Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 22/02/2018, n. 04340

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 22/02/2018, n. 04340
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 04340
Data del deposito : 22 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso 22741-2012 proposto da: BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A. C.F. 09339391006, pm-nna de.,1 1.(Q,1Q z,gppsentante pro temporp, eleUtivdmelite domiciliata in RIv/A, VIA PC 2b-B, presso lo studio dell'avvocato R P, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato F G, giusta procura speciale notarile in atti;

- ricorrente -

contro

COSTA ALDO CSTLDA40C15D969E;

- intimato -

Nonché da: COSTA ALDO CSTLDA40C15D969E, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CELIMONTANA

38, presso lo studio dell'avvocato P P, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato M L, giusta delega in atti;
- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A. C.F. 09339391006, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell'avvocato R P, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato F G, giusta delega in atti;
- con troricorrente al ricorso incidentale - avverso la sentenza n. 441/2012 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 24/04/2012 R.G.N. 804/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2017 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R S che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi;
udito l'Avvocato TIZIANA SERRANI per delega verbale Avvocato R P;
udito l'Avvocato P P. Li," 1)5 lo-2017 !cm u 1( 05 17) / ne. 22741-17 SVOLGIMENTO del

PROCESSO

La Corte di Appello di Genova con sentenza n. 441 del 13 / 23 aprile 2012 rigettava le impugnazioni proposte in via principale da

COSTA

Aldo ed in via incidentale dalla S.p.a. BANCA NAZIONALE del LAVORO avverso la pronuncia, pubblicata il 9 novembre 2010, con la quale il locale giudice del lavoro aveva in parte accolto la domanda del C, ex dirigente della banca alle cui dipendenze aveva lavorato dal novembre 1960 sino al 31 marzo 2005, quasi sempre all'estero, volta ad ottenere la condanna della società a corrispondergli il maggior importo vantato sul trattamento di fine rapporto liquidatogli, siccome derivante dall'inclusione nella base di calcolo dell'indennità di trattamento estero e di tutti gli altri rimborsi e benefits dei quali aveva goduto durante la sua permanenza all'estero, ammontanti alla maggior somma quantificata dall'attore in ragione di 741.746,63 euro, ed accolta invece nella misura di euro 433.146,01 all'esito di apposita c.t.u. contabile. Il Tribunale, infatti, respinta l'eccezione di prescrizione opposta dalla resistente, aveva accolto la domanda limitatamente all'inclusione del calcolo dell'indennità di buonuscita e poi di T.F.R. dell'indennità di trattamento estero e il rimborso delle imposte pagate all'estero, comunque fino a giugno dell'anno 1995, epoca di entrata in vigore della nuova contrattazione collettiva invocata da parte convenuta. Aveva invece escluso la fondatezza della azionata pretesa creditoria in relazione alle altre voci dedotte in giudizio, quali i rimborsi spese per l'affitto ed altri simili, rispetto ai quali non poteva riconoscersi l'asserita natura retributiva. Per contro, l'indennità di sede o di trattamento estero era stata nella fattispecie considerata come avente esclusivamente natura retributiva dal momento che il C aveva goduto, a parte e in aggiunta, di una serie di rimborsi spese, escludendo che potesse valere in senso favorevole alla tesi della Banca il fatto che nella lettera di incarico in data 27 gennaio 1972 fosse stato specificato che nelle indennità di risoluzione del rapporto si sarebbe tenuto conto soltanto della retribuzione che il ricorrente avrebbe percepito in Italia;
