Cass. civ., sez. III, sentenza 14/12/2006, n. 26843

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In materia di contratti agrari l'unilaterale non autorizzata trasformazione del fondo da parte dell'affittuario può concretare un inadempimento che giustifica la risoluzione del rapporto agrario ai sensi dell'art. 5 legge del 3 maggio 1982, n. 203, quando modifichi l'originario ordinamento colturale del fondo, perché la libertà di iniziativa, di organizzazione e di gestione attribuita all'affittuario dall'art. 10 legge 11 febbraio 1971, n. 11, e dall'art. 16 della stessa legge n. 203 del 1982 trova limite nell'obbligo di conservare la struttura funzionale e la destinazione economica del fondo voluta dal concedente, come è reso palese anche dall'art. 5 della legge n. 203 del 1982, che espressamente ricollega il concetto di gravità dell'inadempimento alla conservazione del fondo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la risoluzione dando rilievo alla volontà delle parti espressa nella formula contrattuale affitto di "nuda terra" e nella tacita rinnovazione del contratto alla scadenza, quando già la destinazione a foraggere e pascolo era stata impressa al terreno, oltre che alla coincidenza di tale destinazione con la normale destinazione di terreni similari nella zona).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 14/12/2006, n. 26843
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26843
Data del deposito : 14 dicembre 2006
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. F G - Presidente -
Dott. F C - Consigliere -
Dott. C D - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. B G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CURRÒ A, CURRÒ MARIA, elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR 25, presso lo studio dell'avvocato F V, difesi dagli avvocati A S, M D, con Studio in MESSINA, Via dei Mille n. 243, giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro
C B, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SARDEGNA 40, presso lo studio dell'avvocato A NICOLÒ BONTEMPO, difeso dall'avvocato P S, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 237/02 della Corte d'Appello di MESSINA, Sezione agraria, emessa il 23/05/02, depositata il 27/09/02, R.G. 377/01;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 26/09/06 dal Consigliere Dott. G B;

udito l'Avvocato S A;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. S E V, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La signora Carolina Brucato, a mezzo del suo procuratore generale Angelo Currò, adiva, con ricorso del 7 gennaio 1994, la sezione specializzata agraria del Tribunale di Patti per ottenere la risoluzione del contratto di affitto (rectius di terratico) relativo a un fondo di sua proprietà sito nel comune di Sant'Agata di Militello. Fondava la richiesta sull'inadempimento posto in essere dall'affittuario, il Signor Onofrio Biagio Naso, e consistito nel mancato pagamento dei canoni sin dal 1985 e nella cattiva conduzione del fondo che aveva determinato, fra l'altro, il mutamento della sua destinazione e il perimento di dieci piante di ulivo. La ricorrente chiedeva inoltre la condanna al rilascio e al risarcimento dei danni. Il resistente chiedeva termine per sanare la morosità e contestava le altre inadempienze. Agiva in via subordinata per la condanna della proprietaria al pagamento di un indennizzo per le migliorie apportate al fondo.
Nel corso del giudizio si costituiva il Sig. B C, erede del conduttore, che chiedeva accertarsi il suo diritto alla continuazione del rapporto in suo nome. Si costituivano altresì gli eredi della ricorrente, i signori Antonino, Maria, Currò Angela che facevano proprie le domande della dante causa.
Con sentenza del 23 ottobre - 22 novembre 2000 il Tribunale di Patti, sezione agraria, rigettava la domanda di risoluzione del contratto e compensava interamente le spese processuali.
Gli eredi di Carolina Brucato proponevano appello fondato su quattro motivi di gravame di cui il Cangemi chiedeva a sua volta il rigetto. Con sentenza del 23 maggio - 27 settembre 2002 la Corte di Appello di Messina, sezione agraria, rigettava l'appello e condannava gli appellanti al pagamento delle spese

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