Cass. civ., sez. I, sentenza 24/05/2019, n. 14325

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 24/05/2019, n. 14325
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14325
Data del deposito : 24 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

E di ROMA, depositato il 20/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/02/2019 dal cons. AMATORE ROBERTO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale S A M che ha concluso per il rigetto;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato L M che si riporta.

FATTI DI CAUSA

1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Roma - decidendo sull'opposizione allo stato passivo avanzata dalla società Banca Unipol s.p.a. avverso il decreto di ammissione del creditore istante in chirografo (senza il riconoscimento della richiesta garanzia pignoratizia sul credito per un complessivo importo di circa 12 milioni di euro) - ha accolto solo parzialmente la predetta opposizione, ammettendo in via privilegiata l'opponente limitatamente alla somma di euro 500.000, derivante dal riconoscimento del pegno sul certificato nominativo n. D1N000101 rappresentativo della quota di partecipazione al fondo comune di investimento Diaphora 1, quota intestata alla società fallita. La parte opponente ha insistito sulla valida costituzione della garanzia pignoratizia sia da un punto di vista formale (essendo stata la stessa rilasciata dal presidente del consiglio di amministrazione della società fallita, conformemente alle previsioni dello statuto sociale) che da quello sostanziale (in quanto concessa a garanzia del finanziamento fornito da un pool di banche, tra cui anche la stessa società opponente, in esecuzione di un piano di risanamento dell'esposizione debitoria, la cui fattibilità e veridicità, in relazione ai dati aziendali, era stata asseverata da una relazione redatta da un professionista 2 ,,u indipendente, ai sensi e per gli effetti dell'art. 67, comma 3, lett. d, I. fall.). L'opponibilità della predetta garanzia al fallimento era stata argomentata dall'opponente, producendo in giudizio gli atti notarili con cui erano stati costituiti i pegni sulle quattordici quote del fondo citato, per come identificati dai relativi certificati nominativi. Il tribunale ha ritenuto infondata la doglianza preliminare sollevata in punto di omessa motivazione del decreto emesso dal g.d. in quanto il provvedimento era comunque argomentato per relationem alla proposta del curatore avanzata in sede di progetto di stato passivo e ha evidenziato che, sebbene le conclusioni del curatore fossero state formulate in termini dubitativi, le stesse dovevano ritenersi in realtà esaustive nell'indicazione delle ragioni giuridiche sottese al diniego del riconoscimento dell'invocata prelazione ;
ha, altresì, ritenuto, nel merito, provata solo parzialmente la costituzione della garanzia pignoratizia tramite l'annotazione del vincolo sul solo certificato nominativo n. D1N000101, rappresentativo della quota di partecipazione al fondo di investimento comune. Più in particolare, il giudice dell'opposizione ha ritenuto che i certificati rappresentativi delle quote di partecipazione ai predetti fondi dovevano essere considerati come titoli nominativi di credito, per i quali la costituzione del vincolo pignoratizio doveva, dunque, obbedire alle regole dettate dall'art. 2024 cod. civ. ai fini dell'opponibilità ai terzi del vincolo stesso.

2. Il decreto, pubblicato il 20.11.2013, è stato impugnato dalla società Banca Unipol s.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. La curatela fallimentare intimata non ha svolto difese. La parte ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo la parte ricorrente - lamentando, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione dell'art. 96 legge fall. - si duole dell'erroneità della motivazione resa dal giudice dell'opposizione nella parte in cui aveva ritenuto sufficienti le argomentazioni espresse dal g.d. nel decreto di esecutività dello stato passivo in punto di diniego della reclamata causa di prelazione. Osserva la parte ricorrente che, in realtà, la motivazione era stata espressa in termini dubitativi e dunque in modo giuridicamente insufficiente per giustificare la ritenuta non opponibilità della costituzione del pegno.

2. Con un secondo motivo si articola, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell'art. 101, secondo comma, c.p.c.. Osserva la ricorrente che la questione relativa alla natura giuridica di titoli di credito dei certificati nominativi delle quote di partecipazione ad un fondo comune di investimento era stata sollevata d'ufficio per la prima volta dal giudice dell'opposizione, senza che fosse stata previamente sottoposta al contraddittorio delle parti con violazione dunque dell'indice normativo sopra ricordato, che impone al giudice la concessione invece di un termine processuale per il deposito di memorie contenenti eventuali osservazioni in ordine alla questione sollevata officiosamente dal giudice.

3. Con il terzo motivo si articola, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., vizio di difetto di motivazione e falsa applicazione degli artt. 1997 e 2024 cod. civ.. Si contesta l'interpretazione fornita dal tribunale in punto di qualificazione giuridica dei predetti certificati nominativi (rappresentativi della quota di partecipazione al fondo comune di investimento) come titoli di credito, con la conseguente affermata applicabilità del disposto normativo di cui agli artt. 1997 e 2024 cod. civ. per l'opponibilità del vincolo pignoratizio ai terzi. Evidenzia la difesa che i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità richiamata nel provvedimento impugnato non erano spendibili nella fattispecie oggi in esame, in quanto gli stessi erano stati formulati in relazione ai certificati cumulativi delle quote di partecipazione al fondo. Osserva ancora la parte ricorrente che non poteva considerarsi decisiva, ai fini della qualificabilità dei predetti certificati come titoli di credito, la circostanza che fosse stata apposta la clausola "al portatore" ovvero "all'ordine", giacché l'elemento invece dirimente, ai fini della detta qualificazione giuridica, era il profilo della destinazione alla circolazione dei titoli rappresentativi del credito. Sostiene, dunque, la parte ricorrente la natura giuridica di semplici titoli di legittimazione del credito da riconoscersi ai certificati in esame, e ciò in ragione di una circolazione "limitata" degli stessi, come tale assimilabile a quella dei rapporti contrattuali.
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