Cass. civ., sez. III, sentenza 22/06/2004, n. 11601

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Massime2

La deliberazione assunta dall'organo deliberante di un ente pubblico di stipulare un contratto non ha effetti nei riguardi dei terzi in quanto semplicemente preparatoria del futuro contratto, che dovrà essere stipulato dall'organo rappresentativo, mediante sottoscrizione, unitamente alle controparti, del relativo atto scritto, salvi gli eventuali controlli o approvazioni.(Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso l'avvenuta stipulazione di contratto di brokeraggio attraverso una delibera seguita da mera comunicazione telefonica, finalizzata soltanto a rendere edotta la controparte degli sviluppi della vicenda).

La deliberazione assunta dall'organo deliberante di un ente pubblico di stipulare un contratto non ha effetti nei riguardi dei terzi, in quanto semplicemente preparatoria del futuro contratto, che dovrà essere stipulato dall'organo rappresentativo, mediante sottoscrizione, unitamente alle controparti, del relativo atto scritto, salvi gli eventuali controlli o approvazioni. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso l'avvenuta stipulazione di contratto di brokeraggio attraverso una delibera seguita da mera comunicazione telefonica, finalizzata soltanto a rendere edotta la controparte degli sviluppi della vicenda).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 22/06/2004, n. 11601
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11601
Data del deposito : 22 giugno 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Presidente -
Dott. L E - rel. Consigliere -
Dott. L A - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. C M M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TAVERNA DI BROKERAGGIO ASSICURATIVO SPA, in persona del suo presidente e legale rappresentante Dott. P T, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA SARDEGNA

38, presso lo studio dell'avvocato G A, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato A G, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
A.M.T. AIENDA MBILITÀ E TRASPORTI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA VLE DELLE MILIZIE

1, presso lo studio dell'avvocato E G, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato G S S, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 70/00 della Corte d'Appello di GENOVA,Sezione 2^ Civile, emessa il 21/12/99 e depositata il 09/02/00 (R.G. 775/97);

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 07/04/04 dal Consigliere Dott. E L;

udito l'Avvocato A G;

udito l'Avvocato E GHERA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA

Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 9 novembre 1992, la società Taverna s.p.a., società di brokeraggio assicurativo, conveniva davanti al Tribunale di Genova l'Azienda municipalizzata trasporti (AMT) di Genova, esponendo quanto segue: a) il 9 gennaio 1992 l'AMT aveva conferito ad essa Taverna un incarico di consulenza, al fine di verificare l'andamento del mercato assicurativo con riferimento al proprio portafoglio assicurativo, relativamente al quale aveva da tempo quale unico assicuratore la RAS;
nel dare tale incarico la AMT si era riservata di "esaminare in prosieguo la possibilità di conferire... un mandato di brokeraggio nei termini e nei modi che verranno con voi contrattati";
la società Taverna aveva proceduto ad approfondite indagini, riferendone Tesilo in una corposa relazione che conteneva le indicazioni del caso per rendere quanto più economica possibile la gestione del portafoglio assicurativo AMT;

