Cass. civ., sez. II, sentenza 29/10/2008, n. 26002

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Massime1

L'art. 1 della legge n. 192 del 2000 - che ha modificato l'art. 13 della legge n. 127 del 1997 disponendo, tra l'altro, l'abrogazione dell'art. 600 cod. civ. con effetto retroattivo - manifestamente non si pone in contrasto con l'art. 42, quarto comma, Cost., in quanto la finalità della norma risiede nell'abrogare la disposizione che prevedeva la necessità del previo riconoscimento dell'ente per la valida accettazione, da parte di quest'ultimo, di una determinata eredità, sicché non esiste alcun contrasto con l'invocato parametro costituzionale, il quale demanda alla legge ordinaria proprio la regolamentazione dei limiti della successione legittima e testamentaria; né è ravvisabile un contrasto con il principio di non retroattività della legge che è derogabile da norme ordinarie, salvo il limite delle norme penali e dell'intangibilità dei diritti soggettivi garantiti dall'ordinamento costituzionale.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 29/10/2008, n. 26002
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26002
Data del deposito : 29 ottobre 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

26002/08 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Oggetto ACCETTATIUNE EREDIIA SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: -AUTORIZIATIONE Presidente R.G.N. 8880/04 Dott. A E Consigliere Cron. 26002 Dott. Roberto Michele TRIOLA

SCHERILLO

Consigliere Rep. 7067 Dott. Giovanna

MAZZACANE

Rel. Consigliere Ud. 20/06/08 Dott. Vincenzo Consigliere Dott. C D C ha pronunciato la seguente SE N TE NZA sul ricorso proposto da: BERLOCO COSMO D, elettivamente domiciliato in

CIRCONVALLAZIONE

821 presso lo studio CLODIA ROMA dell'avvocato S P, che 10 difende, giusta delega in atti; - ricorrente contro CAPRANICA, in persona del Rettore A C legale rappresentante pro tempore Mons. ERMENELGILDO MANICARDI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ADDA T B B, 107- 55, presso lo studio dell'avvocato E D P, che 10 difende con procura notarile del notaio PAOLO 2008 1194 FARINARO in Roma, rep.208297 del 13/10/2006; −1- - controricorrente nonchè contro N G, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

DELLE MILIZIE

11/A, presso lo studio dell'avvocato D D, che lo difende, giusta delega in atti; - controricorrente nonchè contro BERLOCO DESIDERATA, BERLOCO MARIA FRANCESCA DETTA MONICA, BERLOCO CRISTIANO, SCANU ROSINA, EREDITA' GIACENTE BERLOCO ANTONIO, LUZZI GIUSEPPE, LUZZI MARIO, LUZZI ANTONIO, DE MICHELE CLOTILDE, LUZZI ROCCO; intimati avverso la sentenza n. 857/03 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 20/02/03; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/06/08 dal Consigliere Dott. Vincenzo MAZZACANE; udito l'Avvocato

