Cass. pen., sez. VI, sentenza 16/04/2018, n. 16844
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la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1. G A, nato a Saponara il 28/04/1962 2. D V A, nato a Cassano Jonico il 10/09/1972 avverso la sentenza in data 09/03/2017 della Corte d'appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;udita la relazione svolta dal consigliere A C;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale A P, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;uditi, per i ricorrenti, gli avvocati G C e C G, rispettivamente difensori di fiducia di A G e A D V, che hanno chiesto l'accoglimento dei ricorsi. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa in data 9 marzo 2017, la Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Nocera Inferiore, ha, per quanto di interesse in questa sede, confermato la dichiarazione di penale responsabilità di A D V per il reato di falso ideologico in atto pubblico fidefaciente (capo O), e di A G per i reati di peculato (capo G) e di falso ideologico in atto pubblico fidefaciente (capo I), rideterminando per entrambi la pena. Ha inoltre dichiarato non doversi procedere nei confronti di A D V in ordine al delitto di ritenzione di munizioni (capo P) per estinzione del reato per prescrizione. La sentenza impugnata ha ritenuto che A D V, quale militare in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Castel San Giorgio, abbia attestato falsamente con annotazione di servizio datata 6 settembre 2008 e trasmessa alla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore, di aver rinvenuto in luogo pubblico, in località Trivio di Castel San Giorgio, in data 5 settembre 2008, un contenitore in plastica contenente n. 50 cartucce cal. 9 parabellum in realtà nella sua personale disponibilità. Ha rideterminato la pena, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante di cui al secondo comma dell'art. 479 cod. pen., in otto mesi di reclusione. La medesima sentenza, inoltre, ha ritenuto che Antonino G, anch'egli quale militare in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di Castel San Giorgio, si sia appropriato di armi, parti di armi, munizioni, e di sostanza stupefacente di tipo hashish (un panetto di circa 250 grammi), avendone il possesso per ragioni di servizio, ed abbia attestato falsamente con annotazione di servizio datata 6 settembre 2008 e trasmessa alla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore, di aver rinvenuto in luogo pubblico, in località Codola di Castel San Giorgio, nella serata del 4 settembre 2008, gli oggetti indicati. Ha rideterminato la pena, ritenuta la continuazione tra i reati, e previa concessione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, in due anni e due mesi di reclusione. 2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe l'avvocato C G, nell'interesse di A D V, e l'avvocato G C, nell'interesse di A G. 3. Il ricorso presentato nell'interesse di A D V è articolato in un unico motivo con cui denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 125, 192, 530, comma 2, cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., avendo riguardo alla configurabilità dei reati di falso ideologico in atto pubblico fidefaciente (capo O), A, per il quale è stata pronunciata condanna, e di ritenzione di munizioni (capo P), dichiarato estinto per prescrizione. Si deduce che la motivazione della sentenza impugnata è meramente apparente e incorre nel travisamento della prova anche per omissione. Si rappresenta, innanzitutto, che la Corte d'appello, pur provvedendo a riesaminare i testi P e C, entrambi capitani dei Carabinieri i quali avevano provveduto alle attività ispettive dalle quali era emersa la disponibilità delle munizioni da parte di A D V, non ha poi dato conto del contenuto delle due deposizioni in motivazione. Si osserva, inoltre, che il teste C, in occasione del nuovo esame davanti alla Corte d'appello, ha affermato che l'imputato, dopo il ritrovamento delle munizioni nella sua disponibilità, gli aveva detto subito che le stesse erano state rinvenute «poco prima» davanti ad una abitazione, e che egli gli aveva risposto di «stare tranquillo, perché ci vogliono 48 ore per cristallizzare il momento»;si aggiunge che il teste P, nella medesima sede, ha dichiarato che D V aveva immediatamente fornito la giustificazione indicata dal teste C. Si rileva, pertanto, che vi è un vuoto di motivazione sul punto, nonché un travisamento della prova per omissione. Si denuncia, in secondo luogo, che questo rilievo assume ancora maggior significato in quanto i presupposti per l'affermazione della penale responsabilità di A D V sono stati individuati dalla Corte d'appello nella natura delle cartucce, siccome cartucce in dotazione dei Carabinieri, e nell'assenza di spiegazioni dell'imputato in ordine alla sua disponibilità relativamente alle stesse. Si precisa, a tale fine, che gli accertamenti tecnici eseguiti dai carabinieri hanno evidenziato che le cartucce in questione sono anche, quindi non solo, in dotazione all'Arma dei Carabinieri e che è impossibile stabilire quali fossero i lotti di munizionamento e a chi fossero stati distribuiti. 4. Il ricorso presentato nell'interesse di A G è articolato in cinque motivi. 4.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 244, 247, 250, 252, 177, 191, 352 e 356 cod. proc. pen., nonché 114 disp. att. cod. proc. pen., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., avendo riguardo alla utilizzabilità degli esiti degli accertamenti dei capitani dei Carabinieri P e C. Si premette che i capitani dei Carabinieri P e C operarono una ispezione all'interno della caserma della stazione di Castel San Giorgio in data 5 settembre 2008, sulla base di un esposto anonimo pervenuto al Comando Provinciale dei Carabinieri di Salerno in data 23 agosto 2008, quindi al di fuori dell'attività ordinaria, come ammesso espressamente da P nell'esame reso davanti alla Corte d'appello. Si deduce, perciò, che l'attività compiuta dai capitani dei Carabinieri P e C è riconducibile negli schemi di una perquisizione o di una ispezione, per effettuare la quale era comunque necessario un provvedimento dell'autorità giudiziaria, stante anche il tempo trascorso dalla ricezione dell'anonimo, per di più da consegnare a G, in quel momento in congedo e lontano dalla caserma, quale indagato e soggetto avente la disponibilità dei luoghi, siccome maresciallo comandante della stazione dei Carabinieri di Castel San Giorgio. Si aggiunge che non può richiamarsi la previsione di cui all'art. 41 del T.U.L.P.S., perché l'attività ispettiva, ma in realtà di perquisizione e ispezione, non fu effettuata nell'immediatezza della ricezione dell'esposto anonimo. 4.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 63, 177 e 191 cod. proc. pen., a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., avendo riguardo alla utilizzabilità delle dichiarazioni rilasciate dall'imputato G all'atto della perquisizione. Si deduce che illegittimamente furono richieste a G dichiarazioni relative alla presenza in caserma delle armi, parti di armi, munizioni e sostanze stupefacenti, e che tali dichiarazioni, pur se ritenute inutilizzabili dalla sentenza impugnata, sono state costantemente richiamate nelle deposizioni testimoniali dei capitani dei Carabinieri P e C. 4.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art. 314 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., avendo riguardo alla configurabilità del delitto di peculato. Si deduce che le cose di cui si contesta l'appropriazione non risultano mai consegnate alla P.A., mancando qualunque verbale o catalogazione in proposito, e comunque erano rimaste in caserma e mai trasferite in un luogo nella privata disponibilità dell'imputato. 4.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all'art 479, secondo comma, cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., avendo riguardo alla configurabilità del delitto di falso ideologico in atto pubblico fidefaciente. Si deduce che la motivazione della sentenza impugnata è lacunosa e non tiene conto del potere del maresciallo G di fare denuncia del ritrovamento degli oggetti entro quarantotto ore di tempo e della sua posizione, in quel momento, di congedo. Si aggiunge che il ricorrente non aveva alcun interesse a trattenere presso di sé armi vecchie o arrugginite o inutilizzabili o qualche "spinello".
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