Cass. civ., sez. III, ordinanza 31/05/2023, n. 15454

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, ordinanza 31/05/2023, n. 15454
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15454
Data del deposito : 31 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

anza di vendita– Inammissibilità del ricorso

LINA RUBINO

Presidente

AUGUSTO TELO

Consigliere

IRENE AMBROSI

Consigliere

PAOLO PORRECA

Consigliere AC. 22/03/2023 Cron. R.G.N. 18525/2021

SALVATORE SAIJA

Consigliere - Rel. ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso N. 18525/2021R.G. proposto da: DI NATALE EMILIO, domiciliatoin Roma, Piazza Cavour , presso l a cancelleria della Corte di cassazione, difeso da sé stesso ex art. 86 c.p.c., nonché rappresentato e dife s o da ll’ avv. P D N , come da procura in calce al ricorso -ricorrente -

contro

LA PENNA MARIA ANTONIETTA, domiciliata in Roma,Piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’avv.A L C, come da procura in calce al controricorso -controricorrente – e

contro

ANDREETTO ENRICA, domiciliata in Roma , Piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dall’avv. P S, come da procura in calce al controricorso -controricorrente – N. 18525/21R.G. avverso la sentenza n. 1 875 /20 2 1 del Tribunale di Lecce , depositata il 21.6.2021;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 22.3.2023dal Consigliererelatore dr. S alvatore S aija .

