Cass. civ., SS.UU., sentenza 01/09/1999, n. 616
Sentenza
1 settembre 1999
Sentenza
1 settembre 1999
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Massime • 1
Ai fini dell'applicabilità dell'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, la qualità di coltivatore diretto - rispetto alla quale manca nell'ordinamento una nozione generale applicabile ad ogni fine di legge - deve essere desunta dal combinato disposto degli artt. 2 legge n. 1047 del 1957, 2 e 3 legge n. 9 del 1963, con la conseguenza che, per il suo riconoscimento, è necessario e sufficiente il concorso dei seguenti requisiti: a) diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o diretto e abituale governo del bestiame, sussistenti allorché l'interessato si dedichi in modo esclusivo a tali attività, o anche in modo soltanto prevalente, cioè tale che le attività stesse lo impegnino per la maggior parte dell'anno e costituiscono per lui la maggior fonte di reddito; b) prestazione lavorativa del nucleo familiare non inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l'allevamento e il governo del bestiame, nonché fabbisogno di manodopera per lo svolgimento delle suddette attività non inferiore a centoquattro giornate lavorative annue; non è pertanto richiesto il carattere imprenditoriale dell'attività, con la destinazione, anche parziale, dei prodotti del fondo al mercato, essendo invece sufficiente che tali prodotti siano destinati direttamente al sostentamento del coltivatore e della sua famiglia, sempre che sussistano tutti i requisiti sopra indicati.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Francesco FAVARA - Primo Presidente F. F. -
Dott. Francesco AMIRANTE - Presidente di Sezione -
Dott. Massimo GENGHINI - Consigliere -
Dott. Alfio FINOCCHIARO - Consigliere -
Dott. Giovanni PRESTIPINO - Consigliere -
Dott. Erminio RAVAGNANI - Consigliere -
Dott. Roberto PREDEN - Consigliere -
Dott. Francesco SABATINI - Consigliere -
Dott. Stefanomaria EVANGELISTA - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
MA ME, elettivamente domiciliata in ROMA VIA LUCREZIO CARO 12, presso lo studio dell'avvocato ENRICO DANTE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato SERGIO ROMANELLI, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA SOCIALE - I.N.P.S., in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati GIOVANNI MULAS, DOMENICO PONTURO, giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 211/97 del Tribunale di LA SPEZIA, depositata il 05/08/97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/05/99 dal Consigliere Dott. Stefanomaria EVANGELISTA;
udito l'Avvocato Domenico PONTURO, per il controricorrente;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. Giovanni LO CASCIO che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo
Con ricorso al Pretore della Spezia, la sig.ra ER MA, dolendosi di essere stata cancellata dagli elenchi dei coltivatori diretti presso lo S.C.A.U., conveniva in giudizio l'I.N.P.S. e lo stesso S.C.A.U., chiedendo il riconoscimento del diritto di percepire la pensione di invalidità, inutilmente richiesta in sede amministrativa.