così opinando, secondo il giudice di primo grado, si sarebbe trattato di una pattuizione nulla poiché contraria alla normativa inderogabile ex articolo 2120 del codice civile. Inoltre, quanto al rimborso delle imposte pagate all'estero, il tribunale aveva concluso per la natura remunerativa di tale compenso, ciò sulla base del fatto che la banca non aveva provato e neppure dedotto che se il ricorrente avesse lavorato in Italia avrebbe pagato imposte inferiori. In relazione alle anzidette impugnazioni, la Corte territoriale ha ritenuto di dover confermare integralmente quanto deciso come da dispositivo della appellata sentenza, esclusa la parte in cui in base all'articolo 94 del contratto collettivo 1995 era stato ritenuto che per il periodo successivo non dovesse computarsi nella base di calcolo del t.f.r. l'indennità estero e il rimborso delle imposte. A tal riguardo la Corte di Appello chiariva che il tribunale, dopo avere o5-1o_2()17 (cx c.c. 16 1)5 171 / r.. 274l- affermato che per il periodo successivo al 1995 andavano esclusi l'indennità estero e di rimborso delle imposte, aveva condannato tuttavia la banca al pagamento dell'importo di C 433.146,01 corrispondente a quello indicato dal c.t.u. proprio per l'ipotesi, tra tutte quelle ivi considerate, in cui si fosse dovuto invece considerare anche il periodo successivo. Questa era la ragione per la quale la sentenza appellata, ancorché in parte errata in motivazione, andava comunque confermata nella sua parte espositiva. La Corte genovese, quindi, osservava come lo stesso attore con il ricorso introduttivo del giudizio avesse distinto, nell'ambito di quanto th-treerrrte da egli percepito, l'indennità estero dai rimborsi spese corrisposti a vario titolo durante i periodi lavorati all'estero. A tal riguardo riteneva di confermare l'orientamento giurisprudenziale ivi citato (Cass. n. 24875 del 2005), secondo cui all'indennità estero doveva riconoscersi natura integralmente retributiva, di modo che la stessa andava computata nella base di calcolo del T.F.R. ex articolo 2120 c.p.c., per cui andava escluso soltanto quanto corrisposto a titolo di rimborso spese. Tuttavia, anche per il rimborso delle imposte pagate all'estero, secondo la Corte ligure, doveva ritenersi la natura retributiva, per quanto motivato condivisibilmente dal giudice di primo grado, non avendo la società dimostrato che in Italia il dipendente avrebbe pagato meno imposte, sicché non si poteva affermare tale rimborso fosse stato riconosciuto al COSTA per indirizzarlo di un maggior esborso determinato dal suo soggiorno all'estero. Per contro, avevano natura meramente risarcitoria gli altri emolumenti corrisposti a titolo di rimborso, in ordine alle specifiche nominate spese sostenute dall'attore per trasferirsi e soggiornare fuori Italia, ciò non soltanto in base al loro stesso titolo, ma anche perché il lavoratore, cui incombeva il relativo onere probatorio (cit. Cass. 23622/2010), non aveva dimostrato nulla di diverso. Inoltre, dai documenti prodotti risultava confermato che le somme in questione erano dirette, secondo la volontà delle parti, a compensare i lavoratori dei maggiori oneri derivanti dal soggiorno all'estero in relazione agli specifici ambiti indicati nei documenti che ne prevedevano l'erogazione, laddove proprio il C nel suo ricorso introduttivo aveva fatto riferimento agli stessi titoli di imputazione specifica. Di conseguenza, di tali emolumenti era corretto non tener conto ai fini del calcolo del T.F.R.. Per altro verso, era infondata l'eccezione di prescrizione reiterata dalla Banca, richiamandosi il principio, affermato da questa Corte con sentenza n. 9695 del 2009, secondo cui il diritto al T.F.R. sorge unicamente con la cessazione del rapporto, di guisa che solo da tale momento può essere azionato. Come già anticipato, la sentenza appellata andava riformata nella sua motivazione laddove aveva ritenuto che l'articolo 94 del C.C.N.L. 1995 avrebbe escluso, per il periodo successivo H5-111-2017 c'ex ce I(, oti 17) r 22741 - 12 alla sua entrata in vigore, dalla sua retribuzione annua lorda per il calcolo del T.F.R. l'indennità estero e il rimborso delle imposte, trattandosi di norma che riguardava soltanto emolumenti di carattere eccezionale, i rimborsi spese e i trattamenti di missione individuati contrattualmente, costituendo perciò una specificazione di quanto previsto dall'articolo 2120 c.c.;
