Cass. civ., sez. I, sentenza 31/01/2012, n. 1338

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Nel contratto di rendita vitalizia, l'inerzia decennale del creditore nel pretendere la prestazione produce l'estinzione per prescrizione del diritto ad ottenerla, ai sensi dell'art. 2946 cod. civ., unicamente laddove essa concerna il diritto unitariamente inteso alla rendita stessa, mentre, allorché il diritto di cui sia omesso l'esercizio riguardi il pagamento di uno o più ratei scaduti, trova applicazione il termine breve di cinque anni, previsto dall'art. 2948, primo comma, n. 1, cod. civ.

Nel contratto con obbligazioni del solo proponente, di cui all'art. 1333 cod. civ., non rileva l'avvenuta sottoscrizione ad opera di una o di più parti, ma l'unilateralità dell'obbligazione in esso prevista, che è posta a carico di una sola parte obbligata ad adempiere, mentre l'oblato ha facoltà di adempiere. Ne consegue che, fondandosi l'impegno sull'unica dichiarazione proveniente dall'obbligato, la sottoscrizione dell'atto che lo contiene da parte del beneficiario della prestazione, su cui grava l'onere del rifiuto, non incide sullo schema tipico, né sul contenuto, valendo soltanto quale espressa accettazione dell'altrui obbligazione, pur non necessaria, dal momento che il contratto di perfeziona per il solo fatto del mancato rifiuto. (Nella specie, la C.S. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ravvisato nel negozio un contratto con obbligazioni del solo proponente, a titolo gratuito, ma non motivato da spirito di liberalità, con il quale le parti avevano inteso garantire al coniuge separato un decoroso tenore di vita ed al proponente di definire in tempi rapidi sia il giudizio ecclesiastico, sia la causa di separazione per colpa intrapresi dal coniuge oblato, controversie aventi ad oggetti entrambe diritti indisponibili, in tal modo smentendo in radice la bilateralità dell'impegno contrattuale).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 31/01/2012, n. 1338
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 1338
Data del deposito : 31 gennaio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L M G - Presidente -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. R V - Consigliere -
Dott. C M R - rel. Consigliere -
Dott. G M C - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 8330/2008 proposto da:
QUERCI LILIANA VERA (c.f. QRCLLN45H55F205Y) vedova INNOCENTI, INNOCENTI LORENZO FERDINANDO (c.f. NNCLRZ81T04F205E), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

FAMAGOSTA

2, presso l'avvocato M E, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati C F, J E, giusta procura a margine del ricorso;



- ricorrenti -


contro
INNOCENTI GIANFRANCO (C.F. NNCGFR52C14H541U), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SARDEGNA

38, presso l'avvocato C A M, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato R F, giusta procura a margine del controricorso;



- controricorrente -


contro
CUZZERI ANNA MARIA;

- intimata -
sul ricorso 12069/2008 proposto da:
CUZZERI ANNA MARIA (C.F. CZZNMR21A65H501R), elettivamente domiciliata in ROMA,

LUNGOTEVERE MICHELANGELO

9, presso l'avvocato TRIFIRÒ SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FUMAI BARBARA, ZUCCHINALI PAOLO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
INNOCENTI GIANFRANCO, QUERCI INNOCENTI LILIANA VERA, INNOCENTI LORENZO FERDINANDO;



- intimati -


avverso la sentenza n. 251/2007 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 31/01/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/11/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

uditi, per i ricorrenti, l'Avvocato METE e JONA che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso principale;

rigetto dell'incidentale (depositano note spese);

udito, per il controricorrente I, l'Avvocato RUFFINO che ha chiesto l'inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso e deposita note d'udienza;

uditi, per la controricorrente e ricorrente incidentale, gli Avvocati TRIFIRÒ e FUMAI che hanno chiesto il rigetto del ricorso principale;

accoglimento dell'incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI

Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con scrittura del 5.12.1970 Luigi I, all'epoca coniuge di Anna Maria C ed il figlio G si impegnarono a corrisponderle un assegno mensile di L.

2.000.000 rivalutabili. Deceduto nel 1995 Luigi I, Anna Maria C chiese ed ottenne dal Presidente del Tribunale di Milano il decreto ingiuntivo n. 4758 del 24 settembre 1998 nei confronti di Veri Querci I Liliana e di Lorenzo Ferdinando I, rispettivamente vedova di Luigi I, sposato in seconde nozze, e figlio dello stesso, nella qualità di eredi universali beneficiati di Luigi I ed entro i limiti di cui all'art.754 c.c., per la somma di L.

