Cass. civ., sez. V trib., sentenza 17/09/2014, n. 17598
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Testo completo
Ritenuto in fatto
1.- Con sentenza n. 48/09/07, depositata il 20 novembre e non notificata, la Commissione tributaria regionale del Veneto (hinc: "CTR") rigettava gli appelli proposti dalla s.r.l. S. e dalla socia al 10% di questa, B.M., nei confronti dall'ufficio di Padova (---) dell'Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 137/07/05 della Commissione tributaria provinciale di Padova (hinc: "CTP"), compensando tra le parti le spese del giudizio.
Il giudice di appello premetteva, in punto di fatto, che: a) in base ad una verifica effettuata dalla Guardia di finanza di Cittadella, l'Agenzia delle entrate aveva rettificato le dichiarazioni del reddito d'impresa, dell'IVA e dell'IRAP della predetta s.r.l. S. relative agli anni 1998 (avviso di accertamento n. (---)) e 1999 (avviso di accertamento n. (---));
b) la rettifica muoveva dall'assunto che il riparto degli accrescimenti di bovini tra la menzionata s.r.l. soccidante (75,5%) ed il soccidario P. G. (24,5%) "mascherava" una vendita non fatturata della soccidante al soccidario di 335 capi (consegna di 500 capi in luogo di 165), con ricavi non contabilizzati pari lire 666.268.770 nel 1998 (corrispondente al prezzo medio per bovino di lire 1.988.862 moltiplicato per 335 capi) e di 60 capi con ricavi non contabilizzati pari a lire 109.636.170 nel 1999;
c) in particolare, il reddito sociale dell'impresa era stato rettificato dalle dichiarate lire 21.967.000 a lire 688.236.000 nel 1998 e dalla dichiarata perdita di lire 155.265.00 a quella di lire 45.269.000 nel 1999;
d) in conseguenza del maggior reddito d'impresa accertato nei confronti della società, l'Agenzia delle entrate aveva emesso avvisi di accertamento nei confronti della socia B.M., in relazione alla sua quota di partecipazione sociale (avviso n. (---) per il 1998 e n. (---) per il 1999);
e) la società e la B. avevano impugnato gli avvisi di accertamento davanti alla competente CTP;
f) secondo la società, non c'era stata alcuna dissimulata vendita di 335 capi, sia perchè ciò era stato escluso dagli accertamenti svolti in sede penale (il perito aveva ritenuto il contratto conforme alle norme vigenti ed il processo si era concluso con assoluzione degli imputati per non aver commesso il fatto), sia perchè il prezzo medio per bovino di lire 1.988.862, indicato dall'Agenzia, era arbitrario, sia perchè l'eventuale consegna di soli 165 capi non avrebbe coperto neppure le spese di allevamento, sia perchè l'indicazione nel registro di carico e scarico come "riparto frutti" si riferiva ad acconti del riparto, sia perchè, infine, il compenso del soccidario era costituito dalla differenza (kg. 306.000) tra peso di carico (kg. 632.400) e di scarico (kg. 938.000) di tutti i bovini, pari ad un importo netto (dedotto, cioè, l'importo di lire 157.743.750 corrispondente alle spese per mangimi anticipate dalla soccidante) di lire 913.256.250 (= costo di allevamento concordato di lire 3.500/kg,, moltiplicato per kg. 306.000 - lire 157.743.750), corrispondente ai 500 capi consegnati al soccidario (cioè il 24,5% dei capi conferiti), tenuto conto che il peso medio di ciascuno dei 2.040 capi conferiti era di kg. 330 circa e tenuto altresì conto che tra le parti era stata pattuita la possibilità di corrispondere il dovuto anche mediante consegna di animali;
g) la società chiedeva, inoltre, la riunione dei ricorsi e sosteneva la non debenza delle sanzioni;
h) secondo la socia B., gli avvisi impugnati erano privi di motivazione, non provati, comportavano una doppia imposizione ed infliggevano sanzioni non dovute e comunque non ridotte per la continuazione;
i) l'Agenzia delle entrate resisteva sottolineando, tra l'altro, che: i.1.) il trasferimento dei bovini non costituiva ripartizione dell'accrescimento, in quanto il riparto (in base alle norme civilistiche) andava applicato non sulla totalità, ma sull'accrescimento dei bovini;
i.2.) gli avvisi erano motivati, riguardavano una s.r.l. di soli due soci ed alle sanzioni era stata applicata la continuazione;
l) avverso la sentenza della CTP, che, riuniti i ricorsi, li aveva rigettati, avevano interposto appello entrambe le contribuenti, le quali avevano dedotto, in particolare, che nel 1998 i bovini consegnati al soccidario erano diversi da quelli allevati e che nel 1999 la verifica si era conclusa il 22 novembre, prima della fine del periodo soccidario e del riparto;
m) l'Agenzia delle entrate, nel sottolineare che la s.r.l. aveva una ristretta base "azionaria" e che le sanzioni erano state applicate al minimo, aveva ribadito che i suddetti 335 capi (su 500 consegnati nel 1998 al soccidario, P.G., socio al 90% della soccidante) non risultavano diversi da quelli allevati ed eccedevano il dovuto, mentre non era stato dimostrato che i 60 capi consegnati nel 1999 al soccidario costituissero acconti sugli accrescimenti.
In punto di diritto, la CTR, nel rigettare gli appelli, osservava che: a) i prospetti di riparto indicati dalla s.r.l. erano artificiosi, riguardavano bovini non oggetto del contratto di soccida ed erano basati su prezzi arbitrariamente determinati, senza che fosse chiarito se si facesse riferimento al peso vivo od al peso morto;
b) appariva, invece, più logico, semplice e condivisibile i ragionamento dell'Agenzia;
c) l'applicazione al minimo delle sanzioni implicava una implicita e sintetica motivazione;
d) le valutazioni espresse in altri procedimenti non intaccavano la bontà di quelle espresse nel processo tributario;
e) la ristretta base societaria della s.r.l. S. faceva presumere che gli utili non dichiarati erano stati di fatto ripartiti tra i soci.
2.- Avverso la sentenza di appello, la s.r.l. S. e la socia B. M. propongono ricorso per cassazione, notificato a mezzo posta il 30 dicembre 2008 - 5 gennaio 2009 ed affidato a complessivi sei motivi.
3.- L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso, notificato a mezzo posta il 10-11 febbraio 2009.
Considerato in diritto
1.- Va premesso che il frontespizio della sentenza impugnata reca alcuni refusi (sono menzionati appelli proposti da S. G., C.A., T.G., B.C. e sono riportati solo due avvisi di accertamento recanti lo stesso numero identificativo) dei quali non deve tenersi conto. La natura di meri refusi emerge, infatti, dallo stesso contenuto della sentenza, in cui (tanto nello "Svolgimento del processo" quanto nei "Motivi della decisione") vengono correttamente identificati tutti gli avvisi di accertamento in questione ( (---)) e non vengono mai indicati contribuenti diversi dalla s.r.l. S. e dalla socia B.M. nè appelli diversi da quelli proposti da dette parti.
2.- Con il primo motivo di ricorso, le ricorrenti denunciano l'insufficiente motivazione della sentenza impugnata, in relazione