ciò che tuttavia non determinava alcuna modifica del dispositivo dell'impugnata sentenza, che andava quindi confermato. Avverso l'anzidetta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. con atto della 17 ottobre 2012, affidato a quattro motivi, cui ha resistito il dottor A C mediante controricorso del 29 - 30 novembre 2012, con ricorso incidentale, affidato a un solo motivo. A quest'ultimo inoltre ha resistito la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. mediante controricorso in data 14/20 dicembre 2012. Fissata l'adunanza per il 16 maggio 2017, il collegio con ordinanza interlocutoria ha ritenuto utile la trattazione delle impugnazioni de quibus in pubblica udienza, in vista della quale le parti hanno depositato memorie illustrative. MOTIVI della DECISIONE A sostegno del suo ricorso BNL ha dedotto i seguenti motivi: 1) vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa l'accertamento della natura retributiva /risarcitoria dell'indennità estero e circa la sua integrale inclusione nel calcolo del T.F.R. - articolo 360 n. 5 c.p.c.;
2) vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. - articolo 360 n. 3 c.p.c. - circa l'accertamento della natura retributiva /rísarcitoria del rimborso delle imposte pagate all'estero, cui secondo la ricorrente andava riconosciuta natura esclusivamente risarcitoria, avendo errato la Corte di Appello nell'ipotizzare sul punto l'onere probatorio a carico di parte datoriale, convenuta in relazione alla mancata dimostrazione del pagamento di minor imposte in Italia invece che all'estero, laddove sarebbe stato onere dell'attore dimostrare la dedotta natura retributiva di tale emolumento;
3) omessa insufficiente o contraddittoria motivazione - articolo 360 n. 5 c.p.c. - nullità della sentenza o del procedimento - art. 360 n. 4 stesso codice - circa l'eccezione di prescrizione, atteso che il precedente giurisprudenziale richiamato dalla sentenza era inconferente rispetto al caso di specie in discussione. Peraltro, l'eccezione di prescrizione era stata sollevata con riferimento alla pretesa del COSTA di rideterminare le singole voci ud. lo_2()I7 c.c I(IL5 17) / r.u. 22741 - 12 del T.F.R., includendo nella base di calcolo la c.d. indennità estero e tutte le voci oggetto di controversia, anche in ordine alle quote non più assoggettabili all'ormai prescritta azione di accertamento, sicché la convenuta non aveva invece mai eccepito la prescrizione del diverso diritto del lavoratore alla liquidazione del T.F.R., complessivamente considerato, ossia comprensivo di tutte le quote annuali. La controversia, infatti, verteva sul quantum del T.F.R. dovuto e cioè sulla misura degli accantonamenti via via operati nel tempo da parte datoriale, di modo che le quote di retribuzione accantonate erano configurabili come oggetto tutti di un autonomo diritto rispetto al trattamento di fine rapporto. Il punto dirimente, trascurato dai giudici di merito, consisteva nel fatto che l'accertamento della misura del T.F.R. costituiva passaggio ineludibile ai fini dell'accoglimento della domanda e non già mera questione pregiudiziale da poter decidere incidentalmente, tanto con riferimento all'articolo 2948 n. 5 c.c., riguardo all'atto introduttivo costituito dalla notifica del ricorso introduttivo, avvenuta il 21 novembre 2006. Pertanto, risultava inadeguata la decisione impugnata, laddove aveva motivato il rigetto dell'eccezione esclusivamente in base alla mancata prescrizione del diritto alla liquidazione del T.F.R., cosicché del tutto erroneamente l'eccezione era stata rapportata al diritto alla liquidazione del complessivo trattamento di fine rapporto, anziché a quella opposta in relazione al diritto di accertamento dell'esatto ammontare delle singole quote anche in sede di condanna. La decisione, quindi, doveva ritenersi nulla, poiché non riferita a quanto opposto da parte convenuta, mancando l'esposizione delle ragioni che avrebbero potuto determinare il rigetto dell'eccezione effettivamente sollevata circa il diritto alla rideterminazione in sede di condanna di singole quote non più contestabile da parte del lavoratore. Dunque, sussisteva il denunciato vizio di omessa o quantomeno insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente ad un fatto decisivo ai fini del giudizio, laddove sotto altro profilo evidentemente la sentenza de qua aveva sostanzialmente omesso di pronunciare sulla eccezione proposta dalla banca in primo grado e reiterata in appello, con ciò incorrendo anche in error in procedendo, rilevante pure ex articolo 360 comma primo n. 