Cass. pen., SS.UU., sentenza 13/11/2019, n. 45936
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Testo completo
ato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Curatela del Fallimento Mantova Petroli s.r.l. avverso l'ordinanza del 08/10/2018 del Tribunale di Mantova visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere C Z;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L C, che ha concluso per l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;udito il difensore avv. P A, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.RITENUTO IN FATTO 1. Il Fallimento Mantova Petroli s.r.l. ricorreva avverso l'ordinanza del 8 ottobre 2018 con la quale il Tribunale di Mantova aveva rigettato l'appello proposto avverso l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale del 6 settembre 2018, dichiarativa di inammissibilità dell'istanza di dissequestro di somme oggetto del decreto di sequestro preventivo disposto nei confronti della Mantova Petroli I'll luglio 2018 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Mantova, e convalidato dal Giudice per le indagini preliminari in sede il successivo 13 luglio, per il reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto relativa agli anni 2015 e 2016, ai sensi dell'art. 12 -bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74. Posto che la Mantova Petroli, in liquidazione dal 22 gennaio 2018, aveva presentato il 24 aprile 2018 domanda di ammissione al concordato preventivo, che all'esito della procedura, con sentenza pronunciata il 12 luglio 2018 e depositata il successivo 16 luglio, era stato dichiarato il fallimento della società, e che il sequestro era stato disposto fino al valore di euro 181.671.356 ed eseguito su una somma giacente sul conto bancario della Mantova Petroli dell'importo di euro 11.593.85,54, oltre che su prodotti petroliferi rinvenuti presso una controllata estera, l'istanza era stata dichiarata inammissibile per carenza di legittimazione della curatela del fallimento ad impugnare il provvedimento ablativo, e quindi a richiedere il dissequestro, in quanto non titolare dei beni della fallita. 2. La curatela ricorrente, premesso che l'istanza di dissequestro aveva ad oggetto somme provenienti da rimesse effettuate sui conti correnti bancari della Mantova Petroli successivamente alla data di presentazione dell'istanza di concordato preventivo, proponeva tre motivi. 2.1. Con il primo motivo deduceva violazione di legge sulla ritenuta sussistenza di un giudicato cautelare che avrebbe precluso alla curatela l'istanza di dissequestro, in conseguenza dell'ordinanza reiettiva pronunciata dal Tribunale di Mantova il 30 luglio 2018 sull'istanza di riesame del sequestro proposta dal legale rappresentante della Mantova Petroli e non impugnata, e in particolare che - tale affermazione si poneva in contrasto con la previsione dell'art. 322-bis cod. proc. pen. in tema di legittimazione dei terzi alla proposizione dell'appello in materia di sequestro preventivo, in quanto parti diverse da quelle della procedura di riesame;- la decisione violava altresì l'art. 649 cod. proc. pen. nel momento in cui l'istanza di dissequestro aveva contenuto diverso da quello della richiesta di riesame, riguardando somme affluite sul conto bancario della Mantova Petroli successivamente alla domanda di concordato e perfino alla dichiarazione di fallimento;- la questione del giudicato cautelare era comunque estranea all'appello, in quanto nel provvedimento appellato il Giudice per le indagini preliminari si era limitato a ritenere l'istanza di dissequestro inammissibile per carenza di legittimazione della curatela. 2.2. Con il secondo motivo deduceva violazione di legge sulla ritenuta correttezza della qualificazione delle somme sequestrate come provento del reato, e in particolare che - il Tribunale perveniva a tale conclusione osservando che, dopo aver omesso il versamento dell'imposta conseguendone il relativo profitto, la Mantova Petroli versava la propria liquidità alla controllante DIPP Gmbh, e che, in mancanza di documentazione che ne attestasse una diversa provenienza, le somme presenti sul conto dovevano considerarsi derivanti dalla restituzione di quella liquidità al fine di sostenere la domanda di ammissione al concordato preventivo;- tale argomentazione superava i limiti della nozione di profitto come vantaggio economico derivante in via diretta e immediata dalla commissione del reato, estendendolo illegittimamente a versamenti di terzi successivi alla consumazione dell'illecito;- nella stessa ordinanza impugnata si dava atto che la maggior parte delle somme sequestrate provenivano da versamenti effettuati per l'importo di euro 9.993.080 dalla controllante Netsa SA, e non dalla Dipp, successivamente alla domanda di ammissione al concordato preventivo;- la giurisprudenza più recente aveva riaffermato il principio stabilito dalla decisione delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 29951 del 24/05/2004, Focarelli, Rv. 22865) in tema di valutazione in concreto delle ragioni sottese alla confisca rispetto a quelle dei creditori della massa fallimentare;- nel caso di specie, la dichiarazione di fallimento della Mantova Petroli si poneva in continuità con la procedura di concordato preventivo, dovendo pertanto trovare applicazione il principio di consecuzione delle procedure concorsuali, con conseguente retrodatazione dell'efficacia della declaratoria di fallimento al momento della domanda di ammissione al concordato preventivo;- l'argomentazione del provvedimento impugnato, per la quale detto principio non sarebbe applicabile al caso in esame in quanto espressivo di una mera fictio juris, finalizzata ad equiparare le posizioni creditorie sorte nel periodo di insolvenza, era fondata su una lettura sennplificatoria di un quadro normativo in realtà complesso, che attribuisce al concordato preventivo una rilevanza pubblicistica omogenea a quella del fallimento con la sottrazione dei beni alla piena disponibilità del fallito e la loro destinazione al soddisfacimento dei creditori, rendendo tali beni sostanzialmente appartenenti a persona estranea al reato e quindi esclusi dall'area operativa della confisca ai sensi dell'art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000;- una diversa interpretazione risulterebbe disincentivante del ricorso alle procedure concorsuali da parte di imprese che sarebbero soggette a provvedimenti di confisca tali da privarle degli elementi attivi. 