Cass. pen., sez. V, sentenza 03/06/2021, n. 21694

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 03/06/2021, n. 21694
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21694
Data del deposito : 3 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1. AN IA, nata a [...] il [...] 2. IT GE, nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 19/09/2019 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Michele Romano;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Kate Tassone, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza per essersi il reato prescritto con trasmissione degli atti al giudice competente in grado di appello;
udite le richieste del difensore della parte civile Roma Capitale, avv. Enrico Maggiore, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e ha depositato conclusioni scritte e nota spese;
udite le richieste del difensore di IA AN, avv. Claudio De Amicis, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Roma ha integralmente confermato la sentenza del 19 settembre 2019 del Tribunale di Roma che ha affermato la penale responsabilità di GE IT e IA AN — per avere essi, abusando della loro qualità di pubblici ufficiali in servizio presso la Polizia di Roma Capitale, concorso nella soppressione o nell'occultamento di n. 308 verbali di contestazione di violazioni di norme sulla circolazione stradale elevati dal Corpo della Polizia di Roma Capitale e dei ricorsi avverso detti verbali, inclusi in elenchi puntualmente specificati nel capo di imputazione — e li ha condannati, con le attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante di cui all'art. 61 n. 9 cod. pen., alla pena di giustizia, oltre che al risarcimento del danno, da liquidarsi separatamente, in favore di Roma Capitale, costituitasi parte civile.

2. Nella sentenza di primo grado si evidenzia che il fatto per il quale si procede in questa sede è stato accertato in occasione delle indagini avviate per altri reati. A seguito della denuncia da parte dei fratelli EI, commercianti di liquori, di casi di corruzione e concussione ad opera di funzionari della Polizia Locale di Roma Capitale, sui quotidiani romani era stata pubblicata la notizia che le società dei EI non avevano pagato le sanzioni per centinaia di infrazioni al Codice della strada per un importo di centinaia di migliaia di euro. Dalle successive indagini è emerso che nel 2000 il Servizio Codice della Strada, inserito nell'Unità Operativa Contravvenzioni all'interno del Dipartimento Risorse Economiche del Comune di Roma, ora divenuto Roma Capitale, si era organizzato in modo che i ricorsi relativi alle violazioni commesse da soggetti inseriti in organi istituzionali (come parlamentari, diplomatici, appartenenti alle forze dell'ordine, consiglieri comunali e altri) o mediante veicoli in servizio presso tali organi venissero separati dagli altri ricorsi, tenuto conto che i trasgressori erano soliti invocare la scriminante prevista dall'art. 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e trasmessi alla suddetta Unità Operativa con sede in via Ostiense, anziché essere gestiti dai vari Gruppi della Polizia Locale, onde evitare che una tardiva segnalazione del ricorso potesse dar luogo all'emissione della cartella esattoriale con conseguente necessità di procedere allo sgravio. I ricorsi relativi alle violazioni commesse dai soggetti o con i veicoli sopra descritti, al pari delle violazioni commesse dai comuni cittadini, potevano essere presentati direttamente presso l'Unità operativa in via Ostiense;
mentre, però, i ricorsi concernenti le violazioni ordinarie venivano trasmesse al Gruppo della Polizia locale competente, quelli relativi alle violazioni commesse da organi istituzionali rimanevano presso l'Unità Operativa. Successivamente l'Unità Operativa o i Gruppi dovevano formulare una proposta, chiedendo che il ricorso seguisse il «normale corso di legge», ossia fosse rigettato, o chiedendo la «archiviazione», e quindi che il ricorso fosse accolto, oppure, nei casi di incertezza sulla fondatezza del ricorso, la rimessione alle «determinazioni del Prefetto». Il provvedimento definitivo era comunque di competenza del Prefetto. Per le violazioni commesse da organi istituzionali la proposta era sempre di archiviazione, senza che venisse svolto alcun accertamento sul merito del ricorso, tanto che era sufficiente che il ricorso fosse redatto utilizzando la carta intestata di un qualche ente perché esso fosse accolto senza essere sottoposto ad alcun controllo. I ricorsi venivano raccolti in mucchi e consegnati ad un operatore della società Celda, appaltatrice del servizio per l'inserimento dei dati nell'archivio informatico del Comune;
l'operatore registrava i dati relativi a ciascun ricorso, al verbale impugnato ed alla proposta formulata ed elaborava un elenco che, unitamente ai ricorsi, veniva restituito al Servizio Codice della Strada. L'elenco, che fungeva da nota di trasmissione, veniva firmato dal funzionario coordinatore, l'imputato GE IT, e trasmesso, insieme ai ricorsi, presso gli uffici della Prefettura, siti anch'essi in via Ostiense. Il Prefetto, tuttavia, non procedeva all'esame dei ricorsi che venivano solo accantonati senza neppure essere estratti dagli scatoloni, cosicché la sanzione mai avrebbe potuto trovare esecuzione. Questo sistema era stato utilizzato a vantaggio non solo dei soggetti appartenenti ad organi istituzionali, ma anche di amici e parenti e di soggetti ben inseriti nell'amministrazione comunale, i quali potevano evitare la sanzione semplicemente provvedendo a redigere il ricorso su carta intestata di qualche ente e il fenomeno si era così ingigantito che il IT, che è il funzionario che aveva provveduto a creare questa prassi, aveva sentito la necessità di fissare dei requisiti per poter accedere a detto meccanismo;
in particolare, era necessario che il ricorso, oltre ad essere redatto su carta intestata dell'ente pubblico, fosse sottoscritto dall'organo apicale e facesse riferimento all'art. 4 della legge n. 689 del 1981. Difatti, evidenzia il Tribunale, negli elenchi relativi ai verbali ed ai ricorsi che sono stati distrutti compaiono, oltre a pochi ricorsi riferibili ad enti istituzionali, soprattutto ricorsi proposti da società o soggetti privati. Tra questi vi erano proprio i ricorsi proposti dalle società dei EI. Gli inquirenti, avendo la necessità di reperire i ricorsi proposti dalle società dei EI per valutare se essi fossero o meno fondati, li hanno cercati anche presso la Prefettura, alla quale, però, essi non erano mai stati trasmessi. Sulla base delle dichiarazioni confessorie di IA AN, il Tribunale ha accertato che la stessa, su invito di GE IT, ha proceduto alla distruzione dei verbali di contestazione e dei ricorsi inseriti in quattro elenchi.La sentenza della Corte di appello, rigettando gli appelli dei due imputati, ha confermato la decisione di primo grado.

3. Avverso detta sentenza propone ricorso IA AN, a mezzo dei suoi difensori, chiedendone

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