4 c.p.c.;05-10-2017 ,e.cc 1(,05-14)/r 22741-12 4) violazione e falsa applicazione dell'articolo 94 del c.c.n.l. 22 giugno 1995 per il personale direttivo delle aziende di credito - art. 360 comma primo n. 3 c.p.c. - omessa insufficiente motivazione circa l'interpretazione e l'applicazione del citato articolo 94, ex art. 360 n. 5 c.p.c., avendo ritenuto erroneamente la sentenza impugnata che l'articolo 94 non avrebbe escluso, per il periodo successivo alla sua entrata in vigore, dalla retribuzione annua lorda per il calcolo del T.F.R. l'indennità estero e di rimborso delle imposte, laddove il richiamo del capitolo 220 dello stesso contratto stava ad intendere l'esclusione del T.F.R. di ogni trattamento corrisposto al personale direttivo in occasione e in ragione del trasferimento, sia che avesse come finalità rimborso spese, di tutela del dirigente contro i disagi connessi al trasferimento, sia che avesse finalità similari e fosse ispirato cioè d all'esigenza di compensare lavoratore per tutti i disagi connessi al trasferimento, come ad esempio il maggior costo della vita nei paesi di destinazione. La citata disposizione contrattuale escludeva, cioè, dalla retribuzione annua di riferimento non solo i trattamenti corrisposti in relazione a trasferte e missioni nel territorio italiano, ma anche tutte le erogazioni che pur non riconducibili in tali ipotesi avessero comunque finalità similari. Per contro, non era condivisibile l'interpretazione data dalla Corte di Appello alla disposizione in base ad una lettura talmente restrittiva da risultare in contrasto con lo stesso testo letterale di essa. Il riferimento al capitolo 22 0, relativo a missioni e trasferimenti, disciplinava tanto i trattamenti corrisposti al dirigente in occasione di missioni temporanee, quanto i trattamenti per il caso di peF-i-l-prrerprrte trasferimento. Peraltro, lo stesso articolo 94 con la disposizione di chiusura stabiliva che dal corpo del T.F.R. andava altresì escluso ogni altro trattamento corrisposto al dirigente trasferito o in missione ed avente finalità similari. Dunque, tutte le erogazioni in questione erano state certamente corrisposte al C soltanto in ragione e in occasione del trasferimento presso sedi estere, come pacificamente risultante tra le parti. Del resto, era stato pacificamente pattuito che il trattamento in questione sarebbe venuto meno in caso di rientro in patria del dipendente e che in caso di risoluzione del rapporto le relative indennità sarebbero state calcolate, coerentemente con il citato articolo 94, esclusivamente avuto riguardo alla c Ilco5 171 / r.. 22741 12 retribuzione spettante ad un pari grado in Italia. Il tribunale in primo grado aveva correttamente rilevato che almeno per il periodo successivo al giugno 1995 per il calcolo del T.F.R. spettante occorreva tener conto solo di quello che l'interessato avrebbe percepito se avesse lavorato in sede con identiche missioni. Era, dunque, certamente errata la sentenza di appello, laddove aveva escluso che la disposizione derogatoria di cui all'art. 94 non fosse applicabile anche agli emolumenti corrisposti in occasione del trasferimento del dirigente, come quelli percepiti dal C nel periodo in questione (cioè giugno 1995 al 31 marzo 2005). Era mancata, comunque, nella specie ogni indagine circa le concrete finalità dell'erogazione e la loro riconducibilità a quanto previsto dallo stesso articolo 94. Pertanto, aveva errato la Corte d'Appello che, nell'interpretare il citato articolo 94, aveva ritenuto che la disposizione derogatoria non riguardasse anche i trattamenti corrisposti al dirigente trasferito e non consentisse dunque di escludere alla base del computo del t.f.r. tutti gli emolumenti corrisposti al COSTA in occasione e in ragione del trasferimento presso sedi estere, previa indagine relativa alle finalità dell'erogazione, indagine però del tutto omessa. A sua volta, con il ricorso incidentale il COSTA ha lamentato violazione di legge rilevante ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all'articolo 2120 dello stesso codice, nonché violazione dell'articolo 2697 c.c. in tema di onere della prova sulla natura retributiva di rimborso delle spese di alloggio, viaggi autovetture e spese scolastiche, poiché la Corte distrettuale