Cass. civ., sez. V trib., sentenza 05/03/2020, n. 6241
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Testo completo
La controversia ha per oggetto l'impugnazione, da parte di A.T.A., dell'avviso di accertamento, emesso al termine di una verifica della Guardia di Finanza, con il quale l'ufficio recuperava a tassazione IRPEG, IRAP, per il periodo d'imposta 01/07/2000 - 30/06/2001 -, costi indeducibili e ricavi non contabilizzati.
La Commissione tributaria provinciale di Chieti accolse in parte il ricorso con sentenza confermata dalla Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo, che rigettò sia l'appello principale proposto da A.T.A. che l'appello incidentale dell'ufficio;
questa Corte di legittimità, con ordinanza n. 20964/2010, in accoglimento del ricorso principale dell'Agenzia e disatteso il ricorso incidentale della contribuente, annullò con rinvio la sentenza della C.T.R. perchè viziata da insufficiente motivazione.
La contribuente ha riassunto la causa innanzi alla Commissione abruzzese ed ha chiesto il rigetto dell'appello dell'ufficio e la conferma della sentenza di primo grado, mentre l'Agenzia ha insistito nell'appello incidentale a suo tempo proposto contro la decisione della Commissione provinciale;
la C.T.R., con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto in parte il gravame dell'Agenzia, rilevando, per quanto ancora interessa, che: (a) in punto di omessa contabilizzazione di ricavi e conseguente loro ripresa a tassazione, per lire 1.394.498.400, secondo la prospettazione dell'ufficio, A.T.A. non si era limitata a svolgere il ruolo di intermediario in alcuni contratti di cessione delle "quote di produzione del tabacco" e che, invece, la stessa Associazione aveva acquistato, in prima persona, dette "quote", al fine di rivenderle, donde la ripresa fiscale del corrispettivo, non dichiarato, delle medesime cessioni;
(b) la Commissione provinciale aveva annullato la ripresa perchè l'ufficio non aveva fornito una prova idonea a vincere l'argomento difensivo della contribuente di avere svolto soltanto attività d'intermediazione, in coerenza con i propri compiti istituzionali;
(c) l'effettività dell'acquisto delle "quote di produzione del tabacco" era attestata dai numerosi assegni emessi da A.T.A. nei confronti dei produttori cedenti, ed in assenza di indicazione, da parte della contribuente, delle ragioni per le quali i titoli erano stati emessi;
(d) era altresì legittimo il recupero di spese per canoni di locazione e per consumi Enel (Lire 2.767.580), quale costo asseritamente sostenuto per la locazione di immobili mai dichiarati, in difetto di prova, da parte di A.T.A., dell'effettiva disponibilità dei locali, a causa dell'omessa produzione in giudizio del relativo contratto di locazione;
(e) doveva essere confermata anche la ripresa attinente alle spese per servizi di assistenza software (Lire 16.000.000 più IVA), in quanto integralmente dedotte in violazione dell'art. 67 T.U.I.R., comma 7, trattandosi di un rilievo soltanto genericamente contestato dall'Associazione;
(f) del pari, era giustificato il recupero dei rimborsi di spese per viaggi e trasferte (lire 94.505.207), quali spese a piè di lista, ritenute prive del requisito dell'inerenza, trattandosi di trasferte non autorizzate, in merito alle quali l'Associazione non aveva indicato nè il motivo nè la destinazione;
(g) quanto alle spese per oneri diversi di gestione (Lire 167.026.576), si trattava di 17 fatture d'acquisto di beni e servizi estranei all'attività d'impresa, non avendo A.T.A. dato prova della loro inerenza.
L'Associazione propone ricorso per la cassazione di questa sentenza, declinando quattordici motivi;
l'Agenzia resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso (1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 33 del regolamento della Commissione CEE del 22 dicembre 1998, n. 2848/1998 e degli artt. 1731, 1754 e 2967 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)), la ricorrente assume che, quale ente deputato alla salvaguardia della produzione del tabacco in Abruzzo, svolgeva attività istituzionale di intermediazione, ai sensi dell'art. 1754, c.c., mettendo in contatto gli associati interessati alla vendita o all'acquisto delle "quote di produzione del tabacco", sulla base di un certo prezzo;
l'art. 33 del Regolamento (CE) n. 2848/1998 della Commissione del 22 dicembre 1998 (modalità d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2075/92), nel riconoscere la possibilità di cedere le "quote di produzione" richiede il rispetto di alcune condizioni, ossia che l'accordo risulti per iscritto e che sia presentato per la registrazione all'A.I.M.A. A tale fine, come attestato dalla G.d.F., è utilizzato un apposito modello, denominato "TC1" (un modulo con il quale si comunicano i dati del cedente e del cessionario delle "quote", e altri dati rilevanti della cessione), mentre sono invalide o inefficaci le eventuali cessioni di "quote di produzione del tabacco" concluse con mero accordo scritto o avvenute con modalità diverse da quelle previste dall'art. 33, citato.
Soggiunge che l'organo di controllo, dopo avere rilevato che la stessa A.T.A. non compariva nei modelli "TC1", aveva comunque affermato che l'Associazione era intervenuta nei contratti di cessione come commissionaria (art. 1731, c.c.), senza però rilevare che, anche in tale ipotesi, A.T.A. avrebbe dovuto figurare nei predetti moduli come acquirente in quanto il commissionario è colui che acquista o vende un bene, per conto del committente, ma in nome proprio, e non in nome e per conto del committente, come invece era erroneamente affermato nel pvc della G.d.F. La ricorrente, quindi, censura la sentenza impugnata per avere desunto che l'Associazione avrebbe acquistato e poi rivenduto le "quote di produzione del tabacco" dall'emissione degli assegni in favore dei produttori-cedenti - laddove, in realtà, quei titoli erano connessi all'attività istituzionale d'intermediazione, e riguardavano soltanto caparre-acconto, versate da A.T.A. per sè o per persona da nominare -, ed avendo omesso di accertare la sussistenza delle condizioni espressamente richieste dall'art. 33, cit., per la validità-efficacia dell'atto di cessione, non potendosi legittimamente ricondurre la fattispecie negoziale, per le ragioni appena precisate, nell'alveo del contratto di commissione.
2. Con il secondo motivo (1.1. Insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5): l'irrilevanza della mera presenza di taluni assegni emessi dall'ATA a favore dei produttori-cedenti le "quote di produzione".), la ricorrente censura il percorso argomentativo della sentenza impugnata perchè sorretto da una circostanza di fatto (l'emissione di assegni a favore dei produttori-cedenti) di per sè irrilevante e non decisiva e, ancora, per avere trascurato che, a tutto concedere, detti assegni erano idonei a dimostrare l'acquisto delle "quote", da parte dell'Associazione, ma non anche e necessariamente la loro successiva rivendita.
3. Con il terzo motivo (2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 53 e 97 Cost., della L. n. 212 del 2000, art. 10, degli artt. 75 e 127 T.U.I.R., del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 61 e 67 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)), la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere illegittimamente determinato il maggiore reddito non dichiarato in misura pari ai ricavi asseritamente non contabilizzati, senza considerare i costi (indicati nel pvc in relazione alle diverse varietà di tabacco, nonchè, secondo l'erronea prospettazione erariale, documentati dall'emissione, da parte di A.T.A., di diversi assegni a favore dei produttori-cedenti) sostenuti per i "propedeutici e necessari acquisti delle quote medesime presso i