Cass. civ., sez. II, sentenza 25/02/2020, n. 04964

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 25/02/2020, n. 04964
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 04964
Data del deposito : 25 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 2356-2017 proposto da: RIVA RENATO, COSENTINO DOMENICO, elettivamente domiciliatl ROMA,

VIALE ANICIO GALLO

3, presso lo studio dell'avvocato F C, che ii rappresenta e difende;

- ricorrenti -

contro

CCLAGROSSI

00EE000, STEFFANO SILVIA, PASSARELLI EMMA, CARBONI TOMMALC, COLAGROSSI ELENA, COLAGROSSI TERESA, TAVANI cAISSIELLA , COLAGROSSI IOLANDA, FONZILLI GIANLUCA, OCTL\GROSSI PIERPAOLO, COLAGROSSI BARBARA, VESPAZIANI PRIZIA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

TARO

56, presso lo studio dell'avvocato P R, ce li rappresenta e difende;

- controricorrenti -

nonchè

contro

TAVANI ANTONIETTA, TAVANI ROBERTO, COLAGROSSI BENEDETTO, ECAZILLI MANUELA, VALERIANI FEDERICA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 4429/2016 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 8/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/09/2019 dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Io'zL. A P che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito C F, difensore dei ricorrenti, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso e della memoria;
udito l'Avvocato R P, difensore dei resistenti, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza pronunciata al termine della discussione orale dell'udienza del giorno 8 luglio 2016, ai sensi degli artt. 351, quarto comma e 281-sexies cod. proc. civ., la Corte d'appello di Roma ha rigettato l'impugnazione proposta da Renato Riva e da Domenico Cosentino, nei confronti di T C, I C, E P, R C, B C, P C, E C, G F, G T, A T, R T, B C, M F, avverso la decisione di primo grado che: a) aveva respinto la domanda di accertamento della legittimità del recesso operato dai primi, con riguardo al contratto preliminare del 25 maggio 2006, in tal modo modificata l'originaria domanda intesa ad ottenere la sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ.;
b) aveva accolto la domanda riconvenzionale con la quale era stato chiesto dichiararsi la legittimità della ritenzione della caparra per l'inadempimento dei promissari acquirenti.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che il primo motivo di appello era inammissibile, in quanto insisteva nell'illustrare le ragioni per le quali gli appellanti avevano modificato l'originaria domanda, a seguito della difesa di E C e di altri convenuti di non avere sottoscritto l'originario contratto preliminare, senza tener conto del fatto che il Tribunale aveva, in realtà, esaminato la domanda modificata;
b) che, in realtà, con missiva del 7 giugno 2011, gli eredi di Pietro C che non avevano partecipato alla conclusione del contratto preliminare, avevano espresso per iscritto la volontà di vendere l'immobile alle medesime condizioni indicate nel contratto stesso, con la conseguenza che, da parte dei promittenti venditori, non sussisteva alcun inadempimento;
c) che, contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, il Tribunale aveva esaminato la domanda avente ad oggetto la legittimità del recesso, ritenendola infondata, dal momento che l'inserimento del lotto nel piano regolatore era avvenuto e che era stato rilasciato il certificato di destinazione urbanistica, con la conseguenza che era stato accertato l'adempimento dei promittenti venditori;
d) che questi ultimi non avevano assunto l'obbligazione di garantire che la cubatura prevista dal nuovo strumento urbanistico sarebbe stata la stessa di quella prevista alla data del contratto preliminare.

