Cass. civ., sentenza 23/10/2003, n. 15935

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Massime1

Le somme accantonate ex lege dalle societa' di assicurazione per costituire o integrare le riserve matematiche del ramo vita, utilizzando in parte i premi e in parte gli interessi prodotti dagli investimenti obbligatori in titoli (ancorche' all'epoca esenti da imposta sul reddito), non possono essere equiparati ai costi o agli altri oneri concorrenti alla formazione del reddito che, in quanto non esclusivamente afferenti i ricavi imponibili, sono deducibili, ai sensi degli artt. 74, comma secondo, D.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 e 75, comma quinto, T.U. 22 dicembre 1986 n. 917, nelle proporzioni previsto dai corrispondenti artt. 58 D.P.R. n. 597/1973 e 63 T.U. n. 917/1986 (cosiddetta pro rata), con la conseguenza che tali somme configurando ricavi sospesi o differiti e, quindi, componenti negativi del reddito, sono deducibili interamente nei singoli esercizi in cui vengono contabilizzati fino al limite massimo ammesso dalle leggi, indipendentemente dalla loro composizione. *Massima redatta dal Servizio di documentazione Economica e Tributaria.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sentenza 23/10/2003, n. 15935
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15935
Data del deposito : 23 ottobre 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

 Fatto
Sulla base di processo verbale di constatazione del Secit, l'Ufficio
distrettuale delle Imposte Dirette di Roma, con distinti avvisi notificati
il 23 dicembre 1991, rettifico' la dichiarazione per gli anni 1985, 1986 e
1987 della F. xxx di Assicurazioni e Riassicurazione S.p.a., elevando il
reddito imponibile ai fini Irpeg e, di conseguenza, Ilor da lire

5.551.247.000 a lire 7.343.780.000. In particolare, l'Ufficio recupero' a
tassazione una quota degli accantonamenti a riserva matematica e delle spese
per provvigioni, applicando ai suddetti elementi negativi, integralmente
dedotti dalla F. xxx, il coefficiente di indeducibilita' determinato dalla
Compagnia nelle dichiarazioni annuali ai sensi degli artt. 58 e 74 D.P.R. n.
597/1973, con riferimento alle spese generali ed agli ammortamenti dei beni
strumentali.
A motivazione degli avvisi di accertamento l'Ufficio, facendo propria
l'impostazione dell'organo ispettivo, rilevo': l'accantonamento a riserva
matematica previsto dall'art. 18 del D.P.R. n. 598/1973 a copertura dei
rischi assicurativi e costituente una componente negativa del reddito di
impresa e' formato, in maniera indistinta, dai premi puri pagati dagli
assicurati e dai proventi finanziari - in parte imponibili e in parte esenti
- derivanti dagli investimenti;
per l'art. 74 D.P.R. n. 597/1973, norma di
portata generale, cosi' come per l'art. 75 del D.P.R. n. 917/1986, i costi e
gli oneri sono interamente deducibili se ed in quanto si riferiscano ad
attivita' o beni da cui derivino ricavi imponibili;
ove invece non siano
suscettibili di imputazione specifica o di esclusiva afferenza a ricavi
imponibili, i costi e gli oneri sono deducibili nelle proporzioni previste
dall'art. 58, come modificato dall'art. 28 della L. n. 576/1975;
da tale
sistema normativo consegue che, per essere in parte costituito da redditi
non esenti, l'accantonamento alla riserva matematica non e' interamente
deducibile ma soggiace al principio di proporzionalita', a nulla rilevando
la consueta distinzione operata dalle imprese di assicurazione tra gestione
tecnica e gestione patrimoniale.
I ricorsi presentati dalla societa' sotto molteplici profili,
essenzialmente riconducibili alla violazione delle norme che disciplinano la
deducibilita' di costi e oneri nell'ambito del reddito d'impresa, vennero
accolti, previa riunione, dalla Commissione tributaria di I grado di Roma,
con decisione del 25 ottobre 1994.
