Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/07/2006, n. 16898
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È manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 76 e 77 Cost., la questione di legittimità costituzionale del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, sollevata sotto il profilo della violazione della delega legislativa in relazione al supposto mancato rispetto del termine di sei mesi per l'emanazione da parte del Governo del decreto delegato, previsto dall'art. 1, secondo comma, della legge 14 maggio 2005, n. 80. Difatti, l'art. 1, secondo comma, della legge n. 80 del 2005 ha previsto non solo un termine semestrale per l'adozione da parte del Governo del d.lgs., ma anche l'eventualità di una proroga di centoventi giorni nel caso in cui il termine di sessanta giorni (dalla data di trasmissione dello schema di decreto al Parlamento) per la formulazione del parere delle competenti Commissioni parlamentari venisse a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del suddetto termine semestrale o successivamente. E di tale proroga deve tenersi conto nella specie, atteso che il termine di sessanta giorni è venuto a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine semestrale (15 novembre 2005), considerato che lo schema di d.lgs. è stato trasmesso dal Ministro per i rapporti con il Parlamento al Senato il 5 settembre 2005 ed alla Camera il 12 settembre 2005.
La controversia concernente l'eleggibilità a consigliere regionale ovvero la decadenza da tale carica di un amministratore di una società interamente partecipata dalla Regione è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.
Qualora una Regione non abbia ancora provveduto a disciplinare con legge i casi di ineleggibilità a consigliere regionale, ai sensi dell'art. 122, primo comma, Cost. e dell'art. 2 della legge 2 luglio 2004, n. 165, è applicabile, nei confronti dell'amministratore di una società interamente partecipata dalla Regione, la causa di ineleggibilità a consigliere regionale prevista dall'art. 2, n. 10, della legge 23 aprile 1981, n. 154, la quale non è esclusa dalla circostanza che il candidato venga eletto nella quota maggioritaria mediante inserimento nel cosiddetto listino del Presidente (art. 1 della legge 23 febbraio 1995, n. 43).
In una controversia concernente l'eleggibilità a consigliere regionale ovvero la decadenza da tale carica, l'adozione nel giudizio di secondo grado, anziché del procedimento in udienza pubblica, di un procedimento in camera di consiglio in cui sia stata effettuata la discussione delle parti, sia stato pronunciato il dispositivo in udienza e sia stata emessa una decisione in forma di sentenza, non può comportare la nullità della sentenza, in assenza della deduzione dello specifico pregiudizio al diritto di difesa che sarebbe derivato dal rito seguito.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto -
Dott. NICASTRO Gaetano - Presidente di sezione -
Dott. VELLA Antonio - Presidente di sezione -
Dott. ALTIERI Enrico - Consigliere -
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Consigliere -
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. BONOMO Massimo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FI ND, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato IVONE CACCIAVILLANI, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
RI RD, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BASSANO DEL GRAPPA 24, presso lo studio dell'avvocato MICHELE COSTA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FERDINANDO BONON, CLAUDIO MICHELON, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
nonché contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA, CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO, REGIONE VENETO;
- intimati -
e sul 2^ ricorso n. 08899/06 proposto da:
FI ND, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato IVONE CACCIAVILLANI, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
RI RD, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BASSANO DEL GRAPPA 24, presso lo studio dell'avvocato MICHELE COSTA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FERDINANDO BONON, CLAUDIO MICHELON, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
nonché contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI VENEZIA, CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO, REGIONE VENETO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI
CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 334/06 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 02/03/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/07/06 dal Consigliere Dott. BONOMO Massimo;
uditi gli avvocati Ivone CACCIAVILLANI, Luigi MANZI, Ferdinando BONON, Claudio MICHELON;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico che ha concluso per il rigetto del secondo motivo, A.G.O., rinvio per il resto ad una sezione semplice.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 21 luglio 2005, NA IN, in qualità di elettore e candidato, partecipante alla consultazione elettorale del 3 e 4 aprile 2005 per l'elezione dei membri del Consiglio Regionale del Veneto, premesso che era risultato eletto anche RE TO il quale, all'epoca della candidatura e della consultazione, rivestiva la carica di amministratore della società Veneto Acque s.p.a., interamente partecipata dalla Regione Veneto, con conseguente ineleggibilità ai sensi della L.23 aprile 1981, n. 154, art. 2, nonostante le dimissioni
rassegnate solo ad elezione avvenuta, chiedeva al Tribunale di Venezia che fosse dichiarata l'ineleggibilità dell'TO alla carica di consigliere regionale o la sua decadenza dalla medesima carica laddove nelle more fosse intervenuta la convalida da parte del Consiglio Regionale.