4.688.292.932 pari all'ammontare dei
ratei non pagati dal gennaio 1985 al maggio 1998.
Gli intimati proposero opposizione innanzi al Tribunale di Milano con atto del 7 maggio 2002 e chiamarono in causa I G, per essere eventualmente rimborsati dell'importo dovuto all'intimante nella misura del 50% in qualità di obbligato solidale assunta con la cennata scrittura, e per l'ulteriore quota di 1/3 del residuo 50% nella qualità d'asserito erede legittimo del dante causa. Successivamente la C chiese ed ottenne altri tre decreti ingiuntivi nn. 5529/99, 43849/01 e 61659/02 per ulteriori ratei scaduti, contro cui gli intimati proposero opposizione chiamando altresì in causa G I. In questi procedimenti, impostati sulla medesima linea difensiva, gli opponenti contestarono l'avversa pretesa assumendo la nullità del patto trasfuso nella scrittura perché integrante una transazione su diritti indisponibili.
G I, costituitosi ritualmente, chiese il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti, per aver egli assunto in quel patto la veste di mero garante dell'adempimento dell'obbligazione cui si era impegnato il padre, e sostenne nel merito le ragioni della madre.
Il Tribunale adito, con sentenza del 23-24 settembre 2004, revocò uno solo dei decreti opposti emesso il 24 settembre 1998 e respinse l'opposizione avverso altri due decreti ingiuntivi, avendo ravvisato un contratto con prestazioni a carico del solo preponente a titolo gratuito e a contenuto transattivo, avente ad oggetto l'indennità spettante alla C ex art. 139 c.c., nel testo all'epoca vigente ed ora art. 129 bis c.c., sotto forma di vitalizio, valido per la presenza dei prescritti requisiti di forma e di sostanza. Escluse altresì che l'impegno realizzasse obbligazione alimentare, in quanto tale non estinta per la morte del vitaliziante. La decisione venne impugnata innanzi alla Corte d'appello di Milano da L Q e L I per ottenerne la riforma con conseguente declaratoria di nullità della transazione per motivi illeciti, rappresentando quegli impegni il corrispettivo di un atto dispositivo di diritti indisponibili, riguardanti lo status della beneficiaria. L'obbligazione comunque riguardava l'assegno di mantenimento.
La C, costituitasi ritualmente, chiese il rigetto dell'appello e con autonomo atto di gravame impugnò la decisione svolgendo analoghe difese.
Con memorie dello stesso tenore G I si costituì in entrambi i giudizi proponendo a sua volta appello incidentale. La Corte d'appello di Milano, con sentenza n. 251 depositata il 31 gennaio 2007, ha confermato che l'atto controverso rappresentava contratto con obbligazioni del solo proponente, riconducibile al paradigma dell'art. 1333 c.c., a titolo gratuito ma non motivato da spirito di liberalità, inteso a garantire alla C un decoroso tenore di vita, obiettivo raggiunto attraverso la serie di prestazioni cui si era obbligato il marito, cui corrispose la rapida definizione delle varie vertenze giudiziarie pendenti. Ne ha quindi escluso la nullità, affermando che, in stante la natura inquisitoria del processo ecclesiastico che, ispirato al favor veritatis, non ammette il potere dispositivo delle parti, ma consente di dar rilievo ad eventuale accordo economico tra i coniugi ed al loro comportamento processuale, la ragione pratica sottostante l'accordo non concretava motivo illecito. Quanto all'impegno assunto da I G, rappresentava obbligazione solidale nei confronti del padre ma solo sussidiaria nei confronti della madre. La prescrizione era quinquennale trattandosi di somme da pagarsi con periodicità. Ricostruita in punto di fatto la vicenda personale dei coniugi, che aveva visto la C trasferirsi da Milano a Roma col figlio G nel 1960, e quindi l'introduzione nel 1968 da parte del marito della causa d'annullamento del matrimonio innanzi al Tribunale ecclesiastico, sfociata nell'esito da lui auspicato, indi di quella di separazione personale in sede civile, nonché di azione di restituzione del patrimonio immobiliare e mobiliare formalmente intestato alla moglie, ha ritenuto che la convenzione fosse stata stipulata per comporre reciproche esigenze. Quanto a lei, per disporre di mezzi idonei a mantenere un tenore di vita decoroso, e quanto a lui, per ottenere rapida definizione sia del giudizio ecclesiastico d'appello, cui la C effettivamente rinunciò, sia della causa di separazione per colpa, rinunciata anch'essa. L'impegno rappresentava un contratto unilaterale con obblighi del solo proponente, privo in quanto tale di causa di liberalità e del conseguente vincolo di forma.