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza del 23.7.2019, il g.e. presso il Tribunale di Lecce, nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare a carico di E D N, iscritta al N. 459/2017 R.G.E., dispose la vendita per l’intero del compendio pignorato . L’esecutato propose opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. con ricorso del 23.8.2019, rilevando che il bene era stato assoggettato a vincolo dalla creditrice procedente, M A L P, per la minor quota di 785/1000(giacché i restanti 215/1000 erano di proprietà di essa pignorante, in forza di scrittura privata di “divisione della comunione legale” datata 27.9.1997), che il prezzo era stato erroneamente determinato , sì da condurre all’aggiudicazione in favore di tale Marco Marenaciper l’importo di € 199.000,00 (all’esito della gara tenutasi il 3-10-5.2021), a fronte del valore peritale di € 385.000,00.Negata la sospensione ed introdotto il giudizio di merito, il Tribunale di Lecce rigettava l’opposizione con sentenza del 21.6.2021, ritenendo tra l’altro che il pignoramento fosse stato correttamente eseguito sulla quota di 785/1000 riferibile al D N, benché derivante da scrittura privata non trascritta, da questa derivando certamente effetti tra le parti. E D N ricorre ora per cassazione in forza di otto motivi, cui resistono con controricorso M A L P ed E A, creditrice intervenuta. Tutte le parti hanno depositato memoria. Ai sensi dell’art. 380- N. 18525/21R.G. bis.1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 –Con il primo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 569 e 156, comma2, c.p.c. in rapporto agli artt. 555, 567 c.p.c. nonché de gli artt. 810, 812, 1117,e 2644 c.c., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c., peravere il g . e . ed il Tribunale di Lecce ignorato la nullità assoluta, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, di cui è affetto geneticamente l’atto di pignoramento notificato e trascrittodal procedente , mediante il quale è stato illegittimamente frazionata e sottopost a a vincolo la quota parte – pari ai 785/1000 - della piena proprietà dell’immobile in tit olarità esclusiva dell’esecutato. 1.2 – Con il secondo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art.569 c.p.c. in rapporto agli artt. 555 e 568 c.p.c. , nonché de gli artt. 2644 e 2043 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto corretto l’operato del g.e., laddove era stata dispost a la vendita dell’immobile per la intera proprietà, ma al prezzo base d’asta computato sulla quota di 785/1000 pignorata. 1.3 –Con il terzo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art.569 c.p.c. in rapporto agliartt. 555 e 586 c.p.c. nonché degli artt. 2644 e 2650 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1,n. 3, c.p.c. per avere il Tribunale ritenuto corretto l’operato del g.e., benché l’eventuale decreto di trasferimento a favore dell’aggiudicatario, non potesse mai essere emesso legittimamente per la piena N. 18525/21R.G. proprietà, il pignoramento essendo trascritto e limitato alla sola quota d i 785/1000 (principio di“continuità delle trascrizioni”). 1.4 –Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 569 c.p.c. in rapporto agli artt. 194e 568 c.p.c., nonché degli a rtt. 2915 e 2644 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c. per avere il Tribunale ritenuto corretto l’operato dell’esperto stimatore il quale, esondando dagli specifici compiti istituzionali affidatigli e precisati nelquesito, ha invaso quelli decisionali ex artt.2915-2644 c.c. di competenza del g.e. circa l’accertamentodella opponibilità, o meno, alla procedura, delle circostanze dedotte dal creditore pignorante come pregiudizievoli,da indicare “erga omnes” nell’elaborato peritale alle voci “STATO DI POSSESSO” e “VINCOLI ED ONERI GIURIDICI”;
si tratta, in realtà, di valutazioni di esclusiva competenza del g.e., ma da questi acriticamente recepite nell’ordinanza divendita opposta. 1.5– Con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 569 c.p.c. in rapporto agli artt. 194 e 101 c.p.c., nonché dell’a rt. 24 Cost., in relazione all’art. 360 , comma 1,n. 3, c.p.c. , per avere il Tribunale ritenuto corretto l’operato del g . e ., laddove -in esito alla fase sommaria – si è considerato esente da vizio di nullità per difetto di contraddittorio la p erizia “integrativa” eseguita dall’ e sperto stimatore il 16.4.2018, ad incarico già esaurito e su specifica indicazione della difesa della pignorante. 1.6– Con il sesto motivo si denuncia violazione dell’art. 569 c.p.c. in rapporto agli artt. 194e 101 c.p.c. , nonché degli artt. 2915 e 2643 n . 