Cass. civ., sez. III, ordinanza 19/06/2020, n. 11922

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, ordinanza 19/06/2020, n. 11922
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11922
Data del deposito : 19 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

ORDINANZA sul ricorso 27520/2019 proposto da: K R, elettivamente domiciliato in Roma Viale Manzoni, 81 presso lo studio dell'avvocato C A che lo rappresenta e difende -ricorrente -

contro

MINISTERO DELL'INTERNO - intimato — avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 17/06/2019-29/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20.to 28/02/2020 dal Consigliere E V.1 RILEVATO CHE: 1. - Con ricorso affidato ad unico motivo, K R, cittadino del Bangladesh, ha impugnato il decreto del Tribunale di Milano, comunicato in data 29 agosto 2019, che ne rigettava l'opposizione proposta avverso il provvedimento della Commissione territoriale, la quale, a sua volta, respingeva la domanda volta ad ottenere il riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria, nonché della protezione umanitaria. A sostegno dell'istanza il richiedente deduceva: di essere stato costretto a lasciare il suo Paese a seguito dell'ingiusta denuncia, insieme ad altre persone, di aver ucciso il figlio di A R H durante una riunione di Awami League svoltasi nelle vicinanze del suo villaggio;
di essere il segretario di un gruppo aderente al partito BNP;
di essere andato a vivere a Dacca perché i leader politici si erano recati nel suo villaggio per attaccarlo;
di manifestare, in caso di rimpatrio, il timore di povertà. 2. - Il Tribunale di Milano (per quanto in questa sede ancora rileva) osservava che non sussistevano i presupposti per la concessione della protezione umanitaria in quanto, accanto all'inattendibilità del narrato in relazione ai motivi per i quali il richiedente avrebbe lasciato il paese (individuate nell'essere stato denunciato per aver ucciso un uomo, ma manifestando, in sede di audizione, il solo timore di povertà in caso di rimpatrio) ed alle infondate ragioni di timore in caso di rientro (non sussistendo nel Bangladesh, sulla base delle fonti di informazioni, una situazione tale da poter integrare una violenza indiscriminata tale da giustificare la protezione invocata), non si riscontravano indici di vulnerabilità data dalla sproporzione (non ravvisabile) tra la vita condotta in Italia (lavapiatti con contratto di lavoro part-time a tempo determinato) e quella che il Khan conduceva nel Paese d'origine (dove lavorava come autista e dove risiedevano ancora i parenti più stretti). 3. - L'intimato Ministero dell'interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente "atto di costituzione" al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.
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