L Q e L I hanno infine impugnato per cassazione quest'ultima pronuncia sulla base di cinque motivi. Entrambi gli intimati hanno resistito con controricorso. La C ha altresì proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi che sono stati resistiti dai ricorrenti principali. Tutte le parti hanno infine depositato rispettive memorie difensive ai sensi dell'art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
In linea preliminare si dispone la riunione dei ricorsi ai sensi dell'art. 335 c.p.c. in quanto sono stati proposti avverso la stessa decisione. Ancora in linea preliminare si dispone l'irricevibilità della produzione documentale allegata dai ricorrenti principali alla loro memoria difensiva, siccome trattasi di documenti non attinenti ai limitati fini previsti dall'art. 372 c.p.c.. Col primo motivo i ricorrenti principali denunciano vizio d'omessa motivazione su fatto decisivo e violazione degli artt. 1322, 1323, 1356 e 1345 c.c., artt. 1362, 1363 e 1367 c.c., e dell'art. 116 c.p.c.. Censurano la sentenza impugnata laddove qualifica l'accordo
trasfuso nella scrittura privata controversa riconducendolo alla figura del contratto a titolo gratuito con obbligazioni del solo proponente, in cui non è riscontrabile lo spirito di liberalità, ed in quanto tale a forma non solenne, assumendo che l'affermata unilateralità contrasta con la riconosciuta bilateralità dell'atto, desunta sia dalla sottoscrizione della C per accettazione, sia dal sinallagma tra le obbligazioni, rappresentato dalla desistenza della stessa dalle accanite difese spiegate nei giudizi pendenti, l'uno innanzi al giudice ecclesiastico l'altro in sede civile, cui la C effettivamente diede corso. Queste obbligazioni integrerebbero un motivo illecito che travolgerebbe, rendendola nulla, l'intera pattuizione. L'errore di diritto si anniderebbe perciò: 1.- nell'omessa considerazione della comune intenzione delle parti e del loro comportamento successivo alla convenzione;
2.- nel non aver considerato illecito il motivo rappresentato dal comportamento anzidetto, sull'assunto che il potere inquisitorio del giudice ecclesiastico è fuori da ogni potere negoziale. Il motivo è illecito di per sè e quando è comune alle parti contraenti inficia il contratto anche se le parti non siano capaci d'individuare il mezzo per ottenere il prefissato risultato utile. Il quesito di diritto chiede: 1.- se l'accordo del 5.12.1970 non costituisse, un contratto con obbligazioni del solo proponente, ma avesse natura sinallagmatica, in forza della sottoscrizione di entrambe le parti. 2.- se è fondato su motivo illecito e ciò a prescindere dal non raggiungimento dello scopo prefissato. 3.- se fosse nullo perché il comportamento assunto dalla C ha influenzato il processo.
I resistenti deducono l'inammissibilità ovvero l'infondatezza della censura.
Il motivo è privo di fondamento.
Secondo quanto riferito in narrativa, La Corte del merito, pur escludendo la finalità transattiva del negozio considerato, ravvisata dai primi giudici,- ha ribadito la qualificazione già ad esso attribuita dal Tribunale, definendolo contratto con obbligazionI del solo proponente riconducibile al paradigma dell'art. 1333 c.c., a titolo gratuito ma non motivato da spirito di liberalità, con cui le parti intesero garantire alla C un decoroso tenore di vita, obiettivo raggiunto attraverso la serie di prestazioni cui si era obbligato il marito;
cui la consorte aveva garantito, nei limiti in cui ciò era possibile, la rapida definizione delle varie liti giudiziarie pendenti. Premesso che la natura inquisitoria del processo ecclesiastico, ispirato al favor veritatis, non ammette il potere dispositivo delle parti, consente tuttavia ed in ogni caso di dar rilievo ad eventuale accordo economico tra i coniugi ed al loro comportamento processuale, ha ritenuto che la ragione pratica sottostante l'accordo non concretasse motivo illecito. Piuttosto, alla luce della vicenda personale dei coniugi, che aveva visto la C trasferirsi da Milano a Roma col figlio G nel 1960, e quindi l'introduzione nel 1968 da parte del marito della causa d'annullamento del matrimonio innanzi al Tribunale ecclesiastico, sfociata nell'esito da lui auspicato, indi di quella di separazione personale in sede civile, nonché di azione di restituzione del patrimonio immobiliare e mobiliare formalmente intestato alla moglie, la convenzione risultava palesemente stipulata per comporre reciproche esigenze, garantendo alla donna mezzi idonei a mantenere un tenore di vita decoroso, ed al marito di definire in tempi rapidi sia il giudizio ecclesiastico d'appello, cui la C effettivamente rinunciò, sia la causa di separazione per colpa, rinunciata anch'essa. Di qui la natura dell'impegno qualificabile in termini di contratto unilaterale con obblighi del solo proponente, privo in quanto tale di causa di liberalità e del conseguente vincolo di forma.