8, 2644 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 , c.p.c. , per avere il Tribunale ritenuto corretto l’operato del g.e., laddove si è recepito quanto dedotto dall’e sperto N. 18525/21R.G. stimatore in merito alla opponibilità dell’assegnazione “ex prole” – art. 337 - sexiesc.c. - alla procedura . 1.7– Con il settimo motivo si lame nta violazione dell’art. 569 c.p.c. in rapporto agli artt. 194e 101 c.p.c. , nonché dell’art. 2915 c.c., in relazione all’art. 360 , comma 1,n. 3, c.p.c. per avere il Tribunale ritenuto corretto l’operato del g . e . laddove - in esito alla fase sommaria - ha recepito quanto dedotto dall’ e sperto stimatore in relazione a “VINCOLI ED ONERI GIURIDICI” relativamente alla quota pari al 21,5% vantata dalla pignorante sull’immobile staggito. 1.8– Con l’ottavo motivo, infine, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt.112, 101 e 295 c.p.c. in rapporto all’art. 2909 c.c. e all’ art. 324 c.p.c. , nonché dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 , c.p.c. , per avere il Tribunale violato il principio di corrispondenza trachiesto e pronunciato, del diritto al contraddittorio, del “contrasto di giudicati”e dell ’i nteresse ad agire, in quanto, trascendendo dalla questione di merito in rilievo (opponibilità ex art.2915 c.c.) ed invadendo la questione devoluta alla cognizione di altro g iudice , relativaal giudizio pendente innanzi alla Corte di Appello di Lecce ed iscritto al N.R.G.A. 1009/2019, ha risolto la questio ne della titolarità pro quota del bene immobile staggito così come prospettato dalla La Penna, attribuendole il diritto di proprietà del21,5% del bene stesso, nonostante il difetto di interesse ad agire in capo a quest’ultima. 2.1 – Preliminarmente, dev’essere disattesa l’eccezione di inammissibilità dei controricorsi di M A L P e di E A, sollevata in memoria dalD N. N. 18525/21R.G. Invero, l’art. 370, comma 2, nel definire il contenuto del controricorso, stabilisce che all’atto “si applicano le norme degli artt. 365 e 366, in quanto è possibile”. Detta disposizione è costantemente interpretata, nella giurisprudenza di questa Corte, nel senso che “La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediantecontroricorso contenente, ai sensi dell ’ art. 366 c.p.c. (richiamato dall’art. 370, comma 2, c.p.c.), l’esposizione delle ragioni atte a dimostrare l’infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente” (così la recentissima Cass. n. 4049/2023;
conf. Cass. n. 6222/2012);
si è anche precisato che “Nel giudizio di cassazione, il controricorso - ai fini del rispetto del requisito di cui all’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. (richiamato dall’art. 370, comma 2, c.p.c., «in quanto è possibile») - assolvendo alla sola funzione di contrastare l’impugnazione altrui, deve contenere l’autonoma esposizione sommaria dei fatti della causa soltanto nel caso in cui con esso venga proposta impugnazione incidentale, stante l’autonomia di questa rispetto all’impugnazione principale;
tuttavia, qualora il controricorrente, pur senza proporre impugnazione incidentale, sollevi eccezioni sull’ammissibilità del ricorso che implichino una valutazione del materiale documentale delle fasi di merito, il controricorso deve contenere una sufficiente ed autonoma esposizione dei fatti di causa inerenti a dette eccezioni, in modo da consentire alla Corte di verificarne la portata, dalla sola lettura dell’atto” (Cass. n. 1150/2019, Rv. 652710-01). In definitiva, con il controricorso –se privo di impugnazione incidentale, giacché in caso contrario deve necessariamente rispettare i requisiti di contenuto-forma di cui all’art. 366 c.p.c. (v. Cass. n. 18483/2015) – la parte che intende contraddire, destinataria dell’impugnazione, non è tenuta a replicare N. 18525/21R.G. pedissequamente la struttura del ricorso per cassazione (come, ad es., i motivi), solo occorrendo che, con detto atto, essa prenda posizione specificamente sulle censure mosse da controparte, fermorestando che il contenuto dell’atto stesso deve essere calibrato, con la necessaria autosufficienza e specificità, in ragione delle eccezioni e difese con esso propugnate. I controricorsi in questione sono del tutto conform i a quanto precede ;