PENNISI

Sebastiano, difensore del ricorrente che ha chiesto accoglimento del ricorso; udito 1'Avvocato DEL PRATO, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del gravame; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo MARINELLI che ha concluso per l'accoglimento del 1° motivo per quanto di ragione di ricorso, assorbito il resto. -2- SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il 23.5.1985 Cosmo Damiano B, G MariaB, Francesca B, Desiderata B, C B, R Luzzi, G Luzzi, M Luzzi ed A L convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma e l'eredità giacente di 1 'Almo Collegio Capranica chiedendo dichiararsi la M A B nullità art.ex 591 C.C. del testamento olografo redatto il 13.5.1984 dal suddetto Monsignore e pubblicato il 25.7.1984 con il quale il testatore aveva istituito unico erede l'Almo Collegio Capranica ed favore di Guido Nonnis aveva disposto un legato a e Rosina Scanu. Gli attori nella qualità di eredi legittimi del defunto assumevano che quest'ultimo il 12.8.1975, a seguito di riportato gravi traumi un incidente stradale, aveva anche alla testa con conseguente compromissione della capacità di intendere e di volere, cosicché per tale ragione il suddetto testamento era nullo. successivo atto di citazione notificato il Con adB, integrazione 5.10.1985 Cosmo Damiano specificava i dell'originario atto di citazione, singoli beni costituenti l'asse ereditario. 3 Costituitosi in giudizio l'Almo Collegio Capranica chiedeva il rigetto della domanda in quanto infondata. Si costituiva in giudizio in curatore dell'eredità giacente che si rimetteva alla decisione del giudice. Nel corso del giudizio veniva integrato il contraddittorio nei confronti di Guido Nonnis e di Rosina Scanu;
il primo si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda, la seconda restava contumace. A seguito dell'interruzione del processo per il decesso del procuratore degli attori, il giudizio veniva ritualmente riassunto ad istanza di R, G, M ed A L anche nei confronti di Clotilde De Michele, erede di G B deceduto nelle more. Il Tribunale adito con sentenza del 28.9.1998 rigettava la domanda attrice. Avverso tale decisione appello promuovevano con separati atti Desiderata, M F e Cristiano B da un lato e C D B e R Luzzi dall'altro;
resisteva in giudizio l'Almo Collegio Capranica ed il Nonnis. Dopo la riunione dei procedimenti la Corte di Appello di Roma con sentenza del ha20.3.2003 rigettato entrambe le impugnazioni. 4 Per la cassazione di tale sentenza Cosmo Damiano B ha proposto un ricorso affidato a due motivi cui hanno resistito con separati controricorsi l'Almo Collegio Capranica ed il Nonnis;
il ricorrente e l'Almo successivamente depositato Collegio Capranica hanno delle memorie. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo il ricorrente denuncia falsa applicazione degli articoli 17 e 600 c.C., e solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 n. 1 comma secondo della L. 22.6.2000 n. 192 in relazione all'art. 42 della Costituzione nella parte in cui ha disposto l'efficacia retroattiva degli articoli 17 e 600 c.c.. Il B censura la impugnata persentenza aver ritenuto superati i motivi di gravame concernenti la mancata applicazione da parte del giudice di primo e 600 c.c. per effetto della grado degli articoli 17 abrogazione di entrambe le norme, intervenuta nel corso del giudizio, ad opera dell'art. 13 comma uno della L. con retroattivo in base 15.5.1997 n. 127 effetto all'art. 13 citato comma secondo. Il ricorrente assume al riguardo l'erroneità di tale assunto perché lacon norma menzionata erano state abrogate solo le disposizioni che prevedevano le 5 autorizzazioni ad accettare lasciti e e donazioni ad acquistare beni immobili, mentre nella specie si controverteva soprattutto in tema di mancanza di riconoscimento giuridico art.ex 600 C.C. e della relativa richiesta nel termine annuale prescritto; inoltre l'art. 600 c.c. non era stato affatto abrogato dalle norma richiamata, cosicché secondo quella normativa vigeva l'obbligo ivi sancito. Il B, inoltre, preso comunque atto che la successiva L. 22.6.2000 n. 192, sostitutiva della L. 15.5.1997 n. 127, aveva abrogato con effetto C.C. 600che l'art. CC. in retroattivo sia l'art. 17 base all'art. 2 n. 1 comma secondo della legge stessa, denuncia l'illegittimità costituzionale di tale disposizione. Premesso che l'irretroattività della legge costituisce generale dell'ordinamento giuridico, un principio cosicché la retroattività della legge stessa deve avere il carattere dell'eccezionalità, dovendo trovare adeguate giustificazioni sul piano della ragionevolezza e dovendosi non porre in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, tra i quali si annovera il legittimo affidamento del cittadino alla sicurezza giuridica, il ricorrente rileva che l'introdotto effetto retroattivo non sembra trovare nella fattispecie alcuna giustificazione. Il B evidenzia in proposito che l'art. 42 ultima comma della Costituzione cheprevede "La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità";
orbene nella fattispecie i limiti della successione testamentaria erano stabiliti nell'art. 17 C.C. ma soprattutto nell'art. 600 c.c. che subordinava l'efficacia delle disposizioni testamentarie a favore ente non riconosciuto alla presentazione, entro di un un anno dalla eseguibilità del testamento, dell'istanza volta ad ottenere il riconoscimento;
