Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/05/2004, n. 8564

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/05/2004, n. 8564
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 8564
Data del deposito : 5 maggio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M S - Presidente -
Dott. P D V M - Consigliere -
Dott. M F - rel. Consigliere -
Dott. C G - Consigliere -
Dott. T S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

S
sul ricorso proposto da:
GIRALDI ANGELO, D'AGOSTINO SILVESTRO, CAPUTO BRUNO, TRANQUILLO ANGELO, PISTILLO FRANCESCO, SASSANO MATTEO, M B, C E, B M, R R, C PASQUALE, COCO NAZARIO, DI SIPIO MATTEO, BASILE ANTONIO, DI MAGGIO MICHELE, domiciliati in ROMA presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, presso lo studio dell'avvocato C T, difesi dagli avvocati B D P, D C, giusta delega in atti;



- ricorrenti -


contro
FERROVIE DEL GARGANO S.R.L.;



- intimato -


e sul 2^ ricorso n. 01/02/9388 proposto da:
FERROVIE DEL GARGANO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA L. G.

FARAVELLI

22, presso lo studio dell'avvocato AURO MARESCA, che lo difende unitamente all'avvocato ANTONIO PANCALLO, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
e contro
GIRALDI ANGELO, D'AGOSTINO SILVESTRO, CAPUTO BRUNO, TRANQUILLO ANGELO, PISTILLO FRANCESCO, SASSANO MATTEO, MATARANTE ERMANNO, C E, B M, R R, C PASQUALE, COCO NAZARIO, DI SIPIO MATTEO, BASILE ANTONIO, DI MAGGIO MICHELE;

- intintati -
e sul 3^ ricorso n. 16511/02 proposto da:
GIRALDI ANGELO, D'AGOSTINO SILVESTRO, CAPUTO BRUNO, TRANQUILLO ANGELO, PISTILLO FRANCESCO, SASSANO MATTEO, MATARANTE ERMANNO, C E, B M, R R, C PASQUALE, COCO NAZARIO, DI SIPIO MATTEO, BASILE ANTONIO, DI MAGGIO MICHELE, elettivamente domiciliati in

ROMA VIALE PASTEUR

70, presso lo studio dell'avvocato C T, difesi dagli avvocati B D P, D C, giusta delega in atti;

- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
e contro
FERROVIE GARGANO S.R.L.;



- intimato -


avverso la sentenza n. 1143/01 della Corte d'Appello di BARI, depositata il 29/11/01 R.G.N. 84/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/04 dal Consigliere Dott. Francesco Antonio MAIORANO;

udito l'Avvocato DI PALMA;

udito l'Avvocato ROMEI per delega MARESCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

NARDI

Vincenzo che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale per quanto di ragione;
inammissibilità dei ricorsi incidentali.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Foggia Giraldi Angelo ed altri 16 lavoratori convenivano in giudizio le Ferrovie del Gargano S.r.l. per il pagamento delle somme loro dovute a titolo di risarcimento del danno per il mancato riposo settimanale, a decorrere dal gennaio 1981.
Le Ferrovie contestavano le domande ed il Tribunale le rigettava. La Corte d'Appello di Bari, investita in grado di appello su ricorso degli originari ricorrenti, con sentenza del 6 - 29/11/01, accoglieva in parte il gravame e condannava le Ferrovie del Gargano al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di L. 750.000, oltre rivalutazione monetaria ed agli ulteriori interessi sul capitale rivalutato dalla sentenza al soddisfo. Precisava il giudice del riesame che la presente causa era in rapporto con la precedente controversia fra le stesse parti conclusasi con la sentenza di condanna generica ex art. 278 C.P.C., n. 152 del Pretore di Foggia del 10/10/95, passata in cosa giudicata con la quale era stato dichiarato il diritto dei ricorrenti "al risarcimento del danno per l'usura psico-fisica subita lavorando nei giorni destinati al riposo e, per l'effetto, condannata società datrice di lavoro al risarcimento del danno da stabilirsi ih separato giudizio". Infondato era l'assunto che questa seconda domanda (non contenendo fa precisa indicazione della somma da liquidare) fosse una ulteriore richiesta di condanna generica, sia