Cass. civ., sez. III, sentenza 30/06/2005, n. 13954
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Con la clausola di arbitraggio, inserita in un negozio incompleto in uno dei suoi elementi, le parti demandano ad un terzo arbitratore la determinazione della prestazione, impegnandosi ad accettarla. Il terzo arbitratore, a meno che le parti si siano affidate al suo "mero arbitrio", deve procedere con equo apprezzamento alla determinazione della prestazione, adottando cioè un criterio di valutazione ispirato all'equità contrattuale, che in questo caso svolge una funzione di ricerca in via preventiva dell'equilibrio mercantile tra prestazioni contrapposte e di perequazione degli interessi economici in gioco. Pertanto l'equo apprezzamento si risolve in valutazioni che, pur ammettendo un certo margine di soggettività, sono ancorate a criteri obbiettivi, desumibili dal settore economico nel quale il contratto incompleto si iscrive, in quanto tali suscettibili di dare luogo ad un controllo in sede giudiziale circa la loro applicazione nel caso in cui la determinazione dell'arbitro sia viziata da iniquità o erroneità manifesta, il che si verifica quando sia ravvisabile una rilevante sperequazione tra prestazioni contrattuali contrapposte, determinate attraverso l'attività dell'arbitratore. Anche la perizia contrattuale, che ricorre quando le parti deferiscono ad uno o più soggetti, scelti per la loro particolare competenza tecnica, il compito di formulare un accertamento tecnico che esse preventivamente si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro volontà contrattuale, costituisce fonte di integrazione del contratto, ma essa di distingue dall'arbitraggio perchè l'arbitro-perito non deve ispirarsi alla ricerca di un equilibrio economico secondo un criterio di equità mercantile, ma deve attenersi a norme tecniche ed ai criteri tecnico-scientifici propri della scienza, arte, tecnica o disciplina nel cui ambito si iscrive la valutazione che è stato incaricato di compiere. Ne consegue che nel caso di perizia contrattuale va esclusa l'esperibilità della tutela tipica prevista dall'art. 1349 cod. civ. per manifesta erroneità o iniquità della determinazione del terzo, trattandosi di rimedio circoscritto all'arbitraggio, in quanto presuppone l'esercizio di una valutazione discrezionale e di un apprezzamento secondo criteri di equità mercantile, inconciliabili con l'attività strettamente tecnica dell'arbitro-perito.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Presidente -
Dott. P R - rel. Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. P I - Consigliere -
Dott. L G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
E.S.P.I ENTE SICILIANO PER LA PROMOZIONE INDUSTRIALE IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante p.t. avv. prof. R A, elettivamente domiciliato in ROMA VIA EZIO 12, presso lo studio dell'avvocato G A, che lo difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
D'ALÌ STAITI ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA VIRGILIO 8, presso lo studio dell'avvocato C E, che lo difende, con procura speciale del Dott. Notaio L M in Trapani 20 dicembre 2001, Rep. 17873.
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 702/01 della Corte d'Appello di PALERMO, terza sezione civile, emessa il 1 giugno 2001, depositata il 20/07/01;RG. 925/99.
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21/02/05 dal Consigliere Dott. R P;
Udito l'Avvocato A G;
udito l'Avvocato E C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UCCELLA Fulvio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 18.2.1987, l'Ente siciliano per la promozione industriale (E.S.P.I.) conveniva davanti al Tribunale di Trapani Antonio D'Alì Staiti ed esponeva quanto segue:
con lettera del 31.10.1978 il convenuto aveva proposto l'acquisto della intera partecipazione dell'Ente alla s.p.a. Sies, allora in liquidazione, costituita da n. 225.600 azioni del valore nominale di L. 165 ciascuna, pari a complessive L. 37.224.000;
nella lettera si precisava che: "si procederà alla determinazione del valore reale delle azioni con riferimento alla situazione patrimoniale del bilancio al 31.12.1977 mediante rivalutazione dei cespiti rivalutabili;sarà corrisposto all'Ente l'eventuale plusvalore che dovesse risultare da detta rivalutazione;la determinazione del valore reale delle azioni sarà effettuata congiuntamente da un tecnico da voi designato e da uno di mia fiducia;ove non si pervenisse a conclusioni convergenti saranno presi ulteriori accordi tra voi e me per la nomina di un terzo esperto;in difetto si farà ricorso alla nomina di un tecnico nominato dal Presidente del Tribunale di Trapani";
con lettera del 14.12.1978 l'Ente aveva comunicato di accettare la proposta e le modalità di determinazione dell'eventuale plusvalore delle azioni;
il trasferimento delle azioni era avvenuto con atto del 26.4.1979, autenticato da notaio;
non avendo gli esperti designati dalle parti raggiunto l'accordo, neppure sulla nomina del terzo esperto, l'Ente aveva adito il Presidente del tribunale, che aveva designato un terzo esperto;
il collegio dei tre esperti, con nota del 13.5.1986 aveva trasmesso la relazione di stima delle azioni, nella quale il valore delle azioni era stato determinato in L. 98.000.000;
tale valutazione era erronea ed iniqua.
Il convenuto resisteva.
Il tribunale, espletata consulenza tecnica, con sentenza del 13.4.1998: annullava la stima compiuta dagli esperti;determinava in L. 276.346.700 il valore delle azioni;condannava il convenuto al pagamento della somma di L. 239.122.700 oltre interessi. Avverso la sentenza proponeva appello l'Ente, lamentando l'erroneità, per difetto, sotto vari profili, della determinazione del valore delle azioni.