2.3. Con il terzo motivo deduceva violazione di legge sull'esclusione della legittimazione della curatela a richiedere la revoca del sequestro, sottolineando che questa era in realtà l'unica questione trattata nel provvedimento appellato, e osservando in particolare che: - quanto rilevato nel provvedimento impugnato in ordine al presupposto di tale legittimazione nella presenza di elementi sopravvenuti al sequestro, nella specie non addotti, era in contrasto sia con la previsione dell'art. 322-bis cod. proc. pen., che consente l'appello al soggetto che avrebbe diritto alla restituzione delle cose sequestrate, sia con quella dell'art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, che fa salvi i beni appartenenti a persone estranee al reato;- la decisione delle Sezioni Unite richiamata dal Tribunale (Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014, dep. 2015, Uniland s.p.a., Rv. 263685) non era applicabile al caso di specie ove la stessa riguardava la coesistenza dei vincoli, entrambi pubblicistici, derivanti il primo dal sequestro preventivo per equivalente previsto in materia di responsabilità da illecito degli enti e il secondo dalla procedura fallimentare, mentre nella specie si trattava di un sequestro, funzionale alla confisca diretta del profitto del reato, che attingeva beni non costituenti tale profitto e già nella disponibilità della procedura fallimentare. 3. Con ordinanza del 16 aprile 2019 la Terza Sezione penale di questa Corte, investita della decisione sul ricorso, rilevava il carattere preliminare della questione relativa alla legittimazione del curatore fallimentare ad impugnare i provvedimenti in tema di sequestro preventivo disposto precedentemente alla dichiarazione di fallimento, in quanto relativa alla stessa ammissibilità dell'impugnazione. Si premetteva a questo proposito nell'ordinanza che la sentenza delle Sezioni Unite Uniland, citata nel ricorso, aveva escluso tale legittimazione con una decisione la quale, pur se relativa ad un caso di confisca in materia di responsabilità amministrativa da illecito penale delle persone giuridiche, era fondata su argomenti generali di carattere sistematico in ordine alla mancanza, in capo al curatore, della titolarità di diritti sui beni della procedura;che successive pronunce giurisprudenziali avevano dapprima ammesso la legittimazione del curatore nei casi in cui il sequestro fosse successivo alla dichiarazione di fallimento, e poi ne avevano esteso l'operatività in determinati casi a prescindere da detta condizione;che il principio stabilito con la sentenza Uniland continua a precludere al curatore la possibilità di impugnare il sequestro o di chiederne la revoca quanto meno ove la dichiarazione di fallimento sia successiva all'imposizione del vincolo;e che tanto era rilevante nel caso di specie, in cui il sequestro era disposto anteriormente al fallimento e non era invocabile in contrario il principio di consecuzione delle procedure concorsuali, in quanto attinente unicamente ai termini per la proposizione dell'azione revocatoria fallimentare, conservando per il resto il debitore, ammesso al concordato preventivo, non solo la proprietà, ma anche l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni. Si osservava tuttavia che vi erano ragioni per rivedere la menzionata decisione delle Sezioni Unite anche con riguardo al caso dell'anteriorità dell'apposizione del vincolo rispetto alla dichiarazione di fallimento, precisandosi in particolare che: - il riferimento degli artt. 322, 322-bis e 325 cod. proc. pen., fra i soggetti legittimati all'impugnazione, alla persona che avrebbe diritto alla restituzione delle cose sequestrate, non è riconducibile esclusivamente al proprietario, valendo anzi in senso contrario la distinzione testuale di detta espressione da quella, precedentemente menzionata, della persona a cui le cose sono state sequestrate;- l'attribuzione al curatore di poteri non solo di amministrazione dei beni del fallito, ma anche di recupero di beni anteriormente alienati, include lo stesso curatore fra i soggetti che hanno diritto alla restituzione delle cose sequestrate;- non è persuasivo il richiamo della sentenza Uniland alla mancanza di un interesse concreto in capo al curatore, il quale è invece interessato a rimuovere il vincolo del sequestro nell'ambito della sua funzione di ricostituzione dell'attivo, altrimenti risultando privata di concreta tutela la posizione dei creditori;- la sentenza delle Sezioni Unite Focarelli, anch'essa citata nel ricorso, aveva in precedenza affermato la legittimazione del curatore a proporre le istanze di riesame del sequestro preventivo e di revoca della misura, senza individuarne alcun limite con riguardo ai rapporti cronologici fra il sequestro e la dichiarazione di fallimento. Si rimetteva pertanto il ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 618, comma 1-bis, cod. proc. pen.
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