L'TO si costituiva opponendosi alla domanda e formulando diverse eccezioni.
Interveniva volontariamente in giudizio, nella qualità di elettore, ST RR avvalendosi dell'azione popolare di cui alla L. n. 108 del 1968, art. 19, ed associandosi alle difese dell'TO.
Con sentenza del 2 novembre 2005 il Tribunale di Venezia accoglieva il ricorso e, accertata l'ineleggibilità dell'TO, lo dichiarava decaduto dalla carica di consigliere comunale. Con sentenza depositata il 2 marzo 2006, la Corte d'appello di Venezia, dichiarava inammissibile l'appello proposto da RR ST e rigettava quello proposto da RE TO, condannando entrambi, in solido alla rifusione delle spese del grado di giudizio.
Osservava la Corte territoriale, per quanto rileva in questa sede:
a) che doveva escludersi che la sentenza impugnata fosse affetta da nullità, avendo il Tribunale letto il dispositivo in un'udienza che non era stata diversa da quella in cui le parti aveva discusso la causa;
b) che la disciplina statale dell'ineleggibilità contenuta nella L. n. 154 del 1981, art. 2 n. 10, non era stata implicitamente abrogata dalla L. n. 165 del 2004, di attuazione dell'art. 122 Cost., comma 1, non avendo la Regione Veneto ancora emanato le
norme di dettaglio;
c) che per i candidati eletti nel c.d. listino del Presidente il meccanismo elettorale non incide sulla ricorrenza dell'ipotesi di ineleggibilità, poiché anche loro partecipano alla campagna elettorale.
Avverso la decisione della Corte d'appello RE TO proponeva un primo ricorso per cassazione, depositato il 16 marzo 2006 (N.R.G. 7528/06), ed un secondo ricorso, di analogo contenuto, con la specificazione dei quesiti di diritto sottoposti alla Corte, depositato il 29 marzo 2006 (N.R.G. 8899/06). L'TO ha depositato una memoria illustrativa ed ha presentato note di udienza ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 379 c.p.c. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I due ricorsi dell'TO, di contenuto analogo, devono essere riuniti, essendo diretti contro la medesima sentenza.
2. Nei confronti del primo ricorso (N.R.G. 7528/06) il controricorrente ha sollevato un'eccezione di inammissibilità per la mancata formulazione dei quesiti di diritto previsti dall'art.366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art.6, ed entrato in vigore il 2 marzo 2006, data di deposito della
sentenza impugnata in questa sede.
Replica l'TO che il D.Lgs. n. 40 del 2006 sarebbe palesemente incostituzionale per violazione della delega, essendo il termine semestrale previsto dalla L. n. 80 del 2005, art. 1.2, (pubblicata sulla GU il 14 maggio 2005 ed entrata in vigore il giorno successivo) scaduto il 15 novembre 2005, mentre la delibera legislativa da parte del Consiglio dei Ministri venne adottata nella riunione del 22 dicembre 2005.
3. Il primo ricorso (N.R.G. 7528/06), il quale contiene motivi di impugnazione ex art. 360, nn. 1, 3 e 4, è inammissibile per la mancata formulazione dei quesiti di diritto prescritta, a pena di inammissibilità, dall'art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, entrato in vigore il 2 marzo 2006 ed
applicabile nella specie, essendo la sentenza impugnata stata depositata in tale ultima data.
La questione di costituzionalità prospettata dall'TO è manifestamente infondata. È vero che la L. 14 maggio 2005, n. 80, art. 1, comma 2, prevedeva un termine semestrale per l'adozione da
parte del Governo del decreto legislativo ma era anche prevista l'eventualità di una proroga di centoventi giorni nel caso in cui il termine di sessanta giorni (dalla data di trasmissione dello schema di decreto al Parlamento) per la formulazione del parere delle competenti Commissioni parlamentari venisse a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del suddetto termine semestrale o successivamente.
Nella specie, deve tenersi conto della proroga perché lo schema di decreto legislativo è stato trasmesso dal Ministro per i rapporti con il Parlamento al Senato il 5 settembre 2005 ed alla Camera dei Deputati il 12 settembre 2005 (i rispettivi pareri sono stati espressi l'8 novembre 2005 ed il 22 novembre 2005, come si ricava dal preambolo del D.Lgs. n. 40 del 2006), sicché il suddetto termine di sessanta giorni era venuto a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine semestrale (15 novembre 2005).
4. In relazione al secondo ricorso (N.R.G. 8899/06) eccepisce il controricorrente, richiamando la giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. Un., 11 novembre 1994 n. 9409, Cass. 10 febbraio 2005 n. 2704), che esso sarebbe inammissibile perché integrativo del primo e non indicato espressamente come sostitutivo del precedente.
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