Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 22/06/2021, n. 17796
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Testo completo
la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 28476/2014 R.G. proposto da ROCCO IRLANDO rappresentato e difeso dall'avv. S D e dall'avv. G B C, con domicilio eletto in Roma, via Ennio Quirino Visconti, n. 99, presso lo studio di quest'ultimo;
- ricorrente -
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
c3)5 - contro ricorrente- Avverso la sentenza n. 869/08/14 della Commissione tributaria regionale per la ean-rp-anta, depositata il 14/04/2014 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/02/2021 dalla dott.ssa V P;
Rilevato che:
1. R I, titolare di impresa individuale e di una quota pari al 70% del capitale sociale della Ircon Metalli s.r.I., costituita nel 1986, acquistò, in data 16/11/2007, dalla moglie, M C, e dal figlio, G N I, le quote della medesima società detenute da questi ultimi nella misura rispettivamente del 20% e del 10%, al prezzo convenuto di euro 522.495,00 e indicato nell'atto come interamente pagato prima della sua stipula, cui seguì, in data 20/12/2007, la stipula, da parte dello stesso, di un patto di famiglia ai sensi dell'art. 768 cod. civ., col quale attribuì alla moglie e ai due figli la nuda proprietà dell'intero suo patrimonio personale, comprensivo delle quote societarie, riservandosi il diritto di usufrutto vita natura! durante. In data 15/12/2010, l'Agenzia delle Entrate notificò al predetto due avvisi di accertamento, relativi agli anni di imposta 2005 e 2006, con i quali rideterminò i redditi ai sensi dell'art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, avendo tenuto conto dell'incongruità dei redditi dichiarati rispetto all'esborso netto sostenuto per la compravendita delle predette azioni, della stipula, in data 29/12/2009, di un mutuo e del possesso di tre unità immobiliari, una delle quali concessa in locazione. Impugnati i predetti atti con due distinti ricorsi, la C.T.P. di Bari, previa loro riunione, rigettò la domanda con sentenza n. 110/11/12 del 2/07/2012, che fu confermata dalla C.T.R. della Puglia, adita dal medesimo contribuente, con la sentenza oggi impugnata.
2. Avverso questa sentenza, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. L'Agenzia delle Entrate si è difesa con controricorso.
Considerato che:
1. Con il primo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1415, 2700, 2697 cod. civ., 116 cod. proc. civ., 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto effettuato il pagamento del prezzo indicato nell'atto di cessione delle quote societarie del 16/11/2007 sulla sola base dell'attestazione, da parte del notaio, delle dichiarazioni rese in tal senso dalle parti contraenti, senza considerare che la simulazione dell'atto oneroso era dimostrata dal collegamento negoziale esistente tra detta cessione e la stipulazione del patto di famiglia, avvenuta poco dopo, con il quale la nuda proprietà dell'intera azienda era stata trasferita al figlio cedente delle quote, che il pagamento da parte sua delle quote sarebbe stata anomala, se vista in combinazione con il successivo atto, che l'efficacia fidefacente delle attestazioni del notaio era limitata ai soli fatti avvenuti in sua presenza, ma non si estendeva alla veridicità del contenuto delle dichiarazioni delle parti, specie quando, come nella specie, esse avevano dato atto che il prezzo era stato pagato prima della stipula dell'atto e dunque non alla presenza del pubblico ufficiale, e che nessun altra prova avrebbe dovuto fornire in quanto, in presenza di atto a titolo oneroso simulato dimostrato con ragionamento presuntivo, non vi era stata alcuna movimentazione finanziaria da giustificare.
2. Col secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2728, 2729 cod. civ., 116 cod. proc. civ., 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. applicato in modo errato un ragionamento presuntivo, in quanto aveva tratto dal fatto noto, costituito dall'attestazione notarile, il fatto ignoto dell'avvenuto pagamento del prezzo, pur non essendo questo consequenziale al primo, posto che il notaio non aveva dichiarato che il pagamento fosse avvenuto in sua presenza, ma che le parti avessero attestato di averlo ricevuto, e che il mancato pagamento del prezzo poteva essere tratto dal rapporto di parentela intercorrente tra le parti di quell'atto, dall'avvenuto trasferimento, qualche tempo dopo, dell'intero patrimonio ai membri della famiglia (moglie e figli), che proprio il figlio che avrebbe dovuto ricevere il pagamento di parte del prezzo aveva acquisito la nuda proprietà dell'intera azienda, che lo stesso atto pubblico di vendita delle quote non recava alcuna precisazione sulle modalità con cui il prezzo era stato corrisposto e che, davanti ad un importo così elevato, non era stata effettuata alcuna verifica sulle movimentazioni bancarie.