di qui, ad avviso l'incostituzionalità della suddetta del ricorrente, legge sul punto censurato, atteso che l'introdotto principio di retroattività ha comportato l'inefficacia delle conseguenze attuali dell'omessa presentazione dell'istanza di riconoscimento nei termini prescritti dall'art. 600 C.C., così vanificando il principio costituzionale invocato, posto a garanzia dei diritti sul punto;
sussiste pertanto la dei cittadini della dell'art. 42 ultimo comma violazione principio di Costituzione, attesa la lesione del certezza dei rapporti pregressi posto quale cardine di 7 civile convivenza e di tranquillità dei cittadini dalla norma costituzionale ora menzionata. La censura è in parte inammissibile ed in parte infondata. Occorre premettere, sulla base di quanto esposto nella sentenza impugnata, che il Tribunale di Roma, nell'esaminare la domanda proposta dagli attori in corso di giudizio circa la inefficacia dell'acquisto della eredità da parte dell'Almo Collegio Capranica in conseguenza della mancata richiesta nei termini della autorizzazione all'acquisto, aveva rilevato che l'Almo Collegio Capranica era stato autorizzato alla accettazione dell'eredità stessa con D.P.R. 16.5.1975. In proposito la Corte territoriale, esaminando i motivi di appello concernenti la mancata applicazione da parte del giudice di primo grado degli articoli 17 e 600 C.C., ha affermato che ogni questione in proposito era superata dall'abrogazione, intervenuta in corso di giudizio, di entrambe le norme ad opera dell'art. 13 primo comma della L. 15.5.1997 n. 127 con effetto retroattivo ai sensi dell'art. 13 secondo comma ora citato. Orbene tale rilievo è erroneo, posto che, come correttamente evidenziato dal ricorrente, l'art. 13 della L. 15.5.1997 n. 127 aveva disposto l'abrogazione 8 soltanto dell'art. 17 c.c. e della L. 21.6.1898 n. 218 e non invece, per quel che qui interessa, dell'art. 600 C.C. (anche se una parte della dottrina aveva ritenuto che tale norma risultasse tacitamente abrogata per incompatibilità con i principii introdotti dall'art. 13 sopra menzionato);
e tuttavia trattasi di errore irrilevante, atteso che, come evidenziato dallo stesso ricorrente, l'art. 1 della L. 22.6.2000 n. 192 ha modificato l'art. 13 della L. 15.5.1997 n. 127 disponendo tra l'altro l'abrogazione dell'art. 600 c.c. con efficacia retroattiva, cosicché si pone comunque la questione dell'applicazione della norma abrogativa dell'articolo ora menzionato nella fattispecie;
di qui quindi del profilo di censura in l'inammissibilità esame per difetto di interesse. Con riferimento poi al secondo profilo del motivo in esame, riguardante esclusivamente la questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente in ordine alla efficacia retroattiva dell'art. 1 n. 1 secondo comma della L. 22.6.2000 n. 192 nella parte in cui stabilisce l'efficacia retroattiva dell'abrogazione dell'art. 600 c.c., si osserva che il ricorrente ha in come parametro costituzionale di proposito indicato riferimento l'art. 42 quarto comma Cost. secondo cui "La legge stabilisce le norme ed i limiti della 9 successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità". Orbene la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente è manifestamente infondata avuto riguardo alla ed"ratio" alle finalità della norma costituzionale suddetta. Costituzione Infatti l'art. 42 commaquarto della costituente di legislatore esprime la volontà del generale della il principio di affermare carattere trasmissibilità a causa di morte dei rapporti giuridici patrimoniali dal "de cuius" ai successori;
a tale scopo la Costituzione prevede la successione legittima e quella testamentaria, demandando alla legge ordinaria la regolamentazione ed i limiti di questi istituti. In tale contesto il codice civile stabilisce, quanto alla successione legittima, fondata rapporti di sui parentela del defunto, l'ordine dei successibili ed il limite di operatività della successione legittima stessa, ovvero il rapporto di parentela entro il sesto grado, oltre il quale i beni relitti sono devoluti allo Stato. Con riferimento poi alla successione testamentaria, il codice civile prevede che il diritto di un soggetto di regolare la propria successione con il testamento può essere esercitato nei limiti di una quota del suo 10 patrimonio, posto che un'altra quota di esso è invece attribuita per legge a determinati parenti secondo le norme della successione necessaria. Alla luce del delineato disegno costituzionale del a causa di morte, non è fenomeno successorio comprensibile sotto quale profilo l'art. 1 n. 1 secondo comma della L. 22.6.2000 192n. possa violare la richiamata norma costituzionale. Premesso invero che il principio della non retroattività delle leggi sancito dall'art. 11 delle preleggi costituisce una didirettiva carattere generale che, ilsalvo limite costituzionale della irretroattività delle norme penali e l'intangibilità dei diritti soggettivi garantiti dall'ordinamento costituzionale, è pienamente derogabile mediante altre norme ordinarie (Cass. 22.2.1983 n. 1323), occorre rilevare che la finalità della norma sopra menzionata risiede, per quanto interessa nella fattispecie in un quadro di liberalizzazione del regime degli acquisti compiuti dagli enti diversi dalle società nell'abrogare la norma che prevedeva la necessità del previo dell'entericonoscimento per la valida parte quest'ultimo di accettazione da di una determinata eredità;
ciò posto, la previsione di cui all'art. 1 n. 1 secondo comma della L. 22.6.2000 n. 192 11 secondo cui "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle acquisizioni deliberate verificatesi in data anteriore a quella di entrata in vigore della presente legge" non incide in alcun modo sull'art. 42 quarto comma Costituzione,della non riguardando né il principio ivi affermato della di morte nei rapporti giuridici successione a causa patrimoniali del "de cuius" né gli istituti giuridici attraverso i quali il legislatore costituente ha inteso realizzare questo principio. In particolare lo stesso ricorrente, nell'affermare che l'art. 1 n. 1 secondo comma della L. 22.6.2000 n. 192 avrebbe violato limiti della successione testamentaria stabiliti dagli articoli 17 C.C. e 600 C.C., non si avvede della soprattutto dall'art. manifesta infondatezza della questione di legittimità così come prospettata;
infatti, come si è osservato più sopra, l'art. 42 commaquarto della Costituzione demanda alla legge ordinaria proprio la dei limiti della successione sia regolamentazione legittima che testamentaria, cosicché, ove si volesse accedere all'assunto del ricorrente secondo cui l'art. 600 C.C., nello stabilire l'efficacia per di una disposizione testamentaria in favore di un ente riconosciuto la preventiva istanza per ottenere il 12 riconoscimento, prevedeva i limiti della successione testamentaria, sarebbe pur sempre possibile, sotto il profilo del dettato costituzionale, modificare tali limiti o cancellarli con legge ordinaria, come avvenuto nella fattispecie. Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto il testatore M A B capace di intendere e di volere al momento della redazione del testamento per cui è causa senza tener conto del motivo di appello con il quale l'esponente aveva rilevato che la consulenza tecnica d'ufficio espletata nel giudizio di primo grado, sulla quale si era basata la decisione del Tribunale di Roma, non aveva valutato la patologia denominata "morbo di Addison" da cui era affetto il "de cuius", certificata non solo dal suo medico curante ma soprattutto dai medici della Casa di Cura Pio IX dove poi il B era deceduto. Il ricorrente aggiunge che la Corte territoriale, nel disattendere le doglianze dell'esponente sul punto, ha ignorato del tutto la richiesta di ammissione di prova in ordine alla compromissione della capacità ideativa e volitiva del "de cuius" proprio in conseguenza della sopra richiamata patologia del "morbo di Addison". La censura è infondata. 13 Il giudice di appello ha ritenuto, conformemente al consapevolezza del Tribunale di Roma, la piena testatore in ordine alle disposizioni testamentarie redatte in ragione della complessità strutturale dell'atto di ultima volontà nonché della considerazione da parte sua delle implicazioni giuridiche, economiche e morali delle disposizioni stesse, la cui con univocità la sua articolazione lasciava arguire consapevole e libera autodeterminazione. territoriale ha poi aggiunto che tali La Corte risultavano confermate dall'esito della valutazioni consulenza tecnica d'ufficio espletata nel primo grado di giudizio, che a seguito di accurate indagini e di una ampia disamina del quadro clinico conduceva ad M A escludere in termini certi che B fosse in stato di incapacità di intendere e di volere al momento della redazione del testamento olografo del 13.5.1984, sottolineando altresì che le censure in proposito svolte dagli appellanti erano fondate su doglianze assolutamente generiche nonché prive di supporti oggettivi e di riferimento concreto alla fattispecie. Pertanto la sentenza impugnata, avendo esaurientemente indicato gli elementi probatori in base ai quali ha ha svolto un maturato il suo convincimento, 14 accertamento di fatto sorretto da congrua e logica motivazione, come tale incensurabile in questa sede, dove il ricorrente si limita sostanzialmente a prospettare una realtà a sé più favorevole, trascurando al riguardo i poteri demandati in via esclusiva al giudice di merito. E' poi evidente il giudice di appello, avendo che considerato pienamente provato lo stato di capacità di intendere e di volere di M A B all'atto della redazione del testato "de quo", ha sia ritenuto irrilevanti ulteriori pure implicitamente accertamenti istruttori;
d'altra parte il ricorrente in proposito ha inammissibilmente operato un riferimento del tutto generico ad un esame della prova di omesso una compromissione della capacità ideativo-volitiva del testatore di cui ènon stato meglio precisato il contenuto. E' infine appena il caso di osservare che la valutazione resa dal giudice di appello in ordine alla mancata prova della dedotta incapacità di intendere e di volere del testatore si manifesta condivisibile anche sotto l'ulteriore profilo secondo il quale in annullamento del testamento "l'incapacità tema di naturale del testatore postula la prova che il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della 15 redazione dell'atto di ultima volontà, della coscienza ovvero della capacità di dei atti propri perché lo stato di autodeterminarsi;
inoltre, E capacità costituisce la regola e quello di incapacità l'eccezione, spetta a colui che impugna il testamento dimostrare la dedotta incapacità (Cass. 18.4.2005 n. 8079;
Cass.

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