Cass. civ., sez. I, sentenza 25/09/2014, n. 20297

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In caso di domanda proposta dall'interventore volontario, l'effetto interruttivo della prescrizione si verifica diversamente a seconda che la sua costituzione abbia luogo mediante la presentazione della relativa comparsa in udienza oppure con il deposito della stessa in cancelleria, atteso che, nel primo caso, il destinatario della domanda, che risulti costituito in giudizio, ne viene immediatamente a conoscenza, sicchè il contatto tra le parti si crea nella stessa udienza di costituzione, mentre nel secondo tale contatto è posticipato alla data della comunicazione effettuata dal cancelliere ai sensi dell'art. 267, secondo comma, cod. proc. civ., ovvero, in mancanza, all'udienza successiva, nella quale il destinatario ha conoscenza dell'intervento; qualora, poi, la parte sia rimasta contumace, infine, il predetto effetto si realizza all'atto della notifica della comparsa di intervento contenente la domanda.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 25/09/2014, n. 20297
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20297
Data del deposito : 25 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C A - Presidente -
Dott. D A S - Consigliere -
Dott. D A - Consigliere -
Dott. D V R M - Consigliere -
Dott. M G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ITALFONDIARIO S.P.A., rappresentata da S S, in virtù di procura per notaio L A del 25 settembre 2006, rep. n. 24821, in qualità di procuratrice della INTESA SANPAOLO S.P.A., in virtù di procura per notaio L C del 15 dicembre 2005, rep. n. 915, e della CASTELLO FINANCE S.P.A., in virtù di procura autenticata dal notaio E G il 19 dicembre 2005, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Lazio n. 6, presso l'avv. LA SCALA GIUSEPPE F.M., dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
G M G, GERVASINI ELIANA FAUSTA, BANCA DI LEGNANO S.P.A. e BANCO DI NAPOLI S.P.A.;



