Cass. pen., sez. VII, ordinanza 11/01/2021, n. 00634

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 11/01/2021, n. 00634
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00634
Data del deposito : 11 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: MARCHIONNI FABIO nato a ROMA il 11/11/1962 avverso la sentenza del 18/05/2020 della CORTE APPELLO di ROMAdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere G L;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'appello di Roma ha respinto l'impugnazione proposta dall'imputato nei confronti della sentenza del 16/10/2019 del Tribunale di Roma, con la quale, in esito a giudizio abbreviato, F M era stato condannato alla pena di quattro anni di reclusione e 18.000,00 euro di multa, in relazione al reato di cui all'art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90 (ascrittogli per avere detenuto per la cessione a terzi 184 grammi di cocaina). Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione nella parte relativa alla misura della pena e al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non adeguatamente giustificato dai giudici di merito, il cui riconoscimento avrebbe consentito di adeguare la pena alla obiettiva gravità del fatto, tenendo conto della collaborazione prestata dall'imputato (che aveva immediatamente indicato il luogo in cui si trovava occultata la sostanza stupefacente), nonché la mancata esclusione della recidiva (per essere la precedente condanna riportata relativa al mancato versamento dell'assegno di mantenimento alla consorte divorziata).

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato. Attraverso la doglianza relativa alla misura della pena, peraltro stabilita considerando quale base di computo il minimo edittale di sei anni di reclusione, il ricorrente ha censurato, in realtà, una valutazione di merito compiuta dal giudice di secondo grado, che, nel sottolineare sia la gravità dei fatti (in considerazione del quantitativo di stupefacente detenuto e della disponibilità di strumenti e materiali per il confezionamento in dosi), sia la negativa personalità dell'imputato, ha dato conto in maniera sufficiente degli elementi ritenuti preponderanti tra quelli di cui all'art. 133 cod. pen. per addivenire alla determinazione della pena. La doglianza relativa al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondata, in quanto, anche a questo proposito, la Corte territoriale, con la sottolineatura della gravità del fatto e della negativa personalità dell'imputato, desunta dal suo collegamento con ambienti criminali dediti al narcotraffico, desumibile dal quantitativo di cocaina detenuto, dalle modalità della custodia (in una cassaforte all'interno della abitazione del ricorrente) e della disponibilità di strumenti e materiali idonei al confezionamento in dosi, ha dato conto degli elementi, tra quelli di cui all'art. 133 cod. pen., ritenuti di rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della personalità dell'imputato. La ratio della disposizione di cui all'art. 62 bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti;
ne deriva che queste ultime possono essere negate anche soltanto in base alla gravità del fatto o ai precedenti penali dell'imputato, perché in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di particolare gravità della condotta e di disvalore sulla personalità dell'imputato (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826;
Sez. 4, n. 23679 del 23/04/2013, Viale, Rv. 256201;
Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Dell'Anna, Rv. 227142). L'obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano state prese in considerazione tutte le prospettazioni difensive, a condizione però che in una valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza a considerazioni di maggior rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E la motivazione, fondata sulle sole ragioni preponderanti della decisione non può, purchè congrua e non contraddittoria, essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato. Essa, inoltre, può, come nel caso di specie, essere contenuta, implicitamente, nel giudizio di gravità del fatto e nella valutazione negativa della personalità dell'imputato, essendo compresa in tale giudizio l'indicazione delle ragioni ritenute preponderanti per escludere la riconoscibilità di dette attenuanti. Ne consegue la manifesta infondatezza di detta censura, stante la adeguatezza della motivazione in ordine alla esclusione della riconoscibilità di dette attenuanti e la genericità e il contenuto valutativo delle doglianze del ricorrente. La doglianza in ordine alla mancata esclusione della recidiva, oltre che anch'essa volta a sollecitare una rivalutazione sul piano del merito del giudizio di inclinazione a delinquere del ricorrente e della sua pericolosità, è manifestamente infondata, avendo la Corte d'appello, attraverso la precedente sottolineatura della gravità della condotta e del collegamento del ricorrente con ambienti criminali, giustificato sufficientemente la maggior pericolosità del ricorrente medesimo emergente dalla realizzazione dell'ultimo reato. Alla declaratoria dell'inammissibilità consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
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