alla relazione la società Taverna aveva unito il testo del mandato di brokeraggio per l'eventualità che l'AMT avesse ritenuto di conferirglielo;
b) nella seduta del 9 marzo 1992, dopo la consegna della relazione della Taverna, la commissione amministratrice di AMT aveva deliberato il conferimento del detto mandato, del quale la Taverna non aveva però mai avuto comunicazione scritta (ma solo conferma a voce);
c) la Taverna aveva proceduto all'esecuzione dell'incarico di consulenza ricevuto il 9 gennaio 1992 e, il 18 marzo 1992, aveva comunicato alla AMT una quotazione che indicava quale fosse l'andamento del mercato;
d) il 19 marzo 1992 la Taverna aveva ricevuto dalla AMT richiesta di chiarimenti in ordine a detta quotazione, alla quale aveva risposto che siffatta richiesta presupponeva la conclusione della procedura di gara non ancora disposta dalla AMT;
e) successivamente essa Taverna non aveva più avuto notizia dell'orientamento assunto da AMT in merito all'aggiudicazione delle polizze di assicurazione della responsabilità civile, che aveva poi appreso essere state rinnovate con la RAS con il pagamento di premi di entità ridotta rispetto ai precedenti contratti Tanto premesso, la società Taverna chiedeva la condanna della AMT al risarcimento dei danni, poiché nei fatti esposti era ravvisabile la violazione, da parte della azienda convenuta, "di obblighi contrattuali e/o del generale principio di buona fede al quale i contraenti devono attenersi sia nell'esecuzione del contratto, sia nella rase delle trattative contrattuali". La parte convenuta opponeva che con la società Taverna non era mai intercorso un rapporto di intermediazione assicurativa, bensì un mero rapporto di consulenza gratuita, non seguito dal conferimento, richiesto dalla Taverna, di un vero e proprio mandato di intermediazione.
Il giudice istruttore ordinava l'esibizione di quattro deliberazioni di AMT. Il Tribunale, con la sentenza depositata il 17 settembre 1996, respingeva le domande della società Taverna, che condannava al pagamento delle spese processuali.
Proposto appello dalla società Taverna e costituitasi la AMT, la Corte di appello di Genova, con la sentenza depositata il 9 febbraio 2000, ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l'appellante al pagamento delle spese processuali. La Corte ha, innanzitutto, escluso che, con la deliberazione presa da AMT il 9 marzo 1992 (poi revocata con deliberazione del 16 marzo 1992), si fosse perfezionato tra le parti un contratto di brokeraggio, perché tale deliberazione costituisce un "atto interno di AMT", non esecutivo in quanto subordinato "all'approvazione degli organi tutori, e di ciò era perfettamente consapevole Taverna". In ordine alla invocata responsabilità precontrattuale di AMT per violazione del principio di buona fede, la Corte di appello, dopo avere analizzato lo svolgimento del rapporto instauratosi tra le parti a seguito del conferimento (il 9 gennaio 1992) alla società Taverna dell'incarico di effettuare una indagine esplorativa di mercato "senza alcun onere per l'AMT", ha escluso che la AMT "abbia tenuto un comportamento di mala fede" ed ha ritenuto che la società Taverna non "poteva confidare in modo sicuro nel conferimento del mandato di brokeraggio".
Avverso la sentenza della Corte di appello la società Taverna di brokeraggio assicurativo s.p.a. ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo quattro motivi, a cui AMT-Azienda mobilità e trasporti s.p.a. (già AMT-Azienda municipalizzata trasporti) ha resistito con controricorso.
Ambedue le parti hanno presentato memoria.
MTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo la società ricorrente deduce "violazione e falsa applicazione degli artt. 1326 e segg., 1355 e 1375 e segg. cod. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c". La ricorrente ritiene che, con la deliberazione di AMT del 9 marzo 1992, comunicata poi alla Taverna (a differenza della successiva revoca), si sia perfezionato tra le parti il contratto di brokeraggio, che ha costituito "il naturale seguito" dell'incarico originario del 9 gennaio 1992. Tale contratto ha assunto forma scritta nella detta deliberazione del 9 marzo 1992 ed è stato subordinato a specifiche condizioni che, mentre depongono nel senso della conclusione del contratto, sono mille perché si tratta di condizioni meramente potestative.