- intimati -


avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 437/06, pubblicata il 22 febbraio 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26 giugno 2014 dal Consigliere dott. G M;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. S L il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - La Banca di Legnano S.p.a., creditrice di Grandi Mario Giovanni, convenne in giudizio il debitore e la moglie Gervasini Eliana Fausta, per sentir dichiarare, ai sensi dell'art. 2901 c.c., l'inefficacia dell'atto stipulato il 7 luglio 1993, con cui l'uomo aveva donato alla donna la metà indivisa dell'immobile sito in Varese, alla via Castellali n. 94/b.
Nel giudizio spiegò intervento il Banco Ambrosiano Veneto S.p.a., a sua volta creditore del Grandi, il quale chiese dichiararsi l'inefficacia dell'atto anche nei suoi confronti.
Il giudizio fu quindi riunito a quello separatamente promosso dal Banco di Napoli S.p.a., anch'esso creditore del Grandi, per ottenere la dichiarazione d'inefficacia del medesimo atto. 1.1. - Con sentenza del 14 agosto 2001, il Tribunale di Varese accolse le domande, dichiarando inefficace la donazione ed accertando il credito vantato dal Banco Ambrosiano Veneto nei confronti della Grandi Antonio di Dante Grandi &
C. S.p.a., di Mario Grandi e della Impianti e Pompe S.r.l. in virtù del decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Varese il 21 maggio 1994, n. 748/94. 2. - L'impugnazione proposta dal Grandi è stata parzialmente accolta dalla Corte d'Appello di Milano, che con sentenza del 22 febbraio 2006 ha rigettato l'azione revocatoria proposta dal Banco Ambrosiano Veneto e ha confermato nel resto la sentenza impugnata, fatta eccezione per l'accertamento del credito vantato dal medesimo Banco nei confronti della Grandi Antonio e della Impianti e Pompe, che non avevano partecipato al giudizio.
A fondamento della decisione, la Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ha ritenuto prescritta l'azione proposta dal Banco Ambrosiano Veneto, escludendo l'efficacia interruttiva della comparsa con cui il creditore aveva spiegato intervento nel giudizio di primo grado: premesso infatti che la donazione era stata trascritta il 13 luglio 1993, ha osservato che il contraddittorio tra le parti non si era instaurato con il deposito dell'atto in cancelleria, avvenuto il 6 luglio 1998 e non comunicato al debitore, ma solo con la comparizione all'udienza del 9 ottobre 1998, per effetto della quale il debitore ne aveva avuto conoscenza legale, quando era ormai decorso il termine di cui all'art. 2903 c.c.. 3. - Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione, per due motivi, l'Italfondiario S.p.a., in qualità di procuratrice della Intesa Sanpaolo S.p.a. (succeduta alla Banca Intesa S.p.a., già Banco Ambrosiano Veneto, a seguito di fusione per incorporazione) e della Castello Finance S.p.a. (subentrata alla Intesa Gestione Crediti S.p.a., a sua volta incorporata dalla Banca Intesa, in qualità di cessionaria del credito). Gl'intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Con il primo motivo d'impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2903 c.c. e dell'art. 2943 c.c., comma 2, sostenendo che la proposizione dell'azione
revocatoria, avvenuta mediante la comparsa d'intervento depositata entro cinque anni dalla stipulazione dell'atto di donazione, doveva considerarsi sufficiente ad interrompere il decorso del termine di prescrizione.
2. - Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2943 c.c., comma 2, e degli artt. 105 e 267 c.p.c., affermando che il deposito della comparsa in cancelleria doveva considerarsi sufficiente ad assicurare la conoscenza legale della domanda da parte dei convenuti, i quali erano già costituiti a mezzo di procuratore, con la conseguenza che non risultava necessaria la comunicazione dell'intervento;
tale adempimento, d'altronde, oltre ad essere rivolto alle sole parti costituite e ad avere ad oggetto il solo fatto dell'intervento, senza estendersi al suo contenuto, mira a porre le parti in condizione di apprestare le proprie difese, sicché la sua mancanza non incide sul perfezionamento della domanda, ma attribuisce al destinatario soltanto la facoltà di chiedere il rinvio della causa per controdedurre nei confronti
dell'interveniente.
3. - I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti la medesima questione, sono infondati. Nel dichiarare prescritta l'azione proposta dal Banco Ambrosiano Veneto, la sentenza impugnata si è correttamente attenuta al principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità in tema d'interruzione della prescrizione, secondo cui tale effetto, tanto nel caso in cui consegua ad un atto stragiudiziale, ai sensi dell'art. 2943 c.c., u.c., quanto nel caso in cui derivi da un atto giudiziale, come previsto dai primi tre commi del medesimo articolo, presuppone la conoscenza dell'atto da parte del destinatario, da intendersi peraltro non necessariamente come conoscenza effettiva, ma anche come conoscenza legale, ricollegabile al perfezionamento delle fattispecie che la legge considera idonee a far pervenire l'atto nella sfera di conoscibilità dell'interessato (cfr. Cass., Sez. 6, 21 maggio 2013, n. 12480;