era caduta in un grave errore concettuale in merito alla nozione di rimborso spese, che l'articolo 2120 c.c. poneva come eccezione al principio di onnicomprensività. Effettivamente, le pronunce di questa Corte nn. 23622 del 2010 e 10986 del 2008 avevano affermato alcuni principi di diritto, cui la Corte di Appello si era attenuta, ma meritavano un supplemento di riflessione ed una totale definitiva rivisitazione, richiamando sul punto la motivazione di Cass. lav. 18 marzo 2009 n. 6563 relativa ad analoga fattispecie. Dunque, la Corte territoriale, violando l'articolo 2120 c.c., aveva errato nel ritenere che il rimborso delle spese di viaggio, alloggio, scuola del figlio e per autovettura fossero da lui 05-W-21117 (ex c e 1( 05 17) / r. 22741 - 12 considerarsi rimborsi spese esenti dalla base imponibile, essendo tali soltanto quando, non rivestendo i caratteri della continuità e della determinatezza o determinabilità, consistono nella reintegrazione di somme effettivamente sborsate dal dipendente medesimo nell'interesse dell'imprenditore e non attinenti all'adempimento degli obblighi impliciti nella prestazione lavorativa, cui egli è contrattualmente tenuto, come per esempio per i rimborsi a piè di lista. Il rimborso delle spese sostenute dal dipendente per un interesse della propria famiglia non aveva, invece, alcun diretto riferimento con l'esplicazione dell'attività lavorativa e si sostanza pertanto in un arricchimento secco del patrimonio del dipendente la cui natura retributiva e*. autoevidente. Insomma, l'accollo da parte datoriale del costo delle ordinarie esigenze di vita del lavoratore, cui è normalmente destinata la retribuzione, imponeva di considerare anche tale erogazione come retribuzione, trattandosi del medesimo concetto che spiega la natura retributiva dei cosiddetti fringe benefits, con la sola differenza che questi ultimi integrano retribuzione corrisposte in natura, con pagamento del controvalore direttamente all'erogatore del servizio, invece che sotto forma di stipendio al dipendente. Per altro verso, la sentenza di appello aveva errato laddove aveva sostenuto che spetterebbe al dipendente dimostrare la natura retributiva di un emolumento qualificato come rimborso nelle pattuizioni contrattuali, trattandosi di principio che scontava la medesima confusione concettuale in relazione al rimborso spese esenti ex articolo 2120, il cui testo del resto fa riferimento a tutte le somme compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, ad ogni modo spettando la prova liberatoria al debitore ex articolo 1218 c.c., per cui il creditore è tenuto a dimostrare quale fatto costitutivo del diritto vantato, la sola fonte del suo credito ma non anche l'inadempimento, mentre incombe al debitore allegare in via di eccezione e provare l'eventuale proprio adempimento, anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione ma il solo inesatto adempimento. Il principio di onnicomprensività della retribuzione imponibile ai fini del calcolo del T.F.R., ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, comportava quindi l'onere a carico di parte datoriale di dimostrare la ricorrenza di una delle esclusioni previste dalla Ltd. OD-111-21)Uxc IG115-17) r. 997411, legge o dalla contrattazione collettiva, potendo invece il dipendente limitarsi ad allegare di aver percepito un certo determinato emolumento con continuità in occasione del rapporto di lavoro. Dunque, non aveva pregio l'asserzione secondo cui sarebbe il dipendente a dover dimostrare la natura retributiva di un emolumento continuativamente percepito in occasione del rapporto di lavoro. Tanto premesso, entrambi i ricorsi, ovviamente qui riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c., vanno disattesi in forza delle seguenti considerazioni. Ed invero, quanto alla prima censura fatta valere da BNL in via principale, la stessa per come formulata risulta inammissibile, soprattutto perché non individua il fatto (secondo la nozione ex art. 360 n. 5 c.p.c., in base al testo nella specie ratione temporis applicabile, con riferimento alla pubblicazione in data 24-04-2012 della pronuncia de qua), di guisa che ogni altra questione di tipo giuridico, sulla natura, retributiva o risarcitoria, dell'indennità estero in