in particolare, con il controricorso della La Penna si sono specificamente contestate (benché sinteticamente, al lume della denunciata oscurità delle proposizioni contenute in ricorso, di cui si dirà infra) le singole doglianze del D N , offrendo al giudizio – e a questa Corte – argomenti di segno contrario e funzionale al rigetto del ricorso avversario, senza al contempo proporre impugnazione incidentale.Lo stesso può dirsi del controricorso della A, con cui si è eccepita l’inammissibilità delricorso ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c. , al contempo ribadendosila correttezza della statuizione sulle spese liquidate in suo favore (anche di ciò si dirà infra). 3.1 –Ciò posto, i l ricorso è in ammissibile, per violazione dell’art. 366, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c., nel testo vigente ratione temporis. Il ricorrente, infatti, si dilunga in una contorta esposizione delle vicende processuali, frammista a continue ed incidentali proprie valutazioni, intersecate dalla integrale riproduzione dei propri atti processuali, dei provvedimenti adottati dal g.e., e ancora riportando l’intera sentenza impugnata e ritenendo di dover informare la Corte di ogni più infinitesimale dettaglio, senza fornire alcun momento di sintesi, ma così finendo per rendere praticamente incomprensibile N. 18525/21R.G. una vicenda processuale che, complessa quanto si vuole, è pur sempre una ordinariaopposizione agli atti esecutivi, ex art. 617, comma 2, c.p.c. Altrettanto anomala si presenta l’illustrazione dei motivi proposti, con continui (benché superficiali) passaggi dapresunti errori commessi dal g.e., a stralci della motivazione della sentenza impugnata , della perizia di stima, o degli stessi provvedimenti del g.e., con lunghe citazioni letterali di alcune pronunce di legittimità e di merito , e ancora con lapidarie considerazioni incidentali, accompagnate dal continuo cambio di segno grafico (c orsivo, grassetto, sottolineato, ecc.). Ancor più anomala, poi, si presenta l’illustrazione contenuta nel ricorso in merito alla questione circa le spese di lite liquidate dal Tribunale in favore della A(cui s’è già fatto cenno), benché la sua posizione debitoria fosse stata estinta. Al di là di quanto sostenuto, in proposito, dalla stessa A in controricorsoed anche in memor ia, il D N assume l’ intrinseca ingiustizia e/o erroneità della relativa statuizione, omettendo però di proporre una formale impugnazione del capo condannatorio,ed al contempo instando affinché questa Corte voglia “apprezzarecon le declaratorie in esito anche questi aspetti” (v. ricorso, pp. 5 e 6). 3.2– Ora, è appena il caso di precisare che il giudizio di cassazione è un giudizio impugnatorio a critica vincolata, in cui il ricorrente deve rivolgersi alla Corte individuando uno o più specifici vizi di legittimità – che, in tesi, affligg ono la decisione impugnata – scegliendol i dal novero di quelli elencati dall’art. 360, comma 1, e nel rispetto, tra l’altro, dei requisiti di contenuto-forma di cui agli artt. 365 e 366 c.p.c. N. 18525/21R.G. 3.3.1– In particolare, l’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., nel testo vigente ratione temporis, prevede che il ricorso debba contenere, a pena di inammissibilità, “l’esposizione sommaria dei fatti di causa”;
al riguardo, deve anzitutto evidenziarsi che, secondo ormai consolidata giurisprudenza, il fatto deve intendersi nella duplice accezione di fatto sostanziale (ossia, quanto concernente le reciproche pretese delle parti) e processuale (relativo, cioè, a quanto accaduto nel corso del giudizio, alle domande ed eccezioni formulate dalle parti, ai provvedimenti adottati dal giudice, ecc. - v. Cass. n. 1959/2004). Quanto poi alla sommarietà che, secondo la norma in esame, deve caratterizzare l’esposizione, è costante l’insegnamento secondo cui “Per soddisfare il requisito imposto dall'articolo 366 comma primo n. 3 cod. proc. civ. il ricorso per cassazione deve contenere l'esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti dicausa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamente erronea, compiuta dal giudice di merito” (così, Cass. n. 7825/2006;
Cass. n. 1926/2015). La funzione cui assolve il requisito in parola è ben riassunta da Cass. n. 593/2013, laddove si afferma (in motivazione) che esso “serve alla Corte di cassazione per percepire con una certa immediatezza il fatto sostanziale e lo N. 18525/21R.G. svolgimento del fatto processuale e, quindi, acquisire l'indispensabile conoscenza, sia pure sommaria, del processo, in modo da poter procedere alla lettura deimotivi di ricorso in maniera da comprenderne il senso”. Inoltre, ai fini della sanzione dell’inammissibilità, non può distinguersi tra esposizione del tutto omessa o meramente insufficiente (così la già citata Cass.n. 1959/2004), occorrendo precisare che, come più recentemente affermato, il ricorso deve considerarsi inammissibile per insufficiente esposizione, ai sensi dell’art. 366, co. 1, n. 3, c.p.c., quando “non consente alla Corte di valutare se la questione sia ancora ‘viva’ o meno” (così, Cass. n. 1296/2017, in motivazione), ossia se dalla mera lettura del ricorso possa evincersi se i motivi di impugnazione proposti siano ancora spendibili, ovvero preclusi dalla formazione del giudicato interno. Sul versante opposto, concernente l’eccesso di esposizione (ossia, quello che qui viene in rilievo), numerose pronunce hanno avuto ad oggetto la tecnica della c.d. “spillatura” o del c.d. “assemblaggio”, consistenti nella riproduzione, meccanica o informatica, di una serie di atti processuali e documenti all’interno del ricorso;