Il motivo di ricorso è infondato.
La Corte di appello, sulla base dei fatti da essa accertati, ha, con decisione conforme a quella adottata dal Tribunale, escluso, con ampia e corretta motivazione, che, con la deliberazione della commissione amministrativa della AMT del 9 marzo 1992, si sia concluso tra le parti un contratto (e cioè una pattuizione diversa dall'incarico gratuito di mera consulenza che la società Taverna aveva in precedenza, il 9 gennaio 1992, ricevuto dalla AMT). Ed invero la detta deliberazione del 9 marzo 1992 è stata considerata dalla sentenza impugnata un "atto interno di AMT", inidoneo ad impegnare la azienda municipalizzata, sia perché la volontà dell'ente doveva essere ancora manifestata dall'organo che ne aveva la rappresentanza legale, sia perché "l'efficacia della deliberazione era espressamente subordinata all'approvazione degli organi tutori".
La qualificazione come atto interno della deliberazione della commissione amministrativa della AMT è conforme alla giurisprudenza di questa Corte. Con riferimento proprio ad una azienda comunale di trasporti (ATACS di Salerno) ed al conferimento di un incarico professionale dalla stessa deliberato, Cass. 2 novembre 1998 n. 10956 ha affermato che la deliberazione assunta dall'organo deliberante di stipulare un contratto non ha effetti nei riguardi dei terzi in quanto semplicemente preparatoria del futuro contratto, che dovrà essere stipulato dall'organo rappresentativo (nella motivazione della richiamata sentenza è citata la risalente giurisprudenza di questa Corte da essa riaffermata).
Tale stipulazione non può essere, ovviamente, identificata nella mera comunicazione telefonica della delibera che il segretario della commissione amministrativa fece ad un dipendente della Taverna, la quale - come ha affermato la sentenza impugnata - ebbe il "solo fine di rendere la società edotta degli sviluppi della vicenda". Nè assume rilievo il contenuto della delibera (e quindi la previsione in essa di condizioni), in assenza di qualsiasi atto impegnativo della AMT posto in essere dal suo organo rappresentativo.
Nella memoria e nella discussione orale la ricorrente ha sostenuto che il vincolo contrattuale (non adempiuto da AMT) derivi dal conferimento alla società Tirrena dell'incarico gratuito di consulenza, dato da AMT con atto scritto del 9 gennaio 1992. Ma, oltre al fatto che tale tesi è diversa da quella sostenuta nel ricorso per Cassazione (in cui il contratto è stato individuato nella delibera di AMT del 9 marzo 1992), va comunque osservato che, secondo l'accertamento del giudice del merito, vi è una netta (o diversità di contenuto tra l'incarico di consulenza gratuita conferito da AMT alla società Taverna il 9 gennaio 1992 ed il mandato di brokeraggio deliberato dalla stessa AMT il 9 marzo 1992 (e poi revocato con la delibera del successivo 16 marzo). Come si dirà amplius (nel p. 2.1), nella delibera del 9 gennaio 1992 la AMT si era riservata di esaminare in prosieguo la possibilità di conferire alla società Taverna il detto mandato, che è estraneo alla stessa delibera e che pertanto non può ritenersi essere stato già stipulato il 9 gennaio 1992, in contrasto, tra l'altro, con la descrizione dei fatti che la società attrice ha esposto sin dall'atto introduttivo del giudizio (v. quanto si è riferito retro, in narrativa).
2.- Con il secondo motivo la società ricorrente deduce "violazione e falsa applicazione degli artt. 1337 e 1338 cod. civ., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.". Con riferimento alla domanda subordinata di responsabilità precontrattuale, la ricorrente sostiene che AMT ha "reiteratamente ingenerato" nella società Taverna "affidamenti in patente violazione del canone di correttezza", perché: a) "ha richiesto a Taverna uno studio preliminare nella prospettiva (dichiarata) di un successivo contratto oneroso di brokeraggio", prospettiva che giustificava lo svolgimento di un'attività a titolo gratuito;
