Cass. civ., sez. V trib., sentenza 19/01/2018, n. 1311

CASS
Sentenza
19 gennaio 2018
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CASS
Sentenza
19 gennaio 2018

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Massime • 6

In materia di omessa dichiarazione annuale per investimenti e attività di natura finanziaria all'estero, prevista dall'art.4, comma 2, del d.l. n. 167 del 1990 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 227 del 1990), la sanzione di cui all'art. 5, comma 5, del citato d.l. non è stata tacitamente abrogata dall'art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, in relazione all'art. 8, comma 1, dello stesso decreto, in quanto la predetta dichiarazione ha l'esclusiva finalità di monitorare i trasferimenti di valuta da e per l'estero, quali manifestazioni di capacità contributiva, e le relative violazioni restano sanzionate in modo specifico ed autonomo,assumendo carattere di specialità rispetto alla generale nozione di omessa, ovvero di inesatta od incompleta indicazione di dati rilevanti per la determinazione del tributo, punite dall'art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997.

In tema di riscossione, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1999, come modificato dall'art. 2, comma 3, lett. a), del d.l. n. 262 del 2006, convertito dalla l. n. 286 del 2006, per violazione degli artt. 3, 25, 53 e 97 Cost., nella misura in cui detta disposizione, onerando il contribuente di corrispondere l'aggio esattoriale, nell'ipotesi sia di pagamento tempestivo che tardivo, in quest'ultimo caso in misura integrale, introdurrebbe una misura sostanzialmente sanzionatoria o, comunque, una vera e propria nuova tassa con effetti retroattivi, in violazione dell'art. 25 Cost., nonché dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza ex art. 3 Cost., di capacità contributiva ex art. 53 Cost. e di buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost., atteso che l'aggio ha natura retributiva e non tributaria.

La questione di legittimità costituzionale di una norma, in quanto strumentale rispetto alla domanda che implichi l'applicazione della norma medesima, non può costituire oggetto di un'autonoma istanza rispetto alla quale, in difetto di esame, sia configurabile un vizio di omessa pronuncia, ovvero (nel caso di censure concernenti le argomentazioni svolte dal giudice di merito) un vizio di motivazione, denunciabile con il ricorso per cassazione: la relativa questione è infatti deducibile e rilevabile nei successivi stati e gradi del giudizio che sia validamente instaurato, ove rilevante ai fini della decisione.

La questione di legittimità costituzionale di una norma, in quanto strumentale rispetto alla domanda che implichi l'applicazione della norma medesima, non può costituire oggetto di un'autonoma istanza rispetto alla quale, in difetto di esame, sia configurabile un vizio di omessa pronuncia, ovvero (nel caso di censure concernenti le argomentazioni svolte dal giudice di merito) un vizio di motivazione, denunciabile con il ricorso per cassazione: la relativa questione è infatti deducibile e rilevabile nei successivi stati e gradi del giudizio che sia validamente instaurato, ove rilevante ai fini della decisione.

Massima tratta dal CED della Cassazione

In tema di riscossione, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1999, come modificato dall'art. 2, comma 3, lett. a), del d.l. n. 262 del 2006, convertito dalla l. n. 286 del 2006, per violazione degli artt. 3, 25, 53 e 97 Cost., nella misura in cui detta disposizione, onerando il contribuente di corrispondere l'aggio esattoriale, nell'ipotesi sia di pagamento tempestivo che tardivo, in quest'ultimo caso in misura integrale, introdurrebbe una misura sostanzialmente sanzionatoria o, comunque, una vera e propria nuova tassa con effetti retroattivi, in violazione dell'art. 25 Cost., nonché dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza ex art. 3 Cost., di capacità contributiva ex art. 53 Cost. e di buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost., atteso che l'aggio ha natura retributiva e non tributaria.

