilasciare in favore dell'appellante la parte illegittimamente occupata degli immobili de quibus. Avverso la suindicata sentenza della corte di merito i sigg.ri E e M M propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.
Resistono con controricorso i figli ed eredi della Lg P F - sigg.ri T A, M, S, P A -, i quali hanno presentato anche memoria;
nonché la società Marobau OHG di M R s.n.c., che propone altresì ricorso incidentale condizionato, sulla base di unico motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1^ motivo i ricorrenti principali denunziano violazione e falsa applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 18, e della L.P. Bolzano n. 13 del 1997, art. 93, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.

3. Lamentano non essersi dalla corte di merito considerato che la nullità prevista dalle norme censurate è di tipo meramente formale, prescindendo del tutto dalla conformità o meno della destinazione del terreno compravenduto alle previsioni urbanistiche;
e che il certificato di destinazione urbanistica risulta nel caso regolarmente allegato al contratto di compravendita de quo.
Deducono che la L. n. 47 del 1985, art. 18, non esclude in genere la trasferibilità dei terreni in ordine ai quali si è verificato un illegittimo mutamento della destinazione d'uso, la sanzione di nullità degli atti tra vivi ivi presi in considerazione derivando solamente all'esito dell'emanazione dell'ordinanza sindacale di sospensione delle opere in corso, all'esito dell'accertamento della compiuta lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione.
Si dolgono che la corte di merito non abbia tenuto conto che la neutralità dell'allegazione del certificato di destinazione urbanistica, corollario della natura meramente formale della nullità prevista dalla norma in questione, ha trovato invero conferma anche da parte di Corte Cost., 26/1/2004, n. 38. E che pertanto solamente dopo il controllo del Sindaco, rectius solamente dopo la trascrizione dell'ordinanza sindacale di sospensione nei registri immobiliari - o nei libri fondiari là dove vige il sistema tavolare - "gli atti di disposizione relativi ai terreni interessati vengono sanzionati con la nullità di cui all'art. 18, comma 9".
Con il 2^ motivo i ricorrenti principali denunziano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.

5. Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto integrata nella specie una lottizzazione abusiva, in presenza dell'erezione di una mera baracca con sovrastante tettoia in realtà insussistente.
Lamentano non poter essere in ogni caso giudizialmente dichiarata "d'ufficio una nullità (peraltro esclusa e non prevista dalla legge) per sanzionare un semplice abuso urbanistico o edilizio". I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
Come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare, i motivi posti a fondamento dell'invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione stessa, con - fra l'altro - l'esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, essendo inammissibile il motivo nel quale non venga precisato in qual modo e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma indicata, con l'interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina) abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronunzia di merito.
Sebbene l'esposizione sommaria dei fatti di causa non deve necessariamente costituire una premessa a sè stante ed autonoma rispetto ai motivi d'impugnazione, è tuttavia indispensabile, per soddisfare la prescrizione di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che il ricorso, almeno nella parte destinata alla esposizione dei motivi, offra, sia pure in modo sommario, una cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che hanno originato la controversia, nonché delle vicende del processo e della posizione dei soggetti che vi hanno partecipato, in modo che tali elementi possano essere conosciuti soltanto mediante il ricorso, senza necessità di attingere ad altre fonti, ivi compresi i propri scritti difensivi del giudizio di merito, la sentenza impugnata ed il ricorso per cassazione (v. Cass., 23/7/2004, n. 13830;
Cass., 17/4/2000, n. 4937;
Cass., 22/5/1999, n. 4998). È cioè indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del "fatto", sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronunzia del giudice a quo (v. Cass., 4/6/1999, n. 5492). In particolare, allorquando con quest'ultimo viene come nella specie denunziato il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto non è invero sufficiente una doglianza meramente apodittica e non seguita da alcuna dimostrazione, la stessa non consentendo alla Corte di legittimità di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali la pronunzia impugnata è fatta oggetto di censura (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932;
Cass., 15/2/2003, n. 2312;
Cass., 21/8/1997, n. 7851). Avuto riguardo al pure denunziato vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, va per altro verso ribadito che esso si configura solamente quando dall'esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione (in particolare cfr. Cass., 25/2/2004, n. 3803). Tale vizio non consiste invero nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di merito (V. Cass., 14/3/2006, n. 5443;
Cass., 20/10/2005, n. 20322). La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., 7/3/2006, n. 4842;. Cass., 27/4/2005, n. 8718). Orbene, i suindicati principi risultano invero non osservati dagli odierni ricorrenti.
Già sotto l'assorbente profilo dell'autosufficienza va posto in particolare in rilievo che i medesimi fanno richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (il contratto di compravendita d.d. 26/1/1999;
il certificato del Sindaco del Comune di Aldino d.d. 16/6/1998), limitandosi a meramente richiamarne la produzione in atti effettuata in sede di giudizio di merito, omettendo invero di assolvere all'onere di necessariamente trascriverne nel ricorso il contenuto, a tale stregua sottraendosi all'onere di porre questa Corte nelle condizioni di apprezzarne la rilevanza e pertinenza ai fini del decidere, la relativa disamina essendo invero da condursi sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158;
Cass., 25/8/2003, n. 12444;

Cass., lo/2/1995, n. 1161).
Con il 3^ motivo i ricorrenti principali denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1343, 1344, 1345 e 1346 c.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n.

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