Cass. civ., sez. III, sentenza 02/03/2012, n. 3248
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 4
Nel giudizio di legittimità è onere del ricorrente indicare con specificità e completezza quale sia il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata: è pertanto, inammissibile il motivo di ricorso col quale il ricorrente lamenti la violazione di una serie di norme sostanziali "in relazione all'art. 360, primo comma, cod. proc. civ.", senza precisare se intenda censurare la sentenza per motivi attinenti la giurisdizione o la competenza, per violazione di norme di diritto o per nullità del procedimento.
È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione col quale il ricorrente denuncia la "contraddittorietà della motivazione" della sentenza impugnata, senza trascrivere le proposizioni che si assume siano "contraddittorie", ovvero tra loro inconciliabili e tali da elidersi a vicenda.
Ai fini della validità dell'offerta reale, il deposito della somma rifiuta dal creditore, di cui all'art. 1210 cod. civ., può essere eseguito mediante versamento dell'importo dovuto in un libretto al portatore, il quale deve, tuttavia, essere posto nella disponibilità del depositario. Ne consegue che la scelta dell'istituto di credito depositario di consegnare materialmente al debitore detto libretto al portatore, senza vincoli di destinazione delle somme ivi versate, priva di effetto il deposito, ai sensi dell'art. 1213, primo comma, cod. civ., valendo come ritiro dello stesso.
Ai fini della tempestività del pagamento del prezzo nel riscatto agrario, occorre che si avveri la condizione sospensiva del versamento del prezzo di acquisto che, secondo quanto previsto dalla legge 8 gennaio 1979, n. 2, va effettuato nei termini indicati per la prelazione dall'art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, decorrenti dall'adesione del terzo acquirente alla dichiarazione di riscatto oppure, ove sorga contestazione, dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto. Perché si verifichi la predetta condizione sospensiva, nell'ipotesi di rifiuto, ancorché pretestuoso da parte del creditore di accettare l'indicato pagamento, è necessario - in difetto di norme specifiche sul punto - che il retraente effettui, secondo le generali disposizioni civilistiche sulle obbligazioni, il deposito liberatorio della relativa somma, ai sensi dell'art. 1210 cod. civ., dovendo, invece, escludersi una equipollenza tra versamento del prezzo ed offerta non formale di esso, dal momento che l'art. 1220 cod. civ. ricollega alla seria e tempestiva offerta non formale della prestazione il solo venir meno della "mora debendi", mentre la liberazione del debitore, unico evento equivalente al versamento del prezzo, consegue all'accettazione dell'offerta reale ovvero - in caso di mancata accettazione - all'accettazione della somma depositata o, in difetto, all'accertata validità del deposito (art. 1210 cod. civ.).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P R - Presidente -
Dott. P G B - Consigliere -
Dott. F M - rel. Consigliere -
Dott. C G - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 364/2010 proposto da:
PERPIGLIA CARMELO PRPCML43C25A544I, PERPIGLIA FEDELE PRPFDL49E04A544E, in proprio e nella qualità di tutore del fratello P A, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ARENULA 21, presso lo studio dell'avvocato T D, rappresentati e difesi dall'avvocato C E giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