Cass., Sez. lav., 4 marzo 1987, n. 2290). Rilevato che nella specie l'interruzione della prescrizione era stata ricollegata alla domanda giudiziale proposta dal Banco Ambrosiano Veneto mediante l'intervento spiegato nel giudizio promosso dalla Banca di Legnano, la Corte di merito ha ritenuto che l'effetto interruttivo non potesse essere fatto risalire al deposito della relativa comparsa in cancelleria, non comunicato al difensore del convenuto, ma si fosse prodotto soltanto a seguito della comparizione di quest'ultimo nell'udienza successiva, attraverso la quale egli aveva potuto prendere conoscenza dell'avvenuta proposizione della predetta domanda. Tale conclusione trova conforto nel richiamo di un precedente di questa Corte, secondo cui il contraddittorio in ordine alla domanda proposta attraverso l'intervento volontario in un giudizio pendente tra altri soggetti s'instaura in modo diverso, a seconda che la costituzione dell'interventore abbia luogo mediante la presentazione della relativa comparsa in udienza oppure con il deposito della stessa in cancelleria: nella prima ipotesi, infatti, il destinatario della domanda, che risulti a sua volta costituito in giudizio, ne viene immediatamente a conoscenza, con la conseguenza che il contatto tra le parti si crea nella stessa udienza di costituzione dell'interventore, mentre nel secondo caso tale contatto è posticipato alla data della comunicazione effettuata dal cancelliere ai sensi dell'art. 267 c.c., comma 2, ovvero, in mancanza, all'udienza successiva, nella quale il destinatario ha conoscenza dell'intervento;
qualora poi la parte nei confronti della quale la domanda è proposta sia rimasta contumace, ai fini dell'instaurazione del contraddittorio è necessaria la notifica della comparsa d'intervento, ai sensi dell'art. 292 c.c., comma 1, (cfr. Cass., Sez. 1, 3 aprile 1995, n. 3905). La ricorrente contesta il predetto principio, invocando un altro precedente, più risalente nel tempo, che, nel reputare idonea ad interrompere la prescrizione la domanda proposta con l'intervento volontario ai sensi degli artt. 105, 267 e 268 cod. proc. civ., ha ritenuto non necessaria, a tal fine, l'effettiva conoscenza del contenuto dell'atto da parte del destinatario, osservando che il legislatore ha ricollegato all'adempimento delle formalità prescritte una presunzione juris et de jure che il predetto effetto sia stato raggiunto (cfr. Cass., Sez. 3, 6 giugno 1967, n. 1253). Un esame più attento di tale pronuncia consente tuttavia di escludere che la stessa si ponga in contrasto con quella più recente, avendo questa Corte inteso non già escludere la necessità che la domanda proposta con l'atto d'intervento pervenga a conoscenza del destinatario, ma solo che tale conoscenza debba realizzarsi in modo tangibile, mediante la consegna materiale dell'atto, ed avendo ritenuto invece sufficiente la mera conoscenza legale, senza peraltro soffermarsi sulle formalità ritenute necessarie ai fini del conseguimento di tale obiettivo.
Non può condividersi neppure la distinzione che la ricorrente pretende di introdurre, anche attraverso il richiamo di un'autorevole dottrina, tra l'instaurazione del contraddittorio, conseguente alla conoscenza effettiva della domanda proposta attraverso l'intervento, e l'interruzione della prescrizione, ricollegabile alla mera conoscenza legale dell'atto, in dipendenza degli adempimenti prescritti dalla legge: l'affermazione della predetta dottrina, secondo cui la costituzione in giudizio è di per sè sufficiente a porre l'interventore in potenziale contatto con le altre parti, indipendentemente dalla comunicazione del cancelliere, la quale non incide sulla perfezione della domanda, avendo il solo scopo di porre le parti in condizione di apprestare le proprie difese in rapporto al fatto nuovo dell'intervento, sembra anzi confermare la coincidenza tra gl'indicati momenti, facendo risalire l'instaurazione del contraddittorio al deposito della comparsa, e limitando la portata della comunicazione alla conoscenza del contenuto dell'atto d'intervento, in mancanza della quale l'Autore citato ritiene necessario il rinvio della causa, per consentire alle altre parti di controdedurre nei confronti dell'interventore. La retrodatazione del contatto tra le parti al momento della costituzione dell'interventore si pone tuttavia in contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che, nei casi in cui la notifica dell'atto introduttivo del giudizio sia preceduta dal deposito dello stesso in cancelleria, esclude la sufficienza di tale deposito ai fini dell'instaurazione del contraddittorio, ricollegando alla notificazione anche la produzione dell'effetto sostanziale della domanda rappresentato dall'interruzione della prescrizione, proprio in virtù dell'affermata necessità che il debitore abbia conoscenza dell'atto interruttivo (cfr. in riferimento al processo del lavoro, Cass., Sez. lav., 24 giugno 2009, n. 14862;
6 marzo 2003, n. 3373;
17 gennaio 1992, n. 543
). Il necessario collegamento tra l'interruzione della prescrizione e la conoscenza (quanto meno legale) dell'atto da parte del destinatario della domanda giudiziale trova d'altronde giustificazione in evidenti esigenze di certezza del diritto, poste in risalto da questa Corte proprio in riferimento all'azione revocatoria, attraverso l'esclusione della possibilità di ricollegare il predetto effetto alla mera consegna dell'atto di citazione all'ufficiale giudiziario:
si è infatti affermato che la regola della differente decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante ed il destinatario, sancita dalla Corte costituzionale, non è applicabile agli atti sostanziali ed agli effetti sostanziali degli atti processuali, come l'interruzione della prescrizione, rispetto ai quali l'interesse del destinatario alla certezza della propria posizione giuridica deve considerarsi prevalente su quello del notificante a non vedersi addebitato l'esito intempestivo della notifica (cfr. Cass., Sez. 1, 29 novembre 2013, n. 26804;
3 dicembre 2012, n. 21595
). 4. - Il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione degl'intimati.

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