discussione, con conseguente computabilità o meno della stessa nella base di calcolo del t.f.r., si palesa del tutto inconferente circa l'asserito difetto di motivazione, che non può comunque sfociare nella revisione del ragionamento decisorio seguito dalla Corte di merito, il cui apprezzamento in punto di fatto è poi incensurabile in questa sede di legittimità secondo le norme di rito che disciplinano tassativamente il ricorso per cassazione. Analoghe considerazioni valgono poi per quanto concerne il secondo motivo del ricorso principale riguardo alla pretesa violazione dell'art. 2697 c.c. in ordine al rimborso delle imposte pagate all'estero, risultando in particolare sul punto l'impugnazione assolutamente carente nella sua formulazione, contrariamente alle indicazioni a pena d'inammissibilità richieste dall'art. 366, co. I, c.p.c. (in particolare nella specie nn. 3, 4 e 6), visto che il ricorso sul punto (cfr. pgg. 12 e 13) -ha-stesse nulla precisa in ordine alle specifiche rivendicazioni di parte attrice ed alle conseguenti difese della convenuta, né riguardo alla relativa documentazione, tanto più che in proposito parte ricorrente si è limitata ad assumere «che gravava sul lavoratore l'onere di dimostrare, al contrario, che il rimborso delle imposte - nonostante fosse qualificato come "rimborso" - doveva invece (15-10-21) 17 ft', CC 16 0517) / 22741-1' ritenersi avere natura retributiva, in ragione della equivalenza del peso fiscale estero rispetto a quello italiano»;
locuzione che quindi per la sua genericità, sprovvista di idonea compiuta riproduzione ex art. 366 n. 6 cit., non consente di comprendere in quale precisa dinamica processuale si configurassero gli oneri di cui all'art. 2697 c.c., difettando anche l'individuazione dell'atto che aveva qualificato l'emolumento in termini di rimborso. Né può colmare la rilevata lacuna il richiamo ai principi di diritto affermati da Cass. lav. n. 10986 del 05/05/2008 e n. 23622 del 22/11/2010 (l'accertamento della natura retributiva o risarcitoria del trattamento economico aggiuntivo riconosciuto al lavoratore che presti la propria opera all'estero è riservato al giudice di merito, gravando sul lavoratore l'onere di provare che esse non siano riconducibili alla funzione di rimborso spese, ed al giudice di merito, che ne riconosca la natura retributiva, di indicare le specifiche ragioni del suo convincimento), laddove l'onere probatorio a carico del prestatore si fonda sul presupposto ("ove il contratto giustifichi l'erogazione delle somme in riferimento non al valore professionale della prestazione ma ai maggiori esborsi che il lavoratore deve sopportare per trasferirsi o per soggiornare all'estero insieme alla famiglia"), però rimasto del tutto oscuro nel caso qui in esame, siccome non chiarito da parte ricorrente. Vanno, ancora, disattese le doglianze mosse con il terzo motivo, laddove si censura impropriamente nelle forme del vizio di motivazione ex art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., che attiene esclusivamente alla ricostruzione della vicenda storica che ha dato origine alla controversia, ovvero del vizio procedurale ex art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., che sussiste solo nel caso in cui il medesimo sia tale da determinare la nullità della sentenza o del procedimento, la coerente applicazione da parte della Corte territoriale di un pacifico principio giurisprudenziale di legittimità. Invero, la prescrizione del diritto ad ottenere il pagamento del trattamento di fine rapporto decorre appunto dalla cessazione del rapporto e non va confuso col diritto, maturante anche nel corso di esso, ad accertare la quota temporaneamente maturata: l'uno ha per oggetto una condanna (necessariamente preceduta dall'accertamento), mentre l'altro ha per oggetto un accertamento mero;
