Cass. pen., sez. V, sentenza 03/03/2022, n. 07775

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 03/03/2022, n. 07775
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 07775
Data del deposito : 3 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: M L, nato a Busto Arsizio, il 12/11/1965;
avverso la sentenza del 17/02/2021 della Corte d'appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. L P;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. N L, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udita per la parte civile l'avv. R B, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l'imputato l'avv. M C, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Milano ha confermato la condanna, anche agli effetti civili, di M L per i reati, avvinti dal vincolo della continuazione, di accesso abusivo ad un sistema informatico, commesso nella qualità di addetto alle vendite e alla commercializzazione dei tessuti della società BWF FTI s.p.a. e di rivelazione di segreto professionale ai danni della predetta società. Il primo delitto è aggravato dall'aver abusato l'imputato della propria qualità di operatore del sistema e dal nesso teleologico con altro reato, circostanza riconosciuta già in primo equivalente alle riconosciute attenuanti generiche. In particolare l'imputato si introduceva abusivamente nel sistema informatico aziendale in epoca prossima al termine del suo rapporto di lavoro con la suddetta società attraverso un'utenza di amministratore di sistema, una volta venuto a conoscenza delle relative credenziali di accesso, destinate altrimenti a rimanere segrete per espressa direttiva aziendale. Effettuato l'accesso, il M copiava su supporti informatici esterni diversi dati salvati sul server aziendale, in violazione di espresso divieto in tal senso. Successivamente, una volta cessato il rapporto di lavoro alle dipendenze della BWF FTI s.p.a., avendo in precedenza legittimamente acquisito l'elenco dei clienti e delle relative offerte della predetta società, divulgava illecitamente tali informazioni alla società concorrente presso cui era stato nel frattempo assunto.

2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato, articolando quattro motivi.

2.1 Con il primo motivo il ricorrente eccepisce vizi di motivazione e travisamento del fatto in ordine al reato di accesso abusivo ad un sistema informatico. Nell'atto di appello era stata denunciata la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. In particolare, nel capo d'imputazione si faceva riferimento all'accesso abusivo effettuato mediante un profilo utente riservato all'amministratore del sistema informatico, l'unico dal quale si sarebbe potuto accedere a taluni dati oggetto di copia da parte dell'imputato e delle cui credenziali quest'ultimo si sarebbe impossessato illecitamente. Tuttavia il giudice di primo grado procedeva ad una ricostruzione storica diversa sulla base delle risultanze emerse nel corso del dibattimento. L'imputato veniva infatti condannato per aver effettuato, in un primo momento, l'accesso abusivo dal proprio profilo utente, da cui sarebbe stato comunque possibile prendere visione di tutti i dati salvati sul sistema informatico aziendale e per aver successivamente effettuato l'accesso, dallo stesso terminale, con le credenziali dell'amministratore di sistema nel tentativo di cancellare le tracce della precedente attività illecita. Nel rigettare le critiche mosse in sede d'impugnazione, i giudici d'appello hanno nuovamente stravolto la ricostruzione storica della vicenda oggetto del procedimento, travisando le risultanze processuali che erano state valorizzate in primo grado. Anzitutto veniva confutata l'affermazione in merito alla possibilità di accedere ai dati sensibili oggetto di copia dal profilo dell'imputato. In secondo luogo veniva riaffermato, coerentemente al capo di imputazione, che il ricorrente avesse operato l'accesso abusivo utilizzando le credenziali dell'amministratore di sistema. Tale ragionamento, tuttavia, non si confronterebbe con la relazione svolta dal consulente di parte civile, nella quale si afferma inequivocabilmente che l'accesso abusivo e la copia dei dati siano stati effettuati dall'utenza in dotazione all'imputato e non da quella dell'amministratore di sistema.

2.2 Con il secondo ed il terzo motivo la difesa eccepisce vizi della motivazione, travisamento del fatto ed erronea applicazione della legge penale in ordine alla ritenuta responsabilità per il delitto di rivelazione di segreto professionale. Anzitutto si evidenzia l'incongruità tra la motivazione del giudice di primo grado, reiterata dal giudice d'appello, e la condanna in ordine a tale reato. I giudici del merito, pur ammettendo un residuo ragionevole dubbio in merito a come il M sia venuto a conoscenza delle proposte contrattuali presentate dalla BWF FTI s.p.a. ai clienti da egli contattati, condannavano il ricorrente per aver asseritamente divulgato tali informazioni. Non solo non si sarebbe fornita prova certa di tale necessario antecedente logico della rivelazione di segreto, ma tale circostanza sarebbe inoltre sconfessata dalla testimonianza di B C, dipendente della società. Dalla deposizione del medesimo si evincerebbe infatti che i tre clienti contattati dall'imputato sono stati effettivamente destinatari di una proposta contrattuale da parte della BWF FTI s.p.a., ma solo in un momento successivo alla cessazione del rapporto di lavoro dell'imputato presso la società. Periodo in cui quest'ultimo non avrebbe avuto modo di accedere al sistema informatico aziendale. Infine, il ricorrente contesta la sussistenza del carattere della segretezza delle informazioni asseritamente divulgate ai concorrenti della BWF FTI s.p.a.;
l'oggetto delle comunicazioni inviate ai potenziali clienti sarebbero esclusivamente lettere di presentazione, cui hanno fatto seguito, da parte delle società contattate, richieste di invio di una proposta commerciale, trattandosi dunque di una mera pratica commerciale, neppure integrante illecito civile, atteso che il ricorrente non era vincolato da alcun patto di non concorrenza.
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