Il pretore, in contraddittorio con i convenuti, accoglieva la domanda, ma la sua decisone veniva riformata dal locale tribunale, con sentenza depositata in cancelleria il 5 agosto 1997, a conclusione del procedimento riassunto a seguito di interruzione disposta per effetto dell'estinzione dello S.C.A.U., medio tempore intervenuta, con passaggio all'I.N.P.S. delle relative funzioni. La riforma veniva affidata alla considerazione che le risultanze istruttorie dimostravano come l'interessata si dedicasse alla coltivazione dei campi solo per i bisogni propri e della propria famiglia senza riguardo alla copertura dei costi per mezzo dei ricavi e quindi senza alcun criterio di economicità. Difettava, pertanto, il carattere imprenditoriale dell'attività considerata, come si desumeva dalla determinante circostanza che il prodotto della coltivazione non era, neppure in minima parte, destinato al mercato, ma soltanto al diretto consumo della coltivatrice e dei suoi familiari. Di conseguenza dovevano ritenersi inesistenti le condizioni di legge per l'insorgenza dell'obbligo assicurativo. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso la MA, deducendo un unico motivo di impugnazione, poi illustrato con memoria. Resiste l'I.N.P.S. con controricorso. Il ricorso è stato assegnato alle Sezioni unite per la risoluzione del contrasto insorto nella giurisprudenza della Sezione lavoro, in ordine all'identificazione delle condizioni di legge per la tutela previdenziale dei coltivatori diretti.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della legge 9 gennaio 1963 e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché vizi di motivazione, in base all'assunto che le condizioni per l'assicurabilità dei coltivatori diretti, quali risultano dalla norma richiamata, non comprendono affatto la natura imprenditoriale dell'attività di questi ultimi, nè tampoco la destinazione, almeno parziale, del prodotto al mercato.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Come riferito in parte narrativa, la questione dell'identificazione delle condizioni per l'insorgenza dell'obbligo assicurativo nei confronti dei coltivatori diretti è stata oggetto di contrastanti soluzioni nella giurisprudenza della Sezione lavoro della Corte, essendosi ora ritenuto che nel novero di tali condizioni rientri anche la destinazione, almeno parziale, del prodotto agricolo al mercato, coerentemente con la connotazione di "piccolo imprenditore", riconoscibile nella suddetta categoria di lavoratori autonomi (cfr. sent. 3 novembre 1992, n. 11915);
ora, e più di recente, affermato che la sussistenza di quell'obbligo non può essere esclusa in base alla sola circostanza che la produzione venga utilizzata esclusivamente e direttamente dal coltivatore e dai suoi familiari, senza alcuna destinazione allo scambio (v., da ultima e per tutte, sent. 6 luglio 1998, n. 6566). È avviso delle Sezioni unite che debba essere preferito l'orientamento espresso dalla più recente giurisprudenza della Sezione lavoro.
L'art. 2082 cod. civ. definisce l'imprenditore come colui che esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi.
Il codice, poi, ha tenuto conto della circostanza che la piccola impresa, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista sociale, ha una posizione profondamente diversa da quella della grande e della media impresa ed ha quindi espressamente riconosciuto la peculiare figura del piccolo imprenditore, dettandone uno statuto speciale (esenzione dall'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese: art. 2202;
esenzione dall'obbligo di tenere le scritture contabili: art. 2214;
ammissione dello scambio di mano d'opera e di servizi fra piccoli imprenditori agricoli: art. 2139;
esenzione dalle procedure del fallimento e del concordato preventivo), ed individuandone il tratto distintivo secondo il criterio per cui piccolo imprenditore deve essere ritenuto, qualunque sia la natura della sua attività economica, colui che esercita un'attività professionale organizzata prevalentemente coi lavoro proprio e dei componenti della famiglia (art. 2082).
È questione molto dibattuta se la qualifica di imprenditore, con la disciplina ad essa inerente, debba essere riconosciuta soltanto quando l'attività economica sia destinata a soddisfare i bisogni altrui o commenda anche quelle forme di attività rivolte al conseguimento di un prodotto, non destinato allo scambio, bensì ad essere consumato nell'ambito della stessa impresa. Ed è evidente che, qualunque soluzione si dia al problema, essa non può non riguardare anche il piccolo imprenditore: quest'ultima figura professionale, costituendo pur sempre una specie del genere "imprenditore" e rinvenendo la specialità connessa al suo predicato soltanto nella prevalente rilevanza dell'impegno lavorativo personale, vale a dire in un requisito strutturale, che non attiene alla destinazione della produzione, deve risultare, in qualche misura, sia pur essa attenuata in coerenza con la peculiarità della figura stessa, partecipe di quelle caratteristiche che identificano il genere di appartenenza.
Ma quale che sia quella soluzione, essa non è destinata ad influire sull'identificazione dei requisiti necessari all'estensione delle assicurazioni sociali al coltivatore diretto. In altre parole, anche ove si ammetta che è