L'appello proposto dall'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di
Roma fu accolto dalla Commissione tributaria di II grado in sede, con
decisione resa pubblica l'11 dicembre 1995.
La Commissione tributaria centrale, con sentenza 11 gennaio 1991 n. 201,
accoglieva il ricorso proposto dalla F. VI limitatamente ai costi e agli
oneri di acquisizione e incasso premi.
Per supportare la statuizione investita dall'odierno ricorso per
cassazione, la Commissione tributaria centrale ha cosi' argomentato: il
principio generale che determina il reddito delle persone giuridiche,
contenuto nell'art. 74 del D.P.R. n. 597/1973 e ribadito dall'art. 75 del
D.P.R. n. 917/1986, e' quello per il quale i costi vanno detratti dai ricavi
conseguiti;
la detraibilita' e' totale per i costi suscettibili di
imputazione specifica e proporzionale per gli altri. Tale sistema, di
immediata intelligenza qualora si tratti di attivita' diretta alla
produzione di beni, cioe' di attivita' industriale vera e propria, non puo'
immediatamente essere adottato nei riguardi delle imprese di assicurazione
le quali, per la formazione del loro prodotto, consistente nella
realizzazione di un capitale o di un reddito futuro a favore del contraente,
non affrontano costi nel significato sopra richiamato. Per tale ragione il
legislatore, prima con l'art. 18 del D.P.R. n. 598/1973 e dopo con l'art.
103 del D.P.R. n. 917/1986, ha disciplinato gli accantonamenti a riserva
matematica come componente negativa del reddito di impresa. Senza tale
esplicita norma, non sarebbe stato possibile per l'impresa di assicurazione
detrarre dal reddito le somme che deve obbligatoriamente accantonare per
garantire al contraente il rispetto, nel futuro, dell'obbligo assunto al
momento della stipula del contratto. "La norma in questione pertanto, piu'
che speciale nel senso derogatorio che tale espressione assume nel
linguaggio giuridico, puo' essere piu' propriamente definita specifica in
quanto diretta a regolamentare una ben determinata situazione di esercizio
di attivita' che, per le sue caratteristiche economico-produttive, non
potrebbe essere ricompresa nella previsione della norma generale sui costi
di produzione". Poiche' la norma di cui all'art. 18 del D.P.R. n. 598/1973,
ripresa dall'art. 103 del D.P.R. n. 917/86, "si limita unicamente a indicare
la componente negativa del reddito senza contestualmente prevedere le
modalita' con le quali la detrazione debba essere calcolata... per il
criterio ermeneutico suggerito sia dalla comune ragion d'essere, cioe'
l'individuazione del reddito netto, sia dalla mancanza di esplicita
contraria determinazione normativa, bisogna far riferimento ai criteri
generali indicati dall'art. 74 del D.P.R. n. 597/1973 e ribaditi dall'art.
75 del D.P.R. n. 917/1986, concernenti la determinazione dei costi di
produzione". Cio' in quanto le somme accantonate a riserva matematica per le
assicurazioni sulla vita, "derivano anche da attivita' di investimento i cui
frutti, che provengono da attivita' solo in parte fiscalmente esenti, non
sono diretti in via esclusiva a costituire quanto sara' poi dovuto
all'assicurato, ma vengono destinati anche alla formazione del reddito della
societa' assicuratrice".
"... la norma che prevede gli accantonamenti a riserva... riguarda solo il
processo di accumulo della societa' assicurativa la quale, una volta
acquisiti i mezzi finanziari, sia attraverso la riscossione dei premi sia
attraverso i frutti degli investimenti, non li detiene per conto dei clienti
ma li gestisce al pari di qualsiasi altra impresa nella pienezza della
propria responsabilita' imprenditoriale ricavandone proventi che serviranno
non solo a garantire i suoi obblighi nei confronti dei clienti, ma anche a
ricavarne utili per la societa' stessa". "Di conseguenza, appare corretta la
tesi dell'Ufficio impositore secondo cui tali proventi non possono essere
considerati totalmente esenti in virtu' della loro destinazione agli
accantonamenti poiche' la loro totale detrazione sarebbe possibile solo
qualora essi fossero interamente a cio' destinati fin dal momento della loro
percezione e non costituissero invece provento di reddito, promiscuamente
composto, che solo parzialmente sara' accantonato per obbligo di legge".