in proposito, Cass., Sez. Un. n. 16628/2009, ha affermato che “La prescrizione contenuta nell'art. 366, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d'inammissibilità, l'esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, né accenni all'oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare, mediante "spillatura" al ricorso, l'intero ricorso di primo grado ed il testo integrale di tutti gli atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l'individuazione della materia del N. 18525/21R.G. contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell'oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura”;
e ancora, secondo Cass., Sez. Un. n. 5698/2012, “In tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all'art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa riproduzione dell'intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata;
per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso. (Nella specie, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso articolato con la tecnica dell'assemblaggio, mediante riproduzione integrale in caratteri minuscoli di una serie di atti processuali: sentenza di primo grado, comparsa di risposta in appello, comparsa successiva alla riassunzione a seguito dell'interruzione, sentenza d'appello ove mancava del tutto il momento di sintesi funzionale, mentre l'illustrazione dei motivi non consentiva di cogliere i fatti rilevanti in funzione della comprensione dei motivi stessi)” (i suddetti principi sono stati affermati, ex multis, da Cass. n. 3385/2016 e Cass. n. 12641/2017). Costituisce naturale evoluzione del consolidato insegnamento giurisprudenziale quella secondo cui la descritta tecnica espositiva non può utilizzarsi neanche nella mera illustrazione dei motivi di ricorso. Così, più di recente, Cass. n. 26837/2020 ha condivisibilmente affermato che “Il ricorso per cassazione N. 18525/21R.G. redatto mediante la giustapposizione di una serie di documenti integralmente riprodotti è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza, il quale postula che l'enunciazione dei motivi e delle relative argomentazioni sia espressa mediante un discorso linguistico organizzato in virtù di un concatenazione sintattica di parole, frasi e periodi, sicché, senza escludere radicalmente che nel contesto dell'atto siano inseriti documenti finalizzati alla migliore comprensione del testo, non può essere demandato all'interprete di ricercarne gli elementi rilevanti all'interno dei menzionati documenti, se del caso ricostruendo una connessione logica tra gli stessi, non esplicitamente affermata dalla parte”. 3.3.2– Ora, così inquadrate le più si gnificative pronunce sul tema in discorso – anche al lume della più recente giurisprudenza sovranazionale (Corte EDU, sentenza 28.10.2021, Succi c. Italia), nella lettura datane da questa stessa Corte (Cass., Sez. Un., n. 8950/2022;
e cfr. pure Cass. n. 12481/2022) – ritiene la Corte che il ricorrente sia incorso in una eccessiva e sovrabbondante esposizione, suscettibile di determinare l’inammissibilità del ricorso non in quanto tale, ma perché rende di per sé impossibile la focalizzazione sui fatti rilevanti, avendo adottato una tecnica espositiva (già descritta supra) che da un lato implica la lettura di una imponente massa di informazioni su fatti (processuali e sostanziali) per lo più irrilevanti ai fini della decisione, e dall’altro neppure potendo procedersi mediante la tecnica della espunzione (v. Cass. n. 8245/2018), ossia dell’isolamento di quanto di superfluo sia stato inserito nel ricorso, stante la stretta concatenazione tra frasi, contenuto di atti e provvedimenti tra virgolette, considerazioni incidentali e quant’altro, prima descritta. N. 18525/21R.G. Una tale tecnica espositiva rende, dunque, particolarmente “indaginosa” l’individuazione delle questioni da parte di questa Corte, impropriamente investita della ricerca e della selezione dei fatti (anche processuali) rilevanti ai fini del decidere (v. la già citata Cass.,Sez. U n . , n. 16628/2009) . 