Cass. pen., sez. V, sentenza 09/06/2020, n. 17604
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DICUONZO GIUSEPPE nato a TORINO il 21/05/1970 avverso la sentenza del 23/01/2018 della CORTE APPELLO di TORINOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere G M;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 23 gennaio 2018, la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Asti, ha rideterminato la pena irrogata a G D per il reato di furto aggravato ex artt. 624 e 625, comma uno, n. 7 cod. pen., per aver sottratto, impossessandosene, un velocipede alla persona offesa C A, che lo deteneva parcheggiato sulla pubblica via. 2. Avverso la pronuncia citata l'imputato, per mezzo del proprio difensore, propone ricorso, articolato in tre motivi, qui di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono vizi motivazionali in relazione alla ritenuta sussistenza della aggravante di cui all'art. 625, comma uno, n. 7 cod. pen.In particolare, il ricorrente si duole del fatto la Corte territoriale abbia riconosciuto l'aggravante, mutandone però il "titolo": invero, il giudice di primo grado aveva ritenuto che il velocipede rubato fosse esposto per "consuetudine" alla pubblica fede;la Corte territoriale, invece, in mancanza di specificazione nel capo di imputazione, ha ritenuto che l'esposizione alla pubblica fede fosse determinata da "necessità". 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione di legge sempre in relazione all'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 625, comma uno, n. 7 cod. pen. Il ricorrente sostiene che non possa parlarsi di esposizione a pubblica fede per "necessità" quando — come nella specie- il proprietario del bene continui a vigilare sul bene, potendo, conseguentemente, intervenire per impedirne il furto. 2.3. Con il terzo motivo si denunzia violazione di legge. Il ricorrente sostiene che, laddove non si riconosca l'insussistenza dell'aggravante, la condotta debba essere riqualificata in forma di tentativo ex art. 56 cod. pen., in ragione del fatto che il proprietario ha continuato ad esercitare il controllo sulla res. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è inammissibile. 1. Manifestamente infondato è il primo motivo. E' corretto il richiamo fatto dalla Corte territoriale alla condivisibile giurisprudenza secondo la quale, in tema di reati contro il patrimonio, sussiste l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7 cod. pen. - "sub specie" di esposizione per necessità alla pubblica fede - nel caso in cui si verifichi il furto di una bicicletta parcheggiata sulla pubblica via, la quale deve intendersi esposta, per necessità e non già per consuetudine, alla pubblica fede quando il detentore la parcheggi per una sosta momentanea lungo la strada (Sez. 4, n. 16022 del 20/12/2018, Tanzi Pier Carlo, Rv. 27557801;Sez. 4, n. 4200 del 20/10/2016, Ribaga, Rv. 26912801;Sez. 5, n. 3196 del 28/09/2012, De Santis, Rv. 25438101;in senso difforme Sez. 4, n. 9401 del 25/01/2017, P.G. in proc. Ciora e altro, Rv. 26935501;Sez. 4, n. 38532 del 22/09/2010, Catone, Rv. 24883601;Sez. 5, n. 8450 del 17/01/2006, P.G. in proc. Smopech, Rv. 23376501). Il suddetto richiamo non ha comportato in alcun modo la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, dovendosi così interpretare l'assunto difensivo secondo il quale vi sarebbe stato un mutamento del "titolo" dell'aggravante correttamente contestata nella specie. Invero, nel capo di imputazione, oltre alla indicazione della norma di cui all'art. 625, comma uno, n. 7 cod. pen., v'è specifica contestazione "di aver commesso il fatto su cosa esposta alla pubblica fede". Va in proposito ricordato che per la corretta contestazione di un'aggravante ciò che rileva è la compiuta descrizione del fatto e non l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati (Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, F e altri, Rv. 21643001), per cui l'imputazione deve necessariamente contenere una enunciazione letterale della fattispecie circostanziale, riportando in maniera sufficientemente chiara e precisa gli elementi di fatto che integrano la norma violata, così da assicurare all'imputato di averne piena cognizione e di espletare adeguatamente la, propria difesa (Sez. 1, n. 51260 del 08/02/2017, Archinito, Rv. 271261;Sez. 6, n. 4461 del 15/12/2016, Quaranta, Rv. 269615;Sez. 2, n. 14651 del 10/01/2013, Chatbi, Rv. 255793;Sez. 6, n. 40283 del 28/09/2012, Diaji, Rv. 253776;Sez. 5, n. 38588 del 16/09/2008, Fornaro, Rv. 242027). La precisazione degli elementi fattuali costitutivi dell'aggravante è dunque necessaria condizione perché la contestazione possa essere ritenuta valida, in una prospettiva sostanzialistica fondata sulla concreta possibilità per l'imputato di difendersi sull'oggetto dell'addebito. E le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051) da tempo hanno precisato che per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa;ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'"iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione. Tali principi sono ancora più pregnanti nel caso di circostanze aggravanti le cui fattispecie, secondo la previsione normativa, non si esauriscono in comportamenti descritti nella loro materialità ma implicano -come nella specie- anche una componente valutativa, <non potendosi pertanto ravvisare una valida contestazione della circostanza aggravante nella mera prospettazione in fatto degli elementi materiali della relativa fattispecie>> (così in motivazione Sez. U, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge Annalisa, Rv. 27543601). O, come si è già detto, nella specie il capo di imputazione è esaustivo in ordine alla contestazione dell'aggravante e, come si dirà anche più avanti, il fatto, come ricostruito sulla base delle risultanze processuali, è inequivocamente caratterizzato dall'aggravante della esposizione alla pubblica fede per necessità del bene rubato.
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