Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/07/2021, n. 18944

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/07/2021, n. 18944
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18944
Data del deposito : 5 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 17763-2019 prcposto da: PELUSO ROSARIO, domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CLEMENTINA DI ROSA, VINCENZO RICCARDI;

- ricorrente -

2021 contro 248 COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

APPENNINI N.

46, presso lo stuolo LEGALE ASSOCIATO L, rappresentato e difeso dall'avvocato F M F;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2221/2019 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/03/2019 R.G.N. 1738/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/01/2021 dal Consigliere Dott. I T;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. S V' che ha concluso per il rigetto del ricorso. : R.G. n. 17763 del 2019

SVOLGIMENTO DEL FATTO

1. La Corte d'Appello di Napoli, con la sentenza n. 1738 del 2016, ha accolto il reclamo proposto dal Comune di Napoli, nei confronti di P R, in ordine alla sentenza n. 4014 del 2018 emessa dal Tribunale di Napoli, con la quale era stata rigettata l'opposizione proposta, ai sensi dell'art. 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012, dall'Amministrazione comunale datrice di lavoro avverso il decreto che aveva accolto l'impugnativa del licenziamento, e ha rigettato quest'ultima.

2. Il Tribunale aveva fondato l'accoglimento dell'impugnazione del licenziamento per giusta causa, dichiarando la nullità del provvedimento sanzionatorio, sul rilievo che lo stesso era stato assunto nella sua completezza ed efficacia dopo l'avvenuto pensionamento del dipendente, e quindi in assoluta carenza del potere disciplinare e sanzionatorio in capo al datore di lavoro. Ciò, in quanto il Tribunale aveva fatto coincidere il perfezionamento del licenziamento non con il momento della sua adozione (intervenuta il 31 ottobre 2016), ma con il momento della comunicazione dello stesso al lavoratore.

3. La Corte d'Appello ha premesso la ricostruzione della vicenda relativa al licenziamento per cui è causa. Il licenziamento veniva irrogato al P, a seguito della riapertura del procedimento disciplinare a carico del lavoratore, con disposizione dirigenziale n. 127 del 31 ottobre 2016, ed era notificato il 18 novembre 2016, Il procedimento disciplinare era iniziato il 16 ottobre 2002 con la contestazione prot. n. 2371, poi era stato sospeso in attesa della definizione del processo penale, che era intervenuta con la sentenza irrevocabile della Corte di cassazione n. 16399 del 2016, emessa all'udienza del 22 marzo 2016 e depositata il successivo 20 aprile 2016. La vicenda disciplinare si inscriveva in un complesso accertamento ispettivo, che aveva preso avvio da due relazioni ispettive, la n. 207 del 25 settembre 2002 e la n. 3687 del 26 settembre 2002, sulla scorta delle quali, con la nota prot. n. 2371 del 16 ottobre 2002, veniva formulata al P una contestazione limitatamente ai fatti accertati dal servizio ispettivo. In data 26 settembre 2002, il Sindaco pro tempore, con nota prot. n. 261, inoltrava le suddette relazioni alla Procura della Repubblica per gli opportuni provvedimenti. Il servizio di disciplina provvedeva all'audizione a difesa del P e di seguito sospendeva l'azione disciplinare, ai sensi dell'art. 25, comma 8, del

CCNL

1994/1999 con nota n. 314 del 10 febbraio 2003;
sospendeva cautelativamente dal servizio il R.G. n. 17763 del 2019 lavoratore, ai sensi dell'art. 92 del dPR n. 3 del 1957, con decreto sindacale n. 116 del 26 febbraio 2003. In data 19 ottobre 2004 veniva notificata al P un'ulteriore contestazione, avendo il Comune acquisito la richiesta di rinvio a giudizio per i dipendenti comunali coinvolti nell'ambito del procedimento n. 47130/02. All'esito della sentenza della Corte di cassazione, acquisita mediante il competente U.P.D. per posta certificata in data 23 maggio 2016, il giorno 8 luglio 2016 veniva elevata in danno del ricorrente la contestazione degli addebiti, con nota prot. n. 576962, con la quale si procedeva a riaprire il procedimento disciplinare sospeso, notificando l'atto in data 11 luglio 2016, presso il dirigente del servizio di appartenenza del dipendente. Dopo l'audizione del P, gli veniva notificata formalmente la disposizione dirigenziale n. 127 del 31 ottobre 2016, avente ad oggetto l'irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso ai sensi dell'art. 3, comma 8, lettera t), del vigente CCNL.

