Cass. pen., sez. I, sentenza 04/04/2023, n. 14210

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 04/04/2023, n. 14210
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14210
Data del deposito : 4 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: DI G C nato a NAPOLI il 08/05/1987 DI G G nato a AVERSA il 02/01/1959 avverso il decreto del 21/04/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLIudita la relazione svolta dal Consigliere BARBARA CSELICE;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, A V, che ha chiesto l'annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1.Con il decreto impugnato, la Corte d'appello di Napoli ) sezione Misure di prevenzione, ha confermato il decreto del 29 settembre 2021 con il quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha applicato la confisca ai beni nella disponibilità di G D G, ritenuta la pericolosità qualificata ai sensi dell'art. 4 lett. a) d. Igs. n. 159 del 2011, in quanto condannato per appartenenza ad associazione camorristica, omicidio, tentata estorsione aggravata, relativa alla società Sogeas s.r.l. intestata ad A D M, moglie del proposto, e agli immobili siti in Aversa alla Via Vincenzo Liguori, intestati al figlio C.

1.1.11 decreto impositivo della misura di prevenzione personale, secondo la motivazione della Corte di appello, aveva trovato origine, tra gli altri elementi, nelle condanne irrevocabili riportate da G D G per il reato di cui all'art. 416-bis cod. pen., per aver fatto parte di gruppi camorristici operanti nel casertano, per omicidi, nonché per il reato di tentata estorsione aggravata ai sensi dell'art. 7 legge n. 203 del 1991, uno dei quali commesso nel periodo in cui D G aveva intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia, poi interrotto. Il decreto impugnato, quanto alla misura patrimoniale, rileva l'assoluta carenza di redditi di D G e del suo nucleo familiare, con riferimento a qualsiasi iniziativa economica e, nel respingere il proposto appello relativo soltanto al fabbricato intestato a C D G, ha rilevato (cfr. pag. 4 e ss.): - che la pericolosità del proposto risaliva agli anni '80 fino al 1997, momento in cui viene eseguita l'estorsione aggravata ai sensi dell'art. 7 legge n 203 del 1991 per la quale D G ha riportato condanna, senza considerare l'ultimo episodio estorsivo, risalente al 2007, posto in essere durante la collaborazione con l'Autorità giudiziaria;
- che né prima né dopo tale periodo il proposto ha avuto a disposizione di redditi idonei all'acquisto di beni o provviste lecite, specificando l'entità dei redditi dichiarati dal nucleo familiare del proposto (cfr. pag. 4 del decreto impugnato);
- che i redditi familiari, come ricostruiti, non costituivano fonte idonea ad investimenti immobiliari, precisando che l'effettivo valore dell'acquisto del fabbricato, intestato al figlio C, è quello di euro centomila e non solo di quarantamila come dedotto dalla difesa (cfr. pag. 5);
- che non vi sono ulteriori redditi disponibili per l'acquisto tra i quali non , può annoverarsi l'importo di euro venticinquemila liquidato a Giuseppe\gtermine del programma di protezione, anche perché risalente al 2002, epoca lontana rispetto a quella dell'acquisto e, comunque, cifra non accantonabile per carenza assoluta di altri redditi per il nucleo familiare;
- che non poteva considerarsi, a tal fine, il canone di locazione percepito dalla moglie Di Maro, perché percepito in periodo lontano nel tempo rispetto all'acquisto;
- che non poteva considerarsi la somma di euro venticinquennila ricavata per la vendita, da parte della s.r.l. Sogeas (costituita nel 1994 e, a sua volta, confiscata perché amministrata da A D M moglie del proposto), del supermercato di Vespolate, perché frutto di reimpiego di capitale illecito, ripercuotendosi l'originaria illiceità del bene confiscato su tutti i beni aziendali, anche acquistati successivamente;
- che la collocazione temporale dell'acquisto, nell'anno 2006, a circa dieci anni dalla cessazione della pericolosità del proposto non poteva escludere la ragionevolezza temporale che deve reputarsi sussistere tra pericolosità e incremento patrimoniale, richiamando giurisprudenza in tal senso (tra cui Sez. 1, n. 12329 del 4/02/2020;
Sez. 5, n. 1543 del 23/11/2020;
Sez. 6, n. 36421 del 6/09/2019).

1.2.In definitiva la Corte territoriale ha concluso sostenendo che G D G non ha avuto redditi leciti, né prima né dopo la cessazione del periodo di pericolosità, e che i reati posti in essere sono stati realizzati per circa un ventennio, trattandosi di condotte illecite produttive di lucro, attuate in quanto partecipe di un clan camorristico (fino al 1994) nella qualità di promotore, derivante dalla confederazione di tre autonomi sodalizi, operanti nella zona di interesse, finalizzato proprio al compimentò di estorsioni e di traffico di stupefacenti.

2. Avverso l'indicato decreto hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione il proposto e il terzo interessato C D G, per il tramite del difensore, avv. R J, denunciando violazione di legge in relazione all'art. 24 d. Igs. n. 159 del 2011 e difetto assoluto di motivazione in ordine alla disposta confisca.

2.1. Si deduce che la partecipazione a contesti camorristici del proposto, fino al 1994 non è contestata nemmeno dalla difesa, in quanto acclarata con sentenze di condanna definitive, per il reato di cui all'art. 416-bis cod. pen. Si evidenzia che D G nel 1995 aveva intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia, tanto da essere, successivamente, ammesso al programma di protezione. La Corte territoriale, però, ha protratto tale pericolosità qualificato al 1997, anno in cui si colloca un tentativo di estorsione aggravata commesso in Aversa, paese di origine di D G, come acclarato con sentenza irrevocabile emessa nel 2009, circostanza che, a parere della difesa, non risulta dal certificato penale del ricorrente. Si tratta di confisca di piccole unità immobiliari, acquistate per il prezzo di euro centomila, in data 10 dicembre 2006, intestate al figlio C, in epoca di molto successiva alla cessazione della pericolosità. Si osserva che, ai fini della cd. perimetrazione cronologica relativa agli acquisti dei beni sottoposti a confisca di prevenzione, questa deve essere strettamente delimitata secondo un criterio di ragionevolezza, altrimenti si violerebbe il canone costituzionale affermato dalla Corte Cost. n. 24 del 2019, snaturandosi lo strumento di prevenzione e richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, ricorrente S. Si richiama l'indirizzo di legittimità secondo il quale gli acquisti che possono essere oggetto di confisca sono limitati al periodo di pericolosità qualificata. Si riporta, poi, l'orientamento maggioritario richiamato anche nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 36421 del 6/09/2021) precisando che anche, secondo detto indirizzo interpretativo, la presenza di acquisti in epoca distante dal momento di cessazione della pericolosità non può accompagnarsi soltanto all'accertamento della incapienza reddituale e finanziaria del proposto, producendosi un mero effetto trascinamento. Si tratterebbe, quindi, da parte della Corte territoriale, di omessa motivazione fondando su una presunzione di illecita accumulazione pregressa, non consentita dovendosi accertare elementi positivi, alla stregua dell'indirizzo ermeneutico riportato nel ricorso. La Corte d'appello avrebbe, invece, omesso di verificare l'effettività e l'entità degli esborsi al momento dell'acquisto, nonché la perimetrazione temporale di questi e si sarebbe del tutto omessa la motivazione in relazione alla somma di danaro confiscata, pari a 2.500,00 euro. Inoltre, si sarebbe omesso l'esame della potenzialità di lucro, utile all'effettiva accumulazione patrimoniale, tale da consentire una capacità di provvista, limitandosi la Corte di appello ad operare un mero richiamo alla precedente condanna, riportata per il reato di cui all'art. 416-bis cod. pen. per fatti fino al 1994, circostanza che costituirebbe soltanto la premessa del requisito per reputare la sussistenza della pericolosità qualificata. Anche il richiamo ad attività estorsiva è apparente, secondo il ricorrente, posto che si tratta di precedente per estorsione tentata (sentenza della Corte di appello n. 462 del 21/01/2004, acquisita in atti).
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