ne deriva che la diversità di contenuto e maturazione LA. 1( 05 17) / r. 22741-12 temporale dei due diritti soggettivi comporta il distinto regime della prescrizione, senza che la diversità possa essere esclusa dalla loro connessione, data dalla parziale comunanza di elementi costitutivi (Cass. n. 8191 del 07/04/2006, che nella specie quindi confermava la sentenza di merito che aveva rigettato l'eccezione di prescrizione relativa al diritto dei lavoratori ad ottenere la riliquidazione del t.f.r., includendo nella base di calcolo di esso alcune voci, invece non considerate dal datore di lavoro. Conformi: Cass. n. 21239 del 2007, n. 9695 del 2009, n. 3894 del 2010. V. altresì Cass. lav. n. 11579 del 23/05/2014, secondo cui il diritto al trattamento di fine rapporto sorge alla cessazione del rapporto di lavoro e solo da questa data decorre il termine di prescrizione, mentre concorrono a determinarne l'ammontare anche gli accantonamenti relativi a retribuzioni per le quali il diritto sia ormai prescritto, poiché quelle retribuzioni rilevano solo come base di computo del t.f.r. e non come componenti del relativo diritto. Conforme Cass. n. 11470 del 1997. Cfr. pure Cass. lav. n. 11995 del 28/06/2004: la prescrizione quinquennale del credito relativo all'indennità di buonuscita prevista in favore del personale autoferrotranviario inizia a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro, che segna il momento di maturazione del diritto, al quale corrisponde un'obbligazione unica e non frazionabile. Ai fini del decorso della prescrizione non rileva quindi il fatto che solo successivamente, con la elaborazione dei conteggi di liquidazione, il dipendente venga a conoscenza dell'esatto ammontare della buonuscita. Conforme Cass. 8820 del 1993). Poiché nella specie l'azione fatta valere parte attrice era quella di condanna al pagamento di somme a titolo di t.f.r. il mezzo di gravame deve essere, dunque, respinto. Analogamente, infine, va detto per quanto concerne il quarto e ultimo motivo del ricorso principale, relativamente all'art. 94 del c.c.n.l. 1995 (Il trattamento di fine rapporto è determinato secondo le norme di legge che regolano la materia. Ai fini del comma che precede, la retribuzione annua di riferimento è composta, oltre che dallo stipendio, da tutti gli emolumenti costitutivi del trattamento economico aventi carattere continuativo anche se con corresponsione periodica. Da tale computo restano esclusi soltanto gli emolumenti di carattere eccezionale, quanto corrisposto a titolo di lo ud 051(-2017 uN c, 05 17) r 22741 - 12 effettivo rimborso, anche parziale, di spese sostenute ed i trattamenti corrisposti ai sensi del capitolo XXII del presente contratto o, comunque, corrisposti con finalità similari al dirigente trasferito o in missione. Per le anzianità maturate precedentemente al 1° luglio 1979 si applicano le disposizioni di cui all'accordo stipulato fra le parti il 16 maggio 1979 e dichiarazioni e accordi annessi, ferma restando la modifica determinatasi (a partire dal 10 giugno 1982 per effetto della legge 29 maggio 1982, n. 297) sui criteri stabiliti dall'accordo medesimo. ... OMISSIS ...). Orbene, del tutto corretta appare la decisione qui impugnata, laddove, pure alla stregua del contratto collettivo 1995, ha ritenuto di poter applicare i principi in materia fissati da questa Corte con la ~pronuncia di Cass. lav. n. 24875/2005, d'altro canto essendo pacifico che anche per l'arco temporale disciplinato dal c.c.n.l. 1995 al dr. C (rimasto alle dipendenze della BNL dal novembre 1960 sino al 31 marzo 2005, ricoprendo vari incarichi dirigenziali all'estero) sia stata sempre riconosciuta la particolare indennità del corrispondente trattamento. Infatti, esaminando la motivazione della sentenza n. 24875 in data 27/09 - 25/11/2005 -alla cui ampia e dettagliata disamina per brevità integralmente si rimanda- si rileva la sostanziale identità di disciplina in materia tra quella dettata dal c.c.n.l. 1983 e successivi, tra cui quella soprariportata del 1995, della quale si discute in questa sede. Ed in sensi analoghi recentemente sì è ancora pronunciata questa Corte con la sentenza n. 8086 del 03/02 - 21/04/2016, che rigettava analogo ricorso dell'attuale società ricorrente («... Partendo dal corretto rilievo che l'art. 2120 c.c. è ispirato al principio della onnicomprensività della retribuzione da prendere a base del TFR, principio che può essere derogato solo dai contratti collettivi stipulati successivamente alla entrata in vigore della normativa ed a condizione che gli stessi prevedano in modo esplicito la deroga, la Corte romana ha esaminato l'art. 65 del
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