Il tessuto argomentativo che sorregge questa articolata decisione, logicamente e coerentemente esplicato, esclude anzitutto il denunciato vizio di motivazione di cui al primo profilo della censura che, nella sostanza, contesta non già la correttezza dei canoni esegetici applicati dalla Corte del merito, ma piuttosto confuta la fondatezza dell'interpretazione della scrittura in contesa alla luce di una diversa ed in tesi più favorevole lettura del suo contenuto. Nel resto il motivo è sia infondato che inammissibile. In ordine alla questione posta col 1^ quesito, occorre rilevare che non è la sottoscrizione di una sola parte, quanto l'unilateralità dell'obbligazione prevista nell'atto, ciò che rileva ai fini della sua inquadrabilità nella figura contrattuale ravvisata dai giudici del merito. Dato qualificante del contratto in esame, secondo la migliore dottrina, è infatti la previsione del vincolo a carico di una sola parte, che la obbliga ad adempiere mentre l'altra parte, oblata, è in facoltà di adempiere, sì che la parte obbligata, adempiendo, acquista il diritto alla controprestazione. Ne consegue che, fondandosi l'impegno su unica dichiarazione proveniente dall'obbligato, la sottoscrizione dell'atto che lo contiene da parte del beneficiario della prestazione, su cui grava l'onere del rifiuto, non è destinata ad incidere ne' sul suo schema tipico ne' sul suo contenuto, valendo semplicemente quale espressa accettazione dell'altrui obbligazione, benché non necessaria perfezionandosi il contratto per il solo fatto del mancato rifiuto. Seppur valorizzabile in astratto nel senso auspicato dai ricorrenti - Cass. n. 26325/2008, la circostanza evidentemente non ha assunto rilievo alcuno per il giudice d'appello, al cui potere, insindacabile, era rimessa la scelta tra le fonti del suo convincimento. Il sinallagma, incompatibile con la struttura della figura contrattuale, nella specie , è stato peraltro escluso dalla Corte del merito che ha individuato la causa concreta sottostante l'impegno dell'I nell'intenzione di quest'ultimo di garantire un decoroso tenore di vita alla C ed allo stesso tempo di pervenire alla rapida definizione delle varie controversie giudiziarie pendenti seppure incidendo sullo status, non fossero negoziabili. L'indisponibilità del diritto sottostante tali controversie, privando di portata obbligatoria l'assunzione da parte della C del contegno processuale che, secondo quanto assumono i ricorrenti, ne consentì una più rapida chiusura, smentisce in radice sia la configurabilità della pretesa bilateralità dell'impegno contrattuale, sia la sussistenza alla base dell'accordo del motivo illecito comune alle parti, consistito appunto nella negoziazione delle cause in corso, correttamente escluso dal giudice d'appello con logica ed adeguata motivazione.
I restanti quesiti non chiedono risolversi la questione controversa alla luce di un principio di diritto, ma si risolvono in mere affermazioni di fatto che postulano una rivisitazione delle circostanze apprezzate dai giudici del merito. Sono pertanto inammissibili.
Col secondo motivo i ricorrenti deducono ancora vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1333, 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c.. Censurano la decisione impugnata laddove afferma che l'assegno mensile pattuito al punto a) della scrittura privata in discussione concreta una rendita vitalizia sotto forma di una somma di denaro indicizzata, e non già un assegno di mantenimento correlato al giudizio di separazione in corso, sull'assunto che l'accordo rifletteva un contenzioso ben più ampio. Assumono, a conforto, che la Corte del merito è incorsa in errore in quanto non è partita dai fatti e, trascurando la loro più logica interpretazione, non ha perciò colto che, in pendenza di plurimo contenzioso introdotto dall'I - giudizio innanzi al giudice ecclesiastico, causa di separazione nel cui alveo venne disposto da parte del Presidente del Tribunale a carico dello stesso il versamento di un assegno mensile di L. 1.500.000, domanda di retrocessione di cospicuo patrimonio mobiliare ed immobiliare già intestato alla C, l'assegno altro non rappresentava che la transazione sulla maggior richiesta fatta dalla moglie in sede di separazione di L.

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