3.4.1– Ma il ricorso è anche inammissibile per difetto di specificità dei motivi, come già anticipato. In proposito, vale la pena qui ribadire che “In tema di ricorso per cassazione, il principio di specificità di cui all'art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c. richiede per ogni motivo l'indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l'illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l'analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia” (da ultimo, Cass. n. 17224/2020). E ancora, con specifico riferimento al preteso vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, non può che richiamarsi il principio, ancor più di recente affermato da Cass., Sez. Un., n. 23745/2020, secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni N. 18525/21R.G. -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa”. Ed infine (per quanto qui interessa), va ribadito l’ulteriore principio secondo cui “Le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l'interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto;
b) quello afferente l'applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell'attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata;
il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell'assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista -pur rettamente individuata e interpretata -non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell'ambito applicativo dell'art. 360, comma 1, n. 3, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità” (Cass. n. 640/2019). 3.4.2 – Orbene, dalla lettura delle censure articolate dal ricorrente – già sommariamente descritte – risulta di tutta evidenza come le stesse non si conformino affatto ai superiori dettami, non solo perché replicano la tecnica espositiva già stigmatizzata, ma perché neppure contengono il benché minimo N. 18525/21R.G. sviluppo argomentativo circa il contenuto dei precetti normativi che si assumono violati, né il conseguente raffronto con le pertinenti decisioni adottate dal giudice del merito, che restano sullo sfondo dell’esposizione, benché più volte bollate di “acriticità”, se non anche di apoditticità, senza essere attinte da congruenti e conferenti critiche a dimostrazione dei pur denunciati e pretesi errores in iudicando. Quanto precede è plasticamente dimostrato dal fatto che il D N incentra principalmente le proprie censure non già in relazione al provvedimento in questa sede impugnato (ossia, la sentenza resa all’esito del giudizio di merito), bensì proprio sull’ordinanza di vendita oggetto dell’opposizione ex art. 617 c.p.c., sostenendone la assoluta nullità, come è reso palese dalla lettura, almeno, del secondo, del terzo, del quarto, del quinto, del sestoe del settimo motivo;
co l primo motivo, poi, il D N deduce la radicale nullità dell’atto di pignoramento, senza svolgere alcuna critica circa il contenuto della sentenza emessa dal Tribunale salentino;
con l’ottavomotivo, finalmente, pur incentrando le proprie doglianze sulla sentenza di merito (di cui vengono riportati alcuni passaggi motivazionali, dalla cui lettura, a dire del ricorrente, “si rimane attoniti”), il D N ritiene di dover precisare che sarebbe “fuori thema entrare in contraddittorio puntualmente su tutte le argomentazioni prospettate dal G.U. …”, evidenziandone la pretesa natura “impacciata”, o definendo “vano” lo sforzo impiegato dal giudice per “trovare la quadra” circa l’opponibilità della scrittura privata inter partes, e persino dubitando della consistenza di un “ interesse immediato perseguito dal G.U.con la declaratoria che si legge sul conferimento N. 18525/21R.G. della proprietà della quota del 21,5%”(il virgolettato è tratto dalle pp. 41, 43 e 44 del ricorso). Insomma, anziché evidenziare in cosa le statuizioni adottate dal giudice del merito si discostino dai precetti normativi che pure si assumono violati (nei termini poc’anzi evidenziati), col ricorso in esame il D N,da un lato, dirige le proprie censure avverso atti o provvedimenti del procedimento esecutivo (nella sostanza, rimproverando al Tribunale di non averrilevato i pretesi vizi da cui gli stessi erano affetti) e, dall’altro, si lascia andare a considerazioni generiche e assolutamente aspecifiche, omettendo (deliberatamente)persino di confrontarsi, con la necessaria analiticità , con gli snodi motivazionali su cui poggia la decisione qui impugnata, neppure scalfiti dai singoli motivi. 4.1 –In definitiva, il ricorso è inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti di ciascuna controricorrente. In relazione alla data di proposizione del ricorso(successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre2012, n. 228).
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi