Cass. pen., sez. VI, sentenza 06/12/2021, n. 45102
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Testo completo
la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: RE DI, nato a [...] il [...] avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Roma il 19/01/2020;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Pietro Silvestri;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa Elisabetta Cennicola, che ha chiesto che sia sollevata questione di legittimità costituzionale ovvero, in subordine, l'annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata;
lette le conclusioni dell'avv. Domenico Naccari, che ha chiesto l'annullamento della ordinanza;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Roma ha confermato l'ordinanza con cui è stato disposto nei confronti di RE DI il sequestro preventivo finalizzato alla confisca prevista dall'art. 240 bis cod. pen. della somma di euro 809.250, in relazione ai reati di cui agli artt. 319 - 321 cod. pen. Il Tribunale, quanto al fumus commissi delicti, ha richiamato testualmente il provvedimento con cui è stata confermata la misura cautelare nei confronti dell'odierno indagato per i reati indicati ed ha spiegato perché la confisca prevista dall'art. 240 bis cod. pen. dovrebbe trovare applicazione nei riguardi del corruttore, pur non facendo detta norma espresso riferimento all'art. 321 cod. pen. A tal fine il Tribunale ha richiamato: a) la struttura unitaria del reato di corruzione;
b) il fatto che il legislatore, allorquando ha inteso differenziare la disciplina del corrotto da quella del corruttore, lo ha espressamente fatto;
3) l'identità di ratio legis tra corruzione attiva e passiva;
d) il dato per cui l'art. 240 bis cod. pen. fa espresso riferimento, senza nessuna distinzione, alla istigazione alla corruzione ed alla corruzione internazionale, che pure prevedono fatti corruttivi del privato, nonché, a seguito della legge n. 3 del 2019, anche all'art. 319 quater.
2. Ha proposto ricorso il difensore articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge;
il tema è quello dell'ammissibilità del sequestro finalizzato alla confisca allargata per il corruttore, ai sensi dell'art. 321 cod. pen. La ricostruzione compiuta dal Tribunale, si sostiene, sarebbe violativa del principio di legalità penale e di quelli di tassatività e di divieto di analogia.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al ritenuto fumus commissi delicti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato quanto al primo motivo di ricorso.
2. La Corte di cassazione ha già chiarito come la disciplina della confisca di cui all'art. 12 sexies del D.L. n. 306 del 1992, convertito in legge n. 356 del 1992, attualmente prevista dall'art. 240 bis cod, pen., non si applichi nelle ipotesi - come quella in esame di corruzione- ai beni del corruttore stante la mancata inclusione dell'art. 321 cod. pen. tra i reati indicati dalla norma (Sez. 1, n. 28011 del 31/05/2012, Acampora, Rv. 253392;
nello stesso senso, Sez. 5, n. 51396 del 20/11/2013, Basile, in motivazione). La Corte ha ritenuto che il mancato inserimento dell'art. 321 cod. pen. nella norma di cui all'art. 12 sexies è frutto di una scelta legislativa, rispetto alla quale una diversa interpretazione della norma, volta a ricomprendere anche la condotta del corruttore, sarebbe violativa del principio di legalità penale, vigente anche in tema di misure di sicurezza. Si tratta di un principio che il Collegio condivide, atteso che l'invocata interpretazione dell'art. 240 bis cod. pen., volta a riconnprendere anche l'art. 321 cod. pen., si risolverebbe in una non consentita interpretazione analogica produttiva di effetti in malam partem.Non vi è dubbio che, allo stato, l'art. 240 bis cod. pen. presenti obiettivi margini di irragionevolezza, non essendo affatto chiaro perché, ad esempio, il soggetto istigatore alla corruzione, di cui all'art. 322, commi 1-2, cod. pen., autore di un "progetto" di corruzione non realizzatosi e da cui nessun profitto illecito deriva,