Cass. pen., sez. I, sentenza 23/04/2020, n. 12816

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 23/04/2020, n. 12816
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12816
Data del deposito : 23 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: R G A F nato a MILANO il 20/02/1958 avverso la sentenza del 19/03/2019 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO ALIFFI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore P C che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. udito il difensore, avvocato C G, che ha concluso chiedendo annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 19 marzo 2019 la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia, in data 9-11-2016, con cui il Tribunale in sede aveva riconosciuto R G A F colpevole del reato di cui all'art.650 cod. pen. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di giorni venti di arresto. Secondo la ricostruzione recepita da entrambe le sentenze di merito, l'odierno imputato, non rimuovendo la gru installata in una area di proprietà della società

IMMOBILIARE

Sant'Agata, di cui era il legale rappresentante, nel temine prescritto, e non provvedendo senza indugio all'effettuazione dei necessari controlli di sicurezza del manufatto ai sensi dell'art. 71, comma 4, d.lgs. n° 81 del 2008, dandone riscontro all'U.T.C. entro il predetto termine, non aveva ottemperato a quanto ordinatogli dal sindaco di Cassina de' Pecchi con l'ordinanza n. 1437 del 2014 e, in tal modo, aveva posto in essere gli estremi, oggettivi e soggettivi, della fattispecie incriminatrice contestata, che sanziona, per l'appunto, l'inosservanza dei provvedimenti legalmente dati anche per ragioni di sicurezza, tra cui rientra la pubblica incolumità, nel caso in esame, dei passanti sulla pubblica via e degli abitanti degli edifici limitrofi.

2. Avverso la sentenza il Ravanelli, per mezzo dei difensori di fiducia, propone ricorso per cassazione denunziando tre motivi 2.1. Con il primo deduce erronea applicazione dell'art. 107 del testo unico degli enti locali (T.U.E.L.) nonché dell'art. 50 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, quali norme giuridiche essenziali per l'applicazione della legge penale. Secondo la difesa ricorrente, l'ordinanza sindacale, asseritamente disattesa dall'imputato, è illegittima per essere stata emessa dal sindaco, organo incompetente, anziché dal responsabile dirigenziale ad hoc designato, al quale, d'altra parte, la stessa polizia giudiziaria aveva inoltrato le richieste di informazioni sull'ottemperanza dell'ordinanza;
la inosservanza del provvedimento, di conseguenza, non può essere sanzionata con l'applicazione dell'art. 650 cod. pen.

2.2. Con il secondo motivo deduce illogicità della motivazione con riferimento alla mancata corrispondenza tra imputazione e sentenza nonché violazione della legge penale. La Corte distrettuale, laddove ha affermato la responsabilità del Ravanelli per non avere osservato l'ordinanza sindacale emessa a tutela della incolumità pubblica ha erroneamente sussunto la contestazione mossa all'imputato in una fattispecie contravvenzionale mai contestata, ossia quella prevista dall'art. 677, comma 3, cod. pen., che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, assorbe quella, meno grave, di cui all'art. 650 cod. pen.
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