Massima tratta dal CED della Cassazione

In materia di omessa dichiarazione annuale per investimenti e attività di natura finanziaria all'estero, prevista dall'art. 4, comma 2, del d.l. n. 167 del 1990 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 227 del 1990), la sanzione di cui all'art. 5, comma 5, del citato d.l. non è stata tacitamente abrogata dall'art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, in relazione all'art. 8, comma 1, dello stesso decreto, in quanto la predetta dichiarazione ha l'esclusiva finalità di monitorare i trasferimenti di valuta da e per l'estero, quali manifestazioni di capacità contributiva, e le relative violazioni restano sanzionate in modo specifico ed autonomo,assumendo carattere di specialità rispetto alla generale nozione di omessa, ovvero di inesatta od incompleta indicazione di dati rilevanti per la determinazione del tributo, punite dall'art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997.

Massima tratta dal CED della Cassazione

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 19/01/2018, n. 1311
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 1311
Data del deposito : 19 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

0131 1 . 18 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE CIVILE Oggetto Composta da Cartelle esattoriali relative alla medesima pretesa impositiva - Compensi riscossione Conseguenze Sanzioni Interessi Aurelio Cappabianca - Presidente - Oggetto R.G.N. 11423/2010 Biagio Virgilio - Consigliere - R.G.N. 25378/2011 Consigliere Rel. Emilio Iannello Cron. 13,11 Maria Enza La Torre - Consigliere - Andrea Venegoni - Consigliere - UP - 26/10/2017 ha pronunciato la seguente 4 6 5 1 7 SENTENZA 1 6 sul ricorso iscritto al n. 11423/2010 R.G. proposto da RE NI TI, rappresentato e difeso dall'Avv. Cataldo D'Andria, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Regina Margherita, 262-264;

- ricorrente -

contro e difesaAgenzia delle entrate, rappresentata dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato;
controricorrente - avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 55/28/09 depositata il 5 marzo 2009;
e sul ricorso iscritto al n. 25378/2011 R.G. proposto da RE NI TI, rappresentato e difeso dall'Avv. Cataldo D'Andria, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Regina Margherita, 262-264;
- ricorrente

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato;
- controricorrente e

contro

Equitalia Nord S.p.A. con unico socio, rappresentata e difesa dall'Avv. 32. Roberto Renzella, con domicilio eletto in Roma, via Tronto, n. presso lo studio dell'Avv. Giulio Mundula;

- controricorrente -

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 106/32/10 depositata il 15 luglio 2010. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 ottobre 2017 dal Consigliere Emilio Iannello;
udito l'Avv. Cataldo D'Andria per il ricorrente;
udito l'Avvocato dello Stato Emma Damiani;
udito l'Avv. Roberto Renzella per Equitalia Nord S.p.A.;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Immacolata Zeno, che ha concluso chiedendo, previa riunione dei ricorsi, dichiararsi la cessazione della materia del contendere con riferimento al primo ricorso (iscritto al n. 11423/2010) e, con riferimento al secondo (n. 25378/2011), l'accoglimento del motivo n. 8 e il rigetto dei rimanenti. 2

FATTI DI CAUSA

1. NI TI RE impugnava avanti la C.T.P. di Varese la cartella esattoriale n. 117 2006 00279301 54 000 emessa in esecuzione della sentenza n. 28/11/2006 della C.T.R. della Lombardia che aveva ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento emessi nei confronti del contribuente per gli anni 1988, 1989, 1990, 1991, 1993 e 1994, per un importo di € 21.399.593,57. Deduceva a fondamento vizi propri della cartella relativi tra l'altro alla erronea indicazione delle sanzioni. Nel corso del giudizio l'Ufficio comunicava di aver ridotto le sanzioni attraverso provvedimento di sgravio parziale. L'adita Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso. La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 55/28/09 depositata il 5 marzo 2009, ha accolto l'appello dell'Ufficio ritenendo che lo sgravio parziale è stato determinato dalla necessità di applicare la sopravvenuta normativa più favorevole in tema di sanzioni e che nessun errore di conteggio sussisteva, né motivo per annullare integralmente la cartella esattoriale.

