Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 10/04/2012, n. 5671
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In tema di licenziamento del dirigente, la giusta causa, che esonera il datore di lavoro dall'obbligo di concedere il preavviso o di pagare l'indennità sostitutiva, non coincide con la giustificatezza, che esonera il datore di lavoro soltanto dall'obbligo di pagare l'indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva, in quanto la giusta causa consiste in un fatto che, valutato in concreto, determina una tale lesione del rapporto fiduciario da non consentire neppure la prosecuzione temporanea del rapporto. (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha respinto il ricorso del datore di lavoro avverso la decisione di merito che l'aveva condannato al pagamento dell'indennità di mancato preavviso, ritenendo che la condotta del dirigente in malattia, assentatosi dal domicilio nelle ore di reperibilità per la visita medica di controllo al fine di sottoporsi a cure ambulatoriali programmabili in orari differenti, non poneva in dubbio la veridicità della patologia e quindi, pur giustificando il licenziamento per il maggior rigore cui è tenuto un lavoratore di posizione apicale, non impediva la prosecuzione provvisoria del rapporto).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente -
Dott. MAISANO Giulio - Consigliere -
Dott. MANNA Antonio - Consigliere -
Dott. FILABOZZI Antonio - Consigliere -
Dott. MANCINO Rossana - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9234/2010 proposto da:
M.M. AUTOMOBILI ITALIA S.P.A., già M.M. AUTOMOBILI S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore e ON IE in proprio, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SABOTINO 22, presso lo studio dell'avvocato TARDELLA Carlo, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato JUCCI GUIDO, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
IO CI;
- intimato -
Nonché da:
IO CI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E. DUSE 5/G, presso lo studio dell'avvocato LEONARDI SERGIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ITALIA SALVATORE, giusta delega in atti;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
M.M. AUTOMOBILI ITALIA S.P.A., già M.M. AUTOMOBILI S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore e ON IE in proprio, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SABOTINO 22, presso lo studio dell'avvocato TARDELLA CARLO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato JUCCI GUIDO, giusta delega in atti;
- controricorrenti al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 4241/2009 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 20/01/2010 R.G.N. 8152/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/01/2012 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;
udito l'Avvocato TARDELLA CARLO;
udito l'Avvocato LEONARDI SERGIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 20 gennaio 2010, la Corte d'Appello di Roma ha accolto parzialmente il gravame svolto da PO CI contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato le domande, separatamente proposte, nei confronti della M.M. Automobili s.p.a. e di GL NN, in proprio, per il risarcimento del danno da mobbing e demansionamento, per la declaratoria dell'illegittimità del licenziamento e la tutela reintegratoria e, in subordine, per l'indennità supplementare prevista per i dirigenti.
2. La Corte territoriale puntualizzava che:
- PO, dirigente della M.M. Automobili s.p.a. dal 10.3.1997, con mansioni di sviluppo rete incaricato di organizzare la rete dei concessionari delle automobili Mitsubishi e di selezionare gli aspiranti concessionari, lamentava la crescente ostilità del Direttore commerciale, NN, culminata con il trasferimento a Roma, nel dicembre 2001, la privazione dei compiti di responsabile sviluppo rete e l'assegnazione alle mansioni inferiori di ispettore, gerarchicamente subordinato ad un impiegato di primo livello, mentre in precedenza dipendeva direttamente dal direttore generale;
lamentava, inoltre, che la descritta situazione lavorativa gli aveva causato stress ansioso-depressivo;
- il lavoratore deduceva, pertanto, la condotta mobbizzante e l'illecito demansionamento;
l'illegittimità del licenziamento, intimatogli senza preavviso per assenza dal domicilio nelle fasce orarie di disponibilità per le visite di controllo, ed il carattere discriminatorio;
- la società deduceva che il trasferimento derivava da un accordo intercorso con il dirigente a seguito del quale questi aveva sempre continuato a dipendere dal direttore generale;
quanto al dedotto atteggiamento vessatorio del NN, deduceva la genericità del ricorso;
evidenziava il difetto di allegazione dei danni da mobbing e da demansionamento;
quanto al licenziamento, deduceva che per tre volte il dirigente si era reso irreperibile alla visita di controllo predisposta durante la malattia e tali circostanze erano state debitamente contestate;
infine che PO, in quanto dirigente, non aveva diritto alla reintegrazione;
per il primo giudice le funzioni ispettive erano state espressamente accettate;
le risultanze dell'interrogatorio libero prospettavano l'enorme mole di lavoro assegnato al PO e non la privazione delle mansioni;
quanto al licenziamento, si rientrava nell'area della libera recedibilità e la qualità di minidirigente comportava soltanto l'estensione, al lavoratore, delle garanzie in materia di esercizio del potere disciplinare;
sussisteva, infine, la giusta causa del licenziamento per l'ingiustificata assenza dal domicilio.
3. A sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva quanto segue:
- non soppresse le mansioni dirigenziali e privi di specifica censura i riscontri probatori emersi sull'affidamento delle funzioni ispettive in aggiunta a quelle di responsabile sviluppo rete;
- privi di riscontro i denunciati comportamenti datoriali vessatori;
- quanto al licenziamento, la contestazione era incentrata solo sull'assenza dal domicilio nelle ore di reperibilità e sugli accessi, con esito negativo, da parte del medico incaricato dall'azienda, e non erano emerse urgenza e indifferibilità del ricorso del lavoratore al medico, ne' l'impossibilità di recarsi presso l'ambulatorio in orario diverso, ne gli allegati trattamenti (per sindrome ansioso-depressiva)