4. La Corte d'Appello, quindi ha ripercorso la decisione di primo grado. Il Tribunale aveva premesso che il licenziamento è un atto unilaterale recettizio, e dunque nella specie il licenziamento intimato al P, in quanto comunicato il 18 novembre 2016, in epoca successiva al collocamento a riposo intervenuto a decorrere dal 10 novembre 2016, era divenuto inefficace. Il Tribunale aveva qualificato il licenziamento come postumo, cioè assunto dopo la cessazione del rapporto di lavoro per collocamento in quiescenza del dipendente. In ragione di tale premessa, il Tribunale aveva quindi affermato che in capo al datore di lavoro dopo la risoluzione del rapporto di lavoro per collocamento in quiescenza non permaneva alcun potere disciplinare, atteso che doveva aversi riguardo all'art. 55- bis, comma 9, del d.lgs. n. 165 del 2001, come introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2009, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 75 del 2017. Tale disciplina limitava la perduranza del potere disciplinare in capo del datore di lavoro alle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni e non per collocamento in quiescenza. Ed infatti, il testo originario dell'art. 55-bis, comma 9, stabiliva "In caso di dimissioni del dipendente, se per l'infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non R.G. n. 17763 del 2019 preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro", mentre solo con la novella introdotta dalla legge n. 75 del 2017, il citato comma 9 prevedeva "La cessazione del rapporto di lavoro estingue il procedimento disciplinare salvo che per l'infrazione commessa sia prevista la sanzione del licenziamento o comunque sia stata disposta la sospensione cautelare dal servizio. In tal caso le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici ed economici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro".

5. Tanto premesso, la Corte d'Appello ha affermato che in ragione del carattere di atto unilaterale recettizio del licenziamento, che si perfeziona e viene ad esistenza nel momento in cui giunge a conoscenza del destinatario, come affermato dal Tribunale, nella fattispecie in esame, il licenziamento, quale causa di estinzione del rapporto di lavoro doveva considerarsi realizzato ad una data in cui il lavoratore era già stato collocato a riposo da alcuni giorni. Pur convenendo sul punto con il Tribunale, il giudice di appello ha ritenuto invece che, pur in presenza del collocamento a riposo, nella fattispecie permanesse in capo al datore di lavoro il potere disciplinare. A fondamento di tale statuizione ha richiamato, ancor prima dell'art. 55-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, gli artt. 118 e 119 del dPR n. 3 del 1957, e l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 1997, che aveva affermato la doverosità dell'iniziativa disciplinare postuma in ogni caso di sospensione cautelare dal servizio. Nel caso in esame trovava applicazione il citato art. 55-bis, nel testo originario, come interpretata da questa Corte (Cass., n. 18849 del 2017). Inoltre, la Corte d'Appello dichiarava non fondata l'eccezione di decadenza per mancata riattivazione del procedimento disciplinare incardinato nel 2002, in quanto con la nota dell'8 luglio 2016 il procedimento disciplinare risultava pienamente individuato, sia in senso formale che in senso sostanziale, atteso che nel 2004 non interveniva una nuova contestazione ma un prosieguo delle precedenti. Né vi era tardività della contestazione. Infondata era anche l'eccezione di genericità della contestazione. Nel merito il giudice di appello ha affermato la sussistenza della giusta causa di recesso e la proporzionalità della sanzione irrogata.

6. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il lavoratore prospettando nove motivi di ricorso.

7. Resiste con controricorso il Comune di Napoli.

8. Il lavoratore ha depositato memoria in prossimità dell'udienza pubblica.R.G. n. 17763 del 2019

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il lavoratore prospetta, ai sensi dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 55-bis, comma 9, del d.lgs. n. 165 del 2001, degli artt. 118 e 124 del dPR n. 3 del 1957, dell'art. 74, comma 3, del d.lgs. n. 29 del 1993, dell'art. 55, comma 9, del d.lgs. n. 150 del 2009, del d.lgs. n. 75 del 2017, entrato in vigore il 22 giugno 2017. Il ricorrente si duole della ritenuta sussistenza in capo al datore di lavoro del potere disciplinare pur dopo il collocamento in quiescenza del lavoratore. Atteso che la notizia di infrazione era del 2002, non poteva trovare applicazione l'art. 55-bis, cit. Né poteva condividersi il richiamo dell'art. 118 del dPR n. 3 del 1957, che prevedeva "Qualora nel corso del procedimento disciplinare il rapporto d'impiego cessi anche per dimissioni volontarie o per collocamento a riposo a domanda, il procedimento stesso prosegue agli effetti dell'eventuale trattamento di quiescenza e previdenza", in quanto lo stesso era stato abrogato dall'art. 74 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, a far data dall'entrata in vigore del primo contratto collettivo, che era intervenuta per i dipendenti degli enti locali nel 1995. Né il contratto collettivo conteneva previsioni in ordine alla prosecuzione del procedimento disciplinare in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Pertanto, fino all'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2009, occorreva fare riferimento alla disciplina privatistica.
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