M FRANCESCA MROFNC46T41A544L, ANGHELONE LORENZO NGHLNZ34H28A544S, ANGHELONE ANNUNZIATA NGHNNZ69A41F112L, ANGHELONE CARMELO NGHCML72S09F112H, ANGHELONE SAVERIO NGHSVR32B09A544O, ANGHELONE GIUSEPPE NGHGPP70M30F112N, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SISTINA 121, presso lo studio dell'avvocato P A, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato B M G giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 296/2009 della CORTE D'APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 17/09/2009;R.G.N. 582/2002. udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/01/2012 dal Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO;
udito l'Avvocato ENZO CACCAVARI;
udito gli Avvocati ALBERTO PANUCCIO e MARIA GRAZIA BOTTARI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. POLICASTRO Aldo, che ha concluso per il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 15 luglio 1994 A S, A L, M F, A A, A G e A C hanno convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Reggio Calabria, P G e P P. Premesso che con sentenza 30 giugno 1989 del tribunale di Reggio Calabria - confermata in appello nonché dalla Corte di Cassazione con sentenza 21 maggio 1993 n. 5777 - i convenuti erano stati ammessi al riscatto del fondo acquistato nel 1969 da A L, A S e A D, dante causa di M F, A A, A G e A C, previo versamento del prezzo da parte dei riscattanti nel termine di mesi tre dal passaggio in giudicato della sentenza, ma che tale versamento era - in realtà - mancato, gli attori hanno chiesto fosse dichiarata la decadenza dei convenuti dal relativo diritto. Hanno esposto, al riguardo, gli attori che P G il 28 e 31 luglio 1993 aveva fatto offerta reale della somma di L. 10.500.000 da lui ritenuta corrispondente al prezzo di riscatto e accessori. A tale offerta, rifiutata dai destinatari, aveva fatto seguito il deposito della somma, in data 12 agosto 1993, da parte dell'Ufficiale giudiziario della pretura di Melito P.S. mediante apertura di un libretto di risparmio al portatore presso l'agenzia del Monte dei Paschi di Siena di Melito P.S., intestato agli eredi di A D.
Tale deposito - hanno precisato gli attori - era irrituale e privo di effetti liberatori, sia perché effettuato nei confronti di alcuni soltanto dei creditori (non essendo stato intestato il libretto anche a A L e Saverio), sia perché il libretto, al portatore, era di fatto rimasto nelle mani dello stesso Perpiglia che ne aveva conservato la disponibilità, con conseguente nullità e inefficacia di un tale deposito.
Costituitosi in giudizio unicamente P G lo stesso ha resistito alle avverse domande deducendone la infondatezza e chiedendo, in via principale, il rigetto delle stesse, in via riconvenzionale, che fosse accertata la validità e efficacia dell'offerta reale effettuata e del successivo deposito della somma, con condanna degli attori alle spese e al risarcimento dei danni per lite temeraria.
Nelle more di tale giudizio con citazione 15 dicembre 1994 M F, A A, A G, A C hanno proposto opposizione, avverso il precetto, loro intimato da P G, in forza della sentenza 30 giugno 1989 per il rilascio della quota indivisa di un quarto del fondo oggetto di riscatto.
Hanno invocato gli attori, a fondamento della proposta opposizione, la inefficacia - per i motivi già esposti nel precedente giudizio - del deposito del prezzo dovuto e la conseguente decadenza dal diritto di riscatto, eccependo, altresì, la non eseguibilità del richiesto rilascio in quanto riferito a una quota indivisa del fondo. Riuniti i giudizi e costituitisi in giudizio gli eredi di P G, l'adito tribunale con sentenza 8 febbraio 2002 ha rigettato le domande degli attori nei confronti di P P, convalidato la offerta reale su istanza di P G, rigettato la domanda di inefficacia e nullità del riscatto, proposta dagli attori, dichiarato irregolare il deposito non convalidandolo, accolto la opposizione alla esecuzione, dichiarando ineseguibile il rilascio del bene, compensate tra le parti, le spese del giudizio.