Resisteva il D'Alì, che, mediante appello incidentale, sosteneva che il tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l'azione o rigettarla, poiché il valore del pacchetto azionario, applicando la rivalutazione prevista dalla legge n. 576 del 1975, sarebbe stato di L. 35.298.510, inferiore al prezzo pagato.
La Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 20.7.2001, accoglieva l'appello incidentale e dichiarava inammissibile la domanda dell'Ente. Considerava la corte:
con il trasferimento delle azioni le parti, nel disciplinare, nei termini di cui alle lettere di proposta ed accettazione del trasferimento, le modalità di determinazione del valore reale delle azioni ai fini della corresponsione dell'eventuale plusvalore rispetto al prezzo pagato in base al valore nominale, avevano stipulato anche una perizia contrattuale;
il tribunale, condividendo tale qualificazione, aveva ritenuto di dover accertare se la determinazione della prestazione da parte degli esperti fosse stata manifestamente iniqua o erronea, ai sensi dell'art. 1349 c.c., disponendo consulenza tecnica e procedendo a nuova determinazione;
erroneamente il primo giudice aveva ritenuto censurabile nel merito per iniquità la determinazione degli esperti, poiché secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, l'iniquità del lodo reso in un arbitrato libero, al quale si assimila la perizia contrattuale, può rilevare, come vizio della volontà, in quanto costituisca espressione di dolo arbitrale, mentre non è applicabile la disciplina prevista dall'art. 1349 c.c., che è finalizzata alla tutela della rilevante sperequazione tra prestazioni contrattuali contrapposte (sent. n. 4253/74;n. 1459/75;n. 1341/88;n. 6311/86;
n. 2931/91;n. 9654/92;n. 9070/95);
secondo la giurisprudenza di legittimità, la perizia contrattuale costituisce figura contrattuale autonoma, che si differenzia sia dall'arbitrato, rituale o irrituale, con cui le parti tendono (in diversi modi) alla definizione di una controversia, sia dall'arbitraggio avente ad oggetto l'incarico di determinare uno degli elementi del negozio in via sostitutiva della volontà delle parti, e si configura allorché le parti conferiscono al terzo lo svolgimento, in base alla sua specifica capacità tecnica, di constatazioni e di accertamenti il cui esito esse si impegnano ad accettare (sent. n. 3005/87;n. 10554/98;n. 1721/98;n. 12155/99);
si configuri o meno sul piano dogmatico la perizia contrattuale come figura giuridica distinta dall'arbitrato irrituale, non si può dubitare che ad essa non è applicabile il disposto dell'art. 1349 c.c., dettato esclusivamente per l'arbitraggio.
Avverso la sentenza l'E.S.P.I. ha proposto ricorso per Cassazione, affidandone l'accoglimento a sette motivi.
Ha resistito, con controricorso, il D'Alì.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 806 e 807 c.p.c. nonché dell'art. 1349 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. Il ricorrente, in contrapposizione a quanto affermato dalla corte d'appello a sostegno della dichiarazione di inammissibilità della domanda diretta far valere la manifesta iniquità ex art. 1349 della determinazione del valore delle azioni da parte degli esperti, incaricati dell'espletamento di una perizia contrattuale, sul rilievo che questa, sia come specificazione dell'arbitrato irrituale, sia come figura autonoma distinta sia dall'arbitrato irrituale che dall'arbitraggio, non è riconducibile nell'ambito dell'art. 1349, che è disposizione dettata esclusivamente per l'arbitraggio, sostiene che la fattispecie in esame rientra nell'ambito dell'art. 1349 quale ipotesi di arbitraggio.
Rileva che dottrina e giurisprudenza individuano concordemente la distinzione tra arbitrato libero o irrituale ed arbitraggio nel fatto che il primo ha per oggetto la definizione di una controversia insorta su un rapporto giuridico preesistente e sulle posizioni giuridiche che esso involge, mentre il secondo prescinde dalla risoluzione di una controversia ed è diretto al perfezionamento di un rapporto negoziale incompleto.
Considera che nel caso in esame le parti non avevano previsto il ricorso agli esperti per la soluzione di una controversia, bensì per completare, mediante la determinazione del valore reale delle azioni, trasferite dietro corresponsione di un prezzo corrispondente al loro valore nominale da integrare con l'eventuale plusvalore, un negozio giuridico in fase di formazione, ed in tal modo avevano pattuito l'espletamento di una perizia contrattuale. Figura che ricorre, secondo la giurisprudenza di legittimità, quando le parti di un rapporto conferiscono a una o più persone, scelte per la loro particolare competenza tecnica, l'incarico di compiere un accertamento tecnico, che preventivamente si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro volontà.
Afferma, conclusivamente, che la fattispecie, mentre presenta caratteri incompatibili con l'inquadramento nell'ambito dell'arbitrato libero, che postula un rapporto perfetto ed una controversia da definire, si accosta all'arbitraggio, anche se da questo si distingue in ragione della qualità dei soggetti ai quali è deferito il completamento del rapporto negoziale, che devono essere dotati di particolare competenza tecnica, e rientra quindi nella disciplina dettata dall'art. 1349 c.c.. 1.1. Il motivo non è fondato.