3. Avverso tale sentenza il Riva e il Cosentino hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resistono con controricorso T C, I C, E P, R C, B C, P C, E C, G F, G T, nonché anche gli avvocati S S, T C, P V, cui il ricorso è stato notificato in quanto antistatari. Il ricorso è stato successivamente notificato, a seguito di ordine di integrazione del contraddittorio disposto dal coordinatore della sottosezione seconda, ad A T e a R T, i quali, unitamente a B C, M F e l'avvocato F V - anche quest'ultima destinataria della notifica del ricorso originario quale procuratrice antistataria -, non hanno svolto attività difensiva. I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 2932, 1362, 1372 cod. civ. nonché vizi motivazionali, osservando: a) che, costituendosi in giudizio, E C aveva contestato di - avere mai sottoscritto il contratto preliminare e di avervi aderito successivamente;
b) che, pertanto, il comportamento processuale dimostrava la volontà della C di non partecipare all'operazione;
c) che il giudice di primo grado, una volta accertato che gli attori avevano modificato l'originaria domanda di adempimento nella domanda di accertamento della legittimità del recesso, avrebbe dovuto esaminare solo quest'ultima, fondata nel merito (e illustrata nella comparsa conclusionale trasmessa per via telematica in primo grado e non letta dalla Corte d'appello), e non anche la domanda riconvenzionale proposta da alcuni dei promittenti venditori, fondata sull'assunto inadempimento della promessa di acquisto, da ritenersi inefficace ab initio per carenza della parte plurisoggettiva;
d) che la mancata sottoscrizione del contratto preliminare era determinante ai fini della decisione, dal momento che le controparti avevano promesso la vendita dell'intero fondo e non solo delle loro quote;
e) che il vizio originario appena indicato, non sanato successivamente, non consentiva l'esame della domanda riconvenzionale proposta solo da taluni dei promittenti. Le doglianze sono infondate. Va, innanzi tutto, escluso che la Corte d'appello non abbia esaminato la domanda di recesso, con la conseguenza che del tutto irrilevanti, oltre che assertivamente prospettate, sono le critiche relative all'omessa considerazione dei rilievi svolti nella comparsa conclusionale e riproposti in ricorso. La sentenza impugnata analizza, come detto e come si illustrerà infra, la pretesa, anche se affrontando i motivi successivi al primo. Quanto alla doglianza che sembra investire la declaratoria di inammissibilità appunto del primo motivo di appello e che, in realtà, pare prospettare un omesso esame delle censure effettivamente articolate, si osserva, con carattere assorbente, che, secondo i ricorrenti, per effetto degli argomenti sviluppati, "il primo giudice avrebbe dovuto procedere a valutare la domanda di recesso" che "era determinante e preclusiva sia all'esame della domanda originale sia all'esame della domanda riconvenzionale". Sotto il primo profilo, è però sufficiente osservare che la Corte territoriale, la cui decisione assume rilievo in questa sede, ha esaminato la domanda di recesso;
sotto il secondo profilo, i ricorrenti non riescono a individuare alcun fondamento normativo della conclusione nella quale insistono, ossia per quale ragione la ammissibile mutati° libelli dell'attore dovrebbe precludere l'ammissibilità dell'originaria domanda riconvenzionale. Peraltro, nello stesso motivo di ricorso si individua successivamente altra questione: il vizio originario del consenso, derivante dalla mancata sottoscrizione del contratto preliminare da parte dì tutti i comproprietari e non sanato successivamente, non avrebbe consentito l'esame della domanda riconvenzionale proposta solo da taluni dei promittenti venditori. La prospettiva muta, perché i ricorrenti, in tal modo opinando, individuano una causa di infondatezza - e non di inammisibilità - della riconvenzionale, discendente dalla inefficacia ab initio della promessa di vendita, non sanato da ratifica successiva. La doglianza, tuttavia, non merita accoglimento. Questa Corte ha chiarito che, in materia di proprietà, il principio generale che regola il regime giuridico della comunione pro indiviso è quello della libera disponibilità della quota ideale, sicché è ben possibile che ciascun comunista autonomamente venda o prometta di vendere la sua quota, valido essendo il contratto, anche nell'ipotesi in cui il bene sia dalle parti considerato un unicum inscindibile, risultando in tal caso l'alienazione meramente inopponibile al comproprietario che non ha preso parte alla stipula dell'atto (v., in particolare, Cass. 11 marzo 2004, n. 4965, la quale, nel fare applicazione del suindicato principio, ha rigettato la doglianza della ricorrente concernente la mancata declaratoria da parte del giudice del merito della nullità del negozio e ha ritenuto corretta la qualificazione da quest'ultimo operata, in termini di preliminare di vendita di cosa parzialmente altrui a formazione progressiva, del contratto originariamente sottoscritto da una sola delle comproprietarie e recante la dichiarazione, inserita in epoca successiva, di consenso anche dell'altra comproprietaria;
v. anche Cass. 30 gennaio 2019, n. 2701). In questa cornice si è appunto mossa la sentenza impugnata che ha ritenuto valido il negozio, per poi cogliere nella disponibilità a concludere il contratto definitivo - manifestata da coloro che non avevano sottoscritto il contratto preliminare - l'adempimento dell'obbligo dei promittenti venditori di acquisirne il consenso. Se, invece, i ricorrenti intendono contestare la possibilità del giudice di esaminare la domanda avente ad oggetto la legittimità della ritenzione della caparra confirmatoria, proposta da alcune soltanto delle parti del negozio, si osserva che l'unica esigenza che scaturisce dall'esame della disciplina positiva è quella del litisconsorzio. Infatti, il recesso di cui all'art. 1385, secondo comma, cod. civ., costituisce uno speciale strumento di risoluzione di diritto del contratto, collegato alla pattuizione di una caparra confirmatoria, analogo a quelli previsti dagli artt. 1454, 1456 e 1457 cod. civ., che ha in comune con la risoluzione giudiziale non solo i presupposti (l'inadempimento di non scarsa importanza della controparte), ma anche le conseguenze (la caducazione ex tunc degli effetti del contratto). Ne consegue che l'azione finalizzata all'accertamento della legittimità del suddetto recesso da un contratto con più parti deve essere esperita, similmente a quella di risoluzione giudiziale, nei confronti di tutti i contraenti, quali litisconsorti necessari, poiché un contratto unico non può divenire inefficace per alcuni dei soggetti che vi hanno partecipato e rimanere in vita per altri (v., ad es., Cass. 31 gennaio 2019, n. 2969). Le ulteriori considerazioni dedicate alla rilevanza del successivo comportamento processuale di E C saranno esaminate infra, con riguardo al secondo e al terzo motivo.
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