Gravata tale pronunzia in via principale dagli eredi di P G (P F e P C, quest'ultimo anche in qualità di tutore di P A), in via incidentale da A S, A L, M F, A A, A G e A C, la Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza 17 settembre 2009, rigettato l'appello principale ha accolto l'appello incidentale e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza del primo giudice, ha, da un lato, dichiarato inammissibile la domanda di convalida dell'offerta reale, disgiunta dalla convalida, rettamente già negata del susseguente deposito del danaro che ne costituiva oggetto, dall'altro, dichiarato P F, P C e P A, quali eredi di P G, decaduti dal diritto di riscatto esercitato dal loro dante causa in relazione al fondo oggetto di controversia, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Per la cassazione di tale ultima pronunzia, notificata il 9 dicembre 2009, hanno proposto ricorso, affidato a 5 motivi, P F e P C in proprio e quale tutore di P A, con atto 18 dicembre 2009, illustrato da memoria. Resistono con controricorso A S, A L, M F, A A, A G e A C.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata denunziando la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 166 e 333 c.p.c. e art. 343 c.p.c., comma 1, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere dichiarato la inammissibilità
dell'appello incidentale avversario proposto con la comparsa di costituzione depositata all'udienza di comparizione, fissata per il 22 gennaio 2003 e, quindi, successivamente al decorso dei termini di decadenza ex art. 166 cod. proc. civ., atteso che ai sensi dell'art.347 cod. proc. civ., l'appellato può proporre appello incidentale
con la comparsa di costituzione che deve essere depositata almeno venti giorni prima della udienza di comparizione indicata nell'atto di appello.
2. Il motivo non può trovare accoglimento.
A prescindere dal considerare che essendo stata denunziata la violazione di una norma del processo il motivo doveva essere dedotto sotto il profilo di cui all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4 (nullità della sentenza o del procedimento) e non sub art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3 (violazione o falsa applicazione di norme
di diritto) lo stesso non può - comunque - trovare accoglimento tenuto presente che ai fini della disciplina transitoria dettata dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 90 (secondo la quale ai "giudizi pendenti" alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale data), per stabilire se alle cause in corso a detta data trovi applicazione tale disposizione o il nuovo regime processuale introdotto dalla stessa legge, si deve far riferimento alla data di introduzione del giudizio di merito, solitamente coincidente con quella di notificazione della citazione davanti al giudice di primo grado.
Deriva da quanto precede, pertanto, che, in una controversia iniziata, in primo grado, anteriormente al 30 aprile 1995, l'appello incidentale si propone secondo la disciplina di cui all'art. 343 cod. proc. civ., comma 1, nella formulazione previgente e cioè nella
prima comparsa o, in mancanza di costituzione in cancelleria, nella prima udienza o in quella prevista negli artt. 331 e 332 cod. proc. civ. (in termini, ad esempio, Cass. 18 febbraio 2011, n. 4005;Cass.16 maggio 2007, n. 11301;Cass. 9 settembre 2003, n. 13147).
Pacifico quanto precede, non controverso che nella specie il presente giudizio è stato promosso, in primo grado, con atto notificato il 15 luglio 1994 (e, quindi, anteriormente al 30 aprile 1995) è palese la ritualità dell'appello incidentale proposto dagli Anghelone mediante comparsa di costituzione depositata alla udienza di comparizione.
Palesemente irrilevante al fine del decidere - e di pervenire a una diversa soluzione della lite - è, al riguardo, quanto si invoca da parte dei ricorrenti nella memoria di cui all'art. 378 cod. proc. civ.. Recita l'art. 302 cod. proc. civ., che nei casi previsti negli articoli precedenti e, quindi, anche, nella eventualità di morte o perdita della capacità della parte costituita, a norma dell'art. 300 cod. proc. civ. la costituzione per proseguire il processo può
avvenire ...
È di palmare evidenza, pertanto, che in caso di decesso di una delle parti originarie del processo e di costituzione in questo dei suoi aventi causa - in termini opposti rispetto a quanto si invoca nella sopra richiamata memoria - non si instaura un nuovo rapporto processuale, ulteriore e distinto, rispetto al precedente ma è quest'ultimo che prosegue.
Con l'ulteriore conseguenza, pertanto, che a norma della L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 90, il presente giudizio - instaurato in
primo grado in epoca anteriore al 30 aprile 1995 - è soggetto, come anticipato sopra, alle disposizioni vigenti anteriormente alla detta data del 30 aprile 1995 ancorché successivamente a questa, a seguito della morte di una delle parti in causa, il rapporto processuale sia stato proseguito dagli eredi di queste.