Cass. civ., sez. V trib., sentenza 22/03/2023, n. 8247
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Testo completo
L'Agenzia delle entrate notificò a A.A. tre avvisi di accertamento con i quali rettificava, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis i redditi del predetto per gli anni 2006, 2007 e 2008.
I rilievi scaturivano dall'essere il contribuente socio al 50% della società DEK Srl , destinataria di altrettanti avvisi conseguenti all'accertamento di componenti passive di reddito inesistenti;
da tanto, infatti, era a lui derivata l'attribuzione di dividendi occulti pro quota.
La notifica degli atti impositivi non consentì il perfezionamento del procedimento di adesione mediante dichiarazione riservata delle attività emerse, previsto dal D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 13-bis conv. in L. n. 102 del 2009 (cd. scudo fiscale), che il A.A. aveva presentato il 29 aprile 2010 in relazione agli anni 2006 e 2007.
2. Gli avvisi furono impugnati dal contribuente innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano, la quale, riuniti i ricorsi, li respinse.
La sentenza di primo grado, appellata dal contribuente, fu parzialmente riformata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia.
In particolare, e per quanto in questa sede ancora di interesse, i giudici d'appello ritennero:
(a) che gli atti impositivi non fossero illegittimi per mancato espletamento del contraddittorio preventivo con il contribuente, in mancanza di previsione normativa in tal senso, posto che gli stessi non arrecavano un pregiudizio grave e riguardavano circostanze al medesimo già note;
(b) che sussistessero i requisiti previsti dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37 conv. nella L. n. 248 del 2006 per il raddoppio dei termini relativi alla notifica dell'atto impositivo;
(c) che gli atti non fossero nulli per vizio di costituzione degli organi erariali, in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015, non potendosi estendere gli effetti di tale dictum ai rapporti ormai esauriti, quale quello in questione;
(d) che gli avvisi fossero stati correttamente notificati;
in tal senso, essendo stata acquisita la relativa prova nel corso del giudizio di primo grado, per effetto dell'ordine di produzione rivolto dalla C.T.P. all'Agenzia delle entrate, dopo che quest'ultima aveva prodotto al riguardo documentazione incompleta;
(e) quanto al merito della pretesa, che il solo utile attribuibile al A.A. fosse quello accertato come extrabilancio;
(f) che il contribuente non potesse invocare a proprio vantaggio l'applicazione dello scudo fiscale, poichè il D.L. 25 settembre 2001, n. 350, art. 14, comma 7 , conv. nella L. n. 409 del 2001 , esclude gli effetti preclusivi dello scudo nei confronti di attività di accertamento tributario già iniziate e delle quali l'interessato abbia avuto formale conoscenza, ipotesi che ritennero sussistente nel caso di specie;
inoltre, lo scudo fiscale trova applicazione per i capitali esportati illecitamente fino al 31.12.2008 e, a fronte della contestazione opposta dall'Ufficio, il contribuente non aveva dimostrato che il capitale "scudato" era già presente all'estero prima di tale data.
3. La sentenza d'appello è impugnata dal contribuente con ricorso per cassazione affidato a sette motivi, illustrati da successiva memoria. L'Amministrazione resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. I primi tre motivi di ricorso concernono il tema del possibile effetto preclusivo, rispetto agli accertamenti oggetto di contenzioso, dello scudo fiscale presentato dal contribuente. Essi possono, pertanto, essere scrutinati congiuntamente.
1.1. Con il primo motivo, denunziando violazione del D.L. n. 350 del 2001, art. 14, comma 7 , del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 41-bis il ricorrente osserva in premessa che, in caso di presentazione dello scudo fiscale, la regola è costituita dalla preclusione ad accertamenti ulteriori.
Ad essa, infatti, può farsi eccezione solo ove ricorra una delle ipotesi di cui alla prima delle disposizioni evocate, da intendersi di stretta interpretazione;
ma nessuna di tali ipotesi ricorrerebbe nella specie, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici d'appello.
Ed infatti, la circostanza ch'egli fosse stato invitato a comparire e rendere dichiarazioni come persona informata sui fatti innanzi alla Guardia di Finanza atteneva ad attività di indagine condotte nel contesto del procedimento penale avviato nei confronti della società DEK, riferito ad anni di imposta diversi da quelli oggetto della presentazione, che non comportava alcuna "comunicazione formale" di atto ostativo e si collocava in una fase temporale anteriore all'esercizio dell'azione penale e priva di ricadute sul piano puramente tributario;
pertanto, e complessivamente, non ricorrevano le condizioni