Per la cassazione della su riportata sentenza la F. xxx di Assicurazioni
e Riassicurazione S.p.a. ha proposto ricorso affidato a sette motivi, in
seguito illustrati con memoria.
Non si difende l'Amministrazione intimata.
Diritto
Con il primo motivo la F. lamenta omessa pronuncia su di un punto
determinante della controversia (art. 360, n. 5, del codice di procedura
civile
) adducendo quanto segue. Per l'Amministrazione finanziaria
l'applicazione della proporzione di indeducibilita' non si giustifica per il
fatto che i proventi esenti debbano considerarsi prodotti dalle
disponibilita' conseguenti agli accantonamenti;
il costo rappresentato,
dall'accantonamento non sarebbe cioe' direttamente riferibile al provento
esente, che deriva dall'investimento in titoli finanziato
dall'accantonamento medesimo, correlandosi genericamente a attivita' o beni
dell'impresa ovverosia al flusso dei premi e dei proventi patrimoniali. Con
tale impostazione l'Amministrazione ha applicato la regola riguardante i
costi non suscettibili di imputazione specifica prevista dell'art. 75, comma
quinto, del D.P.R. n. 917/1986. Cio' posto, la Commissione non ha
minimamente statuito sulla eccezione sollevata dalla F. in tutti i gradi del
giudizio e relativa al vizio inficiante l'iter logico seguito dall'organo
ispettivo e, di riflesso, dall'Ufficio negli avvisi di accertamento
impugnati, che risultano fondati su di una norma - l'art. 75, comma quinto,
del D.P.R. n. 917/1986 - non ancora in vigore nel periodo di imposta
1985-1987, cui l'accertamento si riferisce, in tali anni vigendo ancora il
D.P.R. n. 597/1973, e in particolare l'art. 74 al cui disposto avrebbe
dovuto farsi riferimento esclusivo per la risoluzione della controversia.
Ne' potrebbe sostenersi che sulla diversita' delle due norme la
Commissione centrale poteva esimersi dal pronunciarsi, dando per scontato
che l'art. 75, comma quinto, D.P.R. n. 917/1986 sia in toto analogo al
previgente art. 74, comma secondo, D.P.R. n. 597/1973. E nemmeno potrebbe
sostenersi sic et simpliciter che tutte le norme del Tuir siano meramente
interpretative di quelle recate dal D.P.R. n. 597/1973 e dagli altri
previgenti decreti in materia di imposte sul reddito, dovendosi esperire,
caso per caso, un'indagine diretta a stabilire se si tratti di norme
interpretative o innovative.
Con il secondo motivo - denunziata la violazione dell'art. 42 del D.P.R.
n. 600/1973 in tema di motivazione dell'atto di accertamento (art. 360, nn.
3
e 5, del codice di procedura civile) - la F. ascrive alla Commissione
centrale di avere ritenuto legittimi in parte qua gli atti di accertamento
impugnati, che, menzionando espressamente o indirettamente, tramite rinvio
al p. v. del Secit, le disposizioni del Tuir (anziche' quelle allora vigenti
del D.P.R. n. 597/1973), non assolvono affatto alla funzione di rendere
manifesto l'iter logico giuridico percorso dall'Amministrazione finanziaria
per giungere al recupero della maggiore imposta.
Con i successivi due motivi (il terzo e il quarto) la ricorrente
denunzia la violazione dell'art. 74, comma 2, D.P.R. n. 597/1973 (art. 360,
n. 3, del codice di procedura civile
) sotto i seguenti due distinti profili.
1) Nell'atto di accertamento viene recuperata a tassazione una quota
di costi in relazione alla percezione di proventi
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