Cass. pen., sez. VII, ordinanza 18/05/2018, n. 22088
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la seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: M G nato il 21/07/1974 a MOLFETTA avverso la sentenza del 10/05/2017 della CORTE APPELLO di B avviso alle parti;sentita la relazione svolta dal Consigliere E S;Motivi della decisione M G ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari indicata in epigrafe, con la quale è stata parzialmente riformata, con riduzione della pena, la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Bari in relazione al reato di cui all'art.707 cod. pen. commesso in Polignano a Mare il 18 aprile 2015 (capo A), al reato di cui agli artt.56,624,625 n.2 cod. pen. commesso in Polignano a Mare il 12 aprile 2015 (capo B), al reato di cui agli artt.56,624,625 n.2 cod. pen. commesso in Polignano a Mare il 11 aprile 2015 (capo C), al reato di cui agli artt.624,625 n.2 cod. pen., commesso in Polignano a Mare il 4 marzo 2015 (capo D). Con recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. L'esponente deduce che il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come furto tentato in quanto l'attività dell'agente era rimasta sotto la diretta osservazione della persona offesa, chiede l'applicazione dell'art.131 bis cod. pen. e la revoca dell'obbligo di firma per tenuità del fatto commesso. Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Si tratta di questione non proposta con l'appello. Secondo quanto affermato da questa Suprema Corte, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt.606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., dispone che non possano essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti di questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello. Tale regola trova il suo fondamento nella necessità di evitare che possa sempre essere dedotto un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non sottoposto al controllo della Corte di Appello, in quanto non devoluto con l'impugnazione (Sez.4, n.10611 del 4/12/2012, dep. 2013, Bonaffini, Rv.25663101). Dalla lettura di tali disposizioni in combinato disposto con l'art.609, comma 1, cod. proc. pen., che limita la cognizione di questa Corte ai motivi di ricorso consentiti, si evince l'inammissibilità delle censure che non siano state, pur potendolo essere, sottoposte al giudice di appello, la cui pronuncia sarà inevitabilmente carente con riguardo ad esse (Sez. 5, n.28514 del 23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 25557701;Sez.2, n.40240 del 22/11/2006, Roccetti, Rv.23550401;Sez.1, n.2176 del 20/12/1993, dep. 1994, Etzi, Rv.19641401). Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto meramente reiterativo di analoga istanza già sottoposta all'esame del giudice di appello, rigettata in ragione dell'abitualità del comportamento delinquenziale dell'imputato e per la misura della pena;con tale motivazione il ricorrente ha del tutto omesso di confrontarsi. L'istanza di revoca della misura cautelare risulta inammissibile in quanto proposta oltre il termine previsto dall'art.311 cod.proc.pen. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
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