3. Col terzo motivo, si lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. affermato che il contribuente non aveva fornito alcuna prova dei maggiori redditi, ritenuta limitata all'asserzione del mancato pagamento contestuale del prezzo all'atto della stipula della cessione, ma avesse riproposto pedissequamente le stesse argomentazioni avanzate in primo grado, senza considerare il fatto decisivo dell'esistenza del patto di famiglia (che aveva visto beneficiario anche il figlio che aveva ceduto poco prima le sue quote) e della sua rilevanza ai fini della prova del
- ricorrente -
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
c3)5 - contro ricorrente- Avverso la sentenza n. 869/08/14 della Commissione tributaria regionale per la ean-rp-anta, depositata il 14/04/2014 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/02/2021 dalla dott.ssa V P;
Rilevato che:
1. R I, titolare di impresa individuale e di una quota pari al 70% del capitale sociale della Ircon Metalli s.r.I., costituita nel 1986, acquistò, in data 16/11/2007, dalla moglie, M C, e dal figlio, G N I, le quote della medesima società detenute da questi ultimi nella misura rispettivamente del 20% e del 10%, al prezzo convenuto di euro 522.495,00 e indicato nell'atto come interamente pagato prima della sua stipula, cui seguì, in data 20/12/2007, la stipula, da parte dello stesso, di un patto di famiglia ai sensi dell'art. 768 cod. civ., col quale attribuì alla moglie e ai due figli la nuda proprietà dell'intero suo patrimonio personale, comprensivo delle quote societarie, riservandosi il diritto di usufrutto vita natura! durante. In data 15/12/2010, l'Agenzia delle Entrate notificò al predetto due avvisi di accertamento, relativi agli anni di imposta 2005 e 2006, con i quali rideterminò i redditi ai sensi dell'art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, avendo tenuto conto dell'incongruità dei redditi dichiarati rispetto all'esborso netto sostenuto per la compravendita delle predette azioni, della stipula, in data 29/12/2009, di un mutuo e del possesso di tre unità immobiliari, una delle quali concessa in locazione. Impugnati i predetti atti con due distinti ricorsi, la C.T.P. di Bari, previa loro riunione, rigettò la domanda con sentenza n. 110/11/12 del 2/07/2012, che fu confermata dalla C.T.R. della Puglia, adita dal medesimo contribuente, con la sentenza oggi impugnata.
2. Avverso questa sentenza, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. L'Agenzia delle Entrate si è difesa con controricorso.
Considerato che:
1. Con il primo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1415, 2700, 2697 cod. civ., 116 cod. proc. civ., 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto effettuato il pagamento del prezzo indicato nell'atto di cessione delle quote societarie del 16/11/2007 sulla sola base dell'attestazione, da parte del notaio, delle dichiarazioni rese in tal senso dalle parti contraenti, senza considerare che la simulazione dell'atto oneroso era dimostrata dal collegamento negoziale esistente tra detta cessione e la stipulazione del patto di famiglia, avvenuta poco dopo, con il quale la nuda proprietà dell'intera azienda era stata trasferita al figlio cedente delle quote, che il pagamento da parte sua delle quote sarebbe stata anomala, se vista in combinazione con il successivo atto, che l'efficacia fidefacente delle attestazioni del notaio era limitata ai soli fatti avvenuti in sua presenza, ma non si estendeva alla veridicità del contenuto delle dichiarazioni delle parti, specie quando, come nella specie, esse avevano dato atto che il prezzo era stato pagato prima della stipula dell'atto e dunque non alla presenza del pubblico ufficiale, e che nessun altra prova avrebbe dovuto fornire in quanto, in presenza di atto a titolo oneroso simulato dimostrato con ragionamento presuntivo, non vi era stata alcuna movimentazione finanziaria da giustificare.
2. Col secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2728, 2729 cod. civ., 116 cod. proc. civ., 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. applicato in modo errato un ragionamento presuntivo, in quanto aveva tratto dal fatto noto, costituito dall'attestazione notarile, il fatto ignoto dell'avvenuto pagamento del prezzo, pur non essendo questo consequenziale al primo, posto che il notaio non aveva dichiarato che il pagamento fosse avvenuto in sua presenza, ma che le parti avessero attestato di averlo ricevuto, e che il mancato pagamento del prezzo poteva essere tratto dal rapporto di parentela intercorrente tra le parti di quell'atto, dall'avvenuto trasferimento, qualche tempo dopo, dell'intero patrimonio ai membri della famiglia (moglie e figli), che proprio il figlio che avrebbe dovuto ricevere il pagamento di parte del prezzo aveva acquisito la nuda proprietà dell'intera azienda, che lo stesso atto pubblico di vendita delle quote non recava alcuna precisazione sulle modalità con cui il prezzo era stato corrisposto e che, davanti ad un importo così elevato, non era stata effettuata alcuna verifica sulle movimentazioni bancarie.
3. Col terzo motivo, si lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere la C.T.R. affermato che il contribuente non aveva fornito alcuna prova dei maggiori redditi, ritenuta limitata all'asserzione del mancato pagamento contestuale del prezzo all'atto della stipula della cessione, ma avesse riproposto pedissequamente le stesse argomentazioni avanzate in primo grado, senza considerare il fatto decisivo dell'esistenza del patto di famiglia (che aveva visto beneficiario anche il figlio che aveva ceduto poco prima le sue quote) e della sua rilevanza ai fini della prova del
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