b) "ha comunicato a Taverna la delibera di conferimento dell'incarico di brokeraggio per poi negare l'esistenza di qualsiasi vincolo contrattuale";
c) ha revocato tale delibera, senza informarne la Taverna;
d) si è appropriata dei risultati della attività della Taverna ed ha ad essa richiesto "ulteriori prestazioni", pur avendo revocato il conferimento del mandato di brokeraggio. Il motivo di ricorso è infondato, perché la sentenza impugnata ha, motivatamente, escluso sia che AMT "abbia tenuto un comportamento di malafede", sia che Taverna abbia potuto "confidare in modo sicuro nel conferimento del mandato di brokeraggio".
Con riferimento specifico alle censure formulate nel ricorso e qui riassunte nelle lettere a-d), va infatti osservato quanto segue. 2.1.- L'incarico gratuito di consulenza affidato alla società Taverna il 9 gennaio 1992 prospettava un successivo contratto con la stessa società in modo che la Corte di appello ha definito "estremamente cauto", perché l'AMT si riservava "di esaminare in prosieguo la possibilità di conferire a codesta spett. società un mandato di brokeraggio nei termini e nei modi che verranno con voi contrattati". Inoltre, sempre secondo l'accertamento del giudice del merito, la Taverna "conosceva la situazione di incertezza in cui all'epoca versava AMT ed il quadro in cui il rapporto si svolgeva", sia perché "sapeva che taluni in AMT nutrivano dubbi sulla legittimità del ricorso di un ente pubblico alla mediazione di un broker assicurativo" (tanto che fu anche chiesto il parere di legali della azienda), sia perché Taverna, "avendo esaminato le polizze RAS in corso, non poteva ignorare l'esistenza per AMT di un problema ulteriore, quello della disdettabilità o meno dei contratti in corso, del quale risulta espressa menzione nella delibera del 9/1". Sulla base di tali precisi elementi di fatto, la Corte di appello è pervenuta alla conclusione che la società Taverna, quando accettò l'incarico di consulenza del 9 gennaio 1992 (che essa stessa "sollecitò... contattando alcuni membri della commissione" di AMT), "sperava nel conferimento dell'incaricò di svolgere i compiti del broker assicurativo, "ma non aveva ragione per nutrire al riguardo sicuro affidamento".
A tale argomentata conclusione la parte ricorrente si limita a contrapporre l'affermazione che l'incarico gratuito di consulenza del 9 gennaio 1992 fu accettato dalla società Taverna nella prospettiva del successivo contratto oneroso, ma nulla oppone agli elementi di fatto ed agli argomenti che hanno indotto la Corte di appello, con valutazione rientrante nei poteri del giudice del merito, ad escludere che potesse essere insorto un affidamento della stessa società sulla successiva stipulazione, a causa di un comportamento di mala fede della AMT.
2.2.- La comunicazione della delibera della commissione amministrativa della AMT del 9 marzo 1992, effettuata il giorno successivo dal suo segretario a mezzo di telefonata al sig. Nobilucci della Taverna, ebbe, come si è già osservato in relazione al primo motivo di ricorso, il "solo fine di rendere la società edotta degli sviluppi della vicenda", e non può essere interpretata come comunicazione di una formale proposta di contratto, fonte di responsabilità precontrattuale per la mancata stipulazione del contratto stesso. Ed invero la Corte di appello ha rilevato, da un lato, che la detta delibera non era esecutiva perché "espressamente subordinata all'approvazione degli organi tutori, e di ciò era perfettamente consapevole Taverna" (come esplicitamente detto nella lettera di Taverna del 16 marzo 1992);
e, dall'altro lato, che "due giorni dopo il Nobilucci telefonò ad AMT ed ebbe quale risposta: stiamo lavorando, non ci sono novità".
A tali elementi di fatto giustificativi della valutatone della Corte di appello nulla si contrappone nel ricorso, onde tale valutatone, che esclude un comportamento di mola fede della AMT, non può che essere confermata.