2. Avverso tale decisione il contribuente propone ricorso per cassazione (iscritto al n. 11423/2010 R.G.) sulla base di tre motivi, cui resiste l'Agenzia delle entrate depositando controricorso.

3. Successivamente al predetto ricorso introduttivo, lo stesso contribuente impugnava anche, in separato giudizio avanti la C.T.P. di Varese, la cartella esattoriale n. 117 2008 00250031 45 000, anch'essa emessa, come la prima, in esecuzione della su richiamata sentenza n. 28/11/2006 della C.T.R. della Lombardia, ma per l'inferiore importo di € 19.814.128,26 (al netto dunque degli importi per i quali era intervenuto lo sgravio) e dopo che la predetta sentenza era divenuta definitiva per il rigetto del susseguente ricorso per cassazione (Cass. n. 4608 del 2008). Il ricorrente deduceva a fondamento vizi propri della cartella 3 relativi, tra l'altro, alla erronea o illegittima applicazione di aggio e sanzioni. L'adita Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, con decisione confermata in grado d'appello dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 106/32/10 depositata il 15 luglio 2010. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente sulla base di tredici motivi, cui è anteposta la prospettazione di questione di legittimità costituzionale. Resistono l'Agenzia delle entrate ed Equitalia Nord S.p.A. depositando controricorsi. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso iscritto al n. 25378/2011 R.G. a quello di iscrizione anteriore, attesa l'intima connessione derivante dal riguardare entrambi la medesima pretesa tributaria, oggetto di attività di riscossione solo formalmente imputabile a distinte cartelle ma in realtà unitaria. All'esito dell'odierna udienza di discussione è risultato invero pacifico tra le parti che la cartella impugnata con il ricorso introduttivo del secondo giudizio altro non sia che la rinnovazione della prima alla luce del provvedimento di sgravio parziale intervenuto nel corso del primo giudizio, oltre che naturalmente della definizione pur essa intervenuta nelle more del primo giudizio della controversia sugli avvisi sottostanti a seguito della sentenza della Corte di cassazione. Ciò che deve altresì condurre a rilevare il venir meno dell'interesse del contribuente in ordine al primo ricorso, in quanto relativo a cartella da ritenersi ormai già privata di effetti ed espunta dalla realtà fattuale e giuridica in conseguenza, prima, del provvedimento di sgravio parziale per l'importo sottratto dallo stesso Ufficio all'azione di riscossione e, poi, per l'intero residuo importo, 4 della emissione di altra definitiva cartella per tale parte interamente sovrapponibile alla prima e di questa comportante l'implicita revoca. Deve pertanto dichiararsi inammissibile il ricorso iscritto al n. 11423/2010 per sopravvenuto difetto di interesse, restando conseguentemente assorbito l'esame dei motivi che ne erano posti a fondamento. Le spese relative vanno altresì compensate.

2. Venendo quindi al secondo ricorso (n. 25378/2011 R.G.) converrà procedere all'esame dei motivi e dell'anteposta questione - di illegittimità costituzionale raggruppandoli in relazione ai diversi - temi cui essi afferiscono. Il primo di essi attiene ai compensi di riscossione (c.d. aggio), dei quali il contribuente lamenta l'illegittimità sotto vari profili. Al riguardo, come accennato, il contribuente ripropone anzitutto questione già proposta nel giudizio di merito ma disattesa dal - giudice a quo di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 3, d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112 («Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337»), nel testo vigente ratione temporis, come modificato dall'art. 2, comma 3, lett. a), d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, per violazione degli artt. 3, 25, 53 e 97 Cost.;
dubbio prospettato perché la nuova norma, onerando il contribuente sempre e comunque dell'onere di corrispondere l'aggio esattoriale, sia in caso di pagamento tempestivo che di pagamento tardivo, in quest'ultimo caso in misura integrale (così innovando rispetto alla precedente formulazione che poneva l'aggio a carico del debitore soltanto in caso di mancato pagamento entro la scadenza della cartella di pagamento e solo in misura percentuale), introdurrebbe una misura sostanzialmente sanzionatoria o, comunque, una vera e propria

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