Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 08/08/2005, n. 16651
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R E - Presidente -
Dott. L A - rel. Consigliere -
Dott. F C - Consigliere -
Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere -
Dott. D C V - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C L, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CALABRIA 56, presso lo studio dell'avvocato D'A A, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
CONFEDINDUSTRIA-CONFEDERAZIONE GENERALE DELL'INDUSTRIA ITALIANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA L. G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato M A, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 10643/02 del Tribunale di ROMA, depositata il 21/03/02 R.G.N. 110457/99;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 13/06/05 dal Consigliere Dott. A L;
udito l'Avvocato TRIBULATO per delega D'AMATO;
udito l'Avvocato MARESCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F O che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO D PESSO
Con ricorso al Pretore di Roma in data 1^ giugno 1996, Luisa C deduceva di avere maturato, quale dipendente della Confindustria e in base al regolamento aziendale di previdenza, il diritto a percepire una pensione integrativa dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, invece negatale dalla Confindustria, la quale aveva unilateralmente abrogato il predetto regolamento con delibera del 10 gennaio 1983, sull'assunto che si trattava di un trattamento non più consentito ai sensi dell'art. 4 della legge 29 maggio 1982 n. 297. Tanto premesso, chiedeva che, accertato il suo diritto a quella pensione integrativa, la Confindustria fosse condannata al pagamento in suo favore del c.d. capitale di copertura, secondo la facoltà prevista dall'art. 8 del regolamento citato, e, in via subordinata, della somma di lire 58.000.000, in 4 precedenza offerta dalla Confindustria a tutti i dipendenti collocati a riposo. Nella resistenza della convenuta, il Pretore rigettava la domanda con Q pronuncia del 17 novembre/10 dicembre 1998, confermata dal Tribunale della stessa sede con sentenza del 21 marzo 2002. Nel disattendere l'impugnazione della soccombente, il giudice del gravame rilevava, quanto alla dedotta inefficacia dell'abrogazione a incidere sul rapporto contrattuale, che la Confindustria si era limitata a prendere atto come, per effetto della citata legge n. 297 del 1982, era venuta meno la precedente disciplina del regolamento di
previdenza. Affermava quindi che il trattamento in questione ricadeva sotto il divieto della legge richiamata, dato il suo evidente carattere sostitutivo dell'indennità di anzianità, risultante dall'art. 24 del regolamento, ove era stabilito che quel trattamento di previdenza "assorb(iva) e sostituiva) ... l'indennità di anzianità": questa natura era stata riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità al suindicato trattamento in una precedente controversia tra altro ex dipendente della Confindustria e il medesimo organismo. Aggiungeva, con riferimento alla richiesta avanzata in via subordinata, che la C non aveva fornito alcuna prova circa l'offerta datoriale del versamento della somma di lire 58.000.000 ai dipendenti che man mano venivano collocati in pensione. Per la cassazione della sentenza la C ha proposto ricorso con tre motivi, poi illustrati con memoria.
L'altra parte ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione o errata applicazione dell'art. 2120 cod. civ. e art. 4 legge 29 maggio 1982 n. 297. Deduce che la
prescrizione eccepita dalla Confindustria è stata ripetutamente interrotta, e poi che il regolamento non poteva essere unilateralmente revocato dalla Confindustria. Critica la sentenza impugnata per avere attribuito alle prestazioni economiche previste dal regolamento di previdenza la stessa natura dell'indennità di anzianità, costituendo invece esse una pensione: la sentenza non ha considerato la connotazione dell'aleatorietà, che riguarda non solo il sorgere del diritto, ma anche il suo godimento, collegato all'esistenza in vita del beneficiario, e la misura dell'integratone, in quanto questa viene a ridursi in caso di aumento del trattamento base. Nè sulla natura della erogazione può incidere la facoltà concessa all'interessato di richiedere in luogo del vitalizio il pagamento del capitale di copertura.
Il secondo motivo denuncia violazione o errata applicazione degli artt. 2120 e 2123 cod. civ. e degli artt. 4 e ss. legge 29 maggio 1982 n. 297. Sostiene che l'assorbimento, previsto dall'art. 10 del regolamento, da parte del trattamento in questione della indennità di anzianità, nei limiti di questa, non incide sulla sua natura, avendo titolo autonomo rispetto all'indennità di anzianità - un atto unilaterale dell'imprenditore o un contratto collettivo - per cui ad esso non possono essere estesi gli effetti della legge n. 297 del 1982, e del resto l'importo della pensione integrativa (e del relativo capitale di copertura) è calcolato secondo parametri diversi dall'indennità di anzianità.
I due suesposti motivi, che vanno congiuntamente trattati per la connessione delle argomentazioni svolte a loro sostegno, sono infondati.
Innanzitutto, si deve osservare che le argomentazioni concernenti la avvenuta interruzione della prescrizione in ordine al diritto dedotto dalla ricorrente non sono conferenti, non contenendo la sentenza impugnata nessuna statuizione sulla prescrizione. Inammissibili sono pure le critiche relative alla interpretazione e qualificazione della deliberazione aziendale del 10 novembre 1983, che, ad avviso della ricorrente, varrebbe ad integrare revoca unilaterale del regolamento di previdenza, invece che atto di "mera ricognizione", come definito dalla sentenza impugnata, proveniente dalla Confindustria della modifica legislativa introdotta dalla legge n. 297 del 1982. Infatti, la risoluzione della questione se con tale
atto la Confindustria intendesse manifestare una volontà di revoca del regolamento di previdenza non è decisiva, in quanto ciò che è determinante è l'apprezzamento compiuto sul trattamento in questione, se cioè avente natura di indennità di anzianità, come tale ricadente nella disciplina di cui alla legge 29 maggio 1982 n. 297 - per cui esso era venuto meno, come ha sottolineato in seguito
la sentenza impugnata, non per volontà della Confindustria, ma direttamente per effetto delle disposizioni della citata legge - o si tratta di indennità con natura e funzioni diverse, le quali a norma dell'art. 4, comma quinto, della citata legge restano salve. Tale valutazione, in quanto involgente l'interpretazione della disciplina regolamentare, costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr. fra le tante, le sentenze 12 febbraio 2004 n. 2729, 26 febbraio 2002 n. 2864, 29 settembre 2000 n. 12913, 1^ agosto 1998 n. 7546, 29 novembre 1996 n. 10681, 2 aprile 1992 n. 4038). Qui il Tribunale ha concluso che le prestazioni per cui è causa ricadono nella disciplina dell'art. 4 della legge n. 297 del 1982, avendo esse la medesima natura e funzione della indennità di anzianità. Il giudizio espresso in proposito si basa essenzialmente sul rilievo che la pensione integrativa non rappresenta nient'altro che l'investimento in forma del c.d. capitale di copertura, secondo quanto previsto dall'art. 8 del regolamento per il trattamento di previdenza del 20 dicembre 1950. A riscontro di siffatto convincimento il predetto giudice ha poi richiamato la disposizione dell'art. 24 del regolamento, la quale stabiliva che il trattamento di previdenza "assorbe e sostituisce ... l'indennità di anzianità". E proprio con riferimento al trattamento previsto dal regolamento previdenziale del personale della Confindustria, questa Corte ha confermato la decisione del giudice di merito che aveva attribuito funzione e natura di indennità di anzianità al capitale di copertura versato per la costituzione di una pensione integrativa, considerando, fra l'altro, la facoltà specificamente prevista per i dipendenti di esigere all'atto della cessazione del rapporto, in luogo della prestazione pensionistica, la diretta corresponsione del predetto capitale accantonato (cfr. Cass. 20 novembre 2001 n. 14599, e in precedenza, sempre per il regolamento di previdenza per il personale della Confindustria e nello stesso senso, Cass. 29 giugno 1985 n. 3912). Le argomentazioni che oggi la ricorrente svolge a sostegno delle censure ripetono quelle già esaminate e confutate da questa Corte nella citata sentenza 14599/01, richiamata dalla pronuncia qui impugnata ed a cui il Collegio deve riportarsi, non essendo stati prospettati ulteriori e diverse deduzioni.
Il terzo motivo di ricorso, nel denunciare violazione o errata applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata in ordine alla mancanza di prove dell'offerta fatta dalla Confindustria della somma di lire 58.000.000 in sostituzione di quanto previsto dal regolamento di previdenza abrogato, non avendo essa tenuto conto della delibera di giunta 14 novembre 1993 n. 194, da cui sarebbe risultato che quella somma era dovuta a tutti i dipendenti della Confindustria e che perciò non integrava una concessione datoriale. Neppure questa doglianza può essere accolta. Si deve infatti osservare che oltre alla mancata specificazione dei canoni ermeneutica che si assumono violati, nel lamentare che il Tribunale non ha tenuto conto della delibera indicata, sulla quale era basata l'obbligazione dedotta, non ha adempiuto all'onere di riportare il suo contenuto almeno nelle sue parti essenziali, così come richiede la costante giurisprudenza di questa Corte per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione (cfr. fra le ultime: Cass. 21 aprile 2005 n. 8296, Cass. 10 agosto 2004 n. 15412, Cass. 21
maggio 2004 n. 9711). Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.