2.3.- L'omessa comunicazione a Taverna della revoca della delibera del 9 marzo 1992, adottata dalla commissione della AMT con altra delibera del successivo 16 marzo, è, di per sè sola, priva di rilievo rispetto alla responsabilità precontrattuale dedotta dalla Taverna, perché, secondo l'accertamento della sentenza impugnata, questa società "mai svolse in favore di AMT attività a suo avviso non rientranti nell'originario incarico" di consulenza conferitole il 9 gennaio 1992, onde non vi è stata alcuna attività della Taverna che sarebbe stata evitata dalla tempestiva conoscenza della revoca intervenuta il 16 marzo 1992.
Ed invero le "ulteriori prestazioni" chieste dalla AMT alla società Taverna con lettera del 19 marzo 1992 (alle quali la ricorrente si riferisce nella doglianza qui sintetizzata sub punto d e consistenti, secondo la sentenza impugnata, in informazioni integrative della relazione presentata nell'espletamento dell'incarico di consulenza) non furono espletate perché rifiutate dalla Taverna. E ciò conferma che la mancata comunicazione della revoca non ha determinato alcun effetto in danno della Taverna.
2.4.- L'appropriazione, da parte della AMT, dei risultati della attività svolta dalla Taverna nell'espletamento dell'incarico di consulenza conferitole il 9 gennaio 1992 è coerente con la gratuità esplicitamente pattuita (e non contestata) dell'incarico stesso. 3.- Con il terzo motivo la società ricorrente deduce "Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 28 novembre 1984 n. 792", nonché i vizi di motivazione previsti dall'art. 360 n. 5 c.p.c.. La ricorrente afferma, genericamente, che la sentenza
impugnata "travisa l'essenza del brokeraggio nei riguardi della P.A.". Il motivo di ricorso viene approfondito e chiarito nella memoria, in cui la ricorrente sostiene che la Corte di appello "ha erroneamente ritenuto che il broker di assicurazione possa, nel rapporto con la P.A., definirsi tale solo se intermedia il contratto", in violazione delle disposizioni di legge dianzi citate. Il motivo di ricorso è inammissibile perché pone questioni non rilevanti per la cassazione della sentenza impugnata, la quale non concerne la legittimità o meno del contratto deliberato con l'atto interno del 9 marzo 1992, ma il punto (logicamente precedente) che tale atto non può considerarsi ne' impegnativo per la AMT, ne' fonte per la stessa di responsabilità precontrattuale. Rimane, quindi, del tutto irrilevante l'indagine sul rispetto, da parte della delibera di AMT del 9 marzo 1992, della legge 28 novembre 1984 n. 792, sulla istituzione e funzionamento dei mediatori di assicurazione. 4.- Con il quarto motivo la società ricorrente deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 278 c.p.c.", nonché i vizi di motivazione previsti dall'art. 360 n. 5 c.p.c. La ricorrente censura la parte finale della sentenza impugnata nella quale la Corte di appello ha osservato, in via aggiuntiva alle considerazioni di merito espresse in precedenza a giustificazione del rigetto dell'appello della Taverna, che questa aveva formulato per la prima volta nella comparsa conclusione del giudizio di appello la domanda di condanna generica della AMT al risarcimento dei danni La ricorrente sostiene di avere formulato sin dall'inizio della causa la domanda di condanna generica.
Il motivo di ricorso è inammissibile per difetto di interesse, una volta che siano state confermate le ragioni di merito per le quali l'appello della società Taverna è stato dichiarato infondato, e cioè la mancata conclusione di un contratto oneroso tra le parti (v. l'esame del primo motivo di ricorso) e l'assenza di una responsabilità precontrattuale della AMT (v. Tesarne del secondo motivo). Tali ragioni, invero, sono ostative anche all'accoglimento di una condanna generica al risarcimento dei danni, facendo venire meno i fatti causativi del detto risarcimento.
5.- In conclusione, il ricorso, contenendo motivi in parte infondati ed in parte inammissibili, va rigettato.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di Cassazione, costituiti dalla complessità dei rapporti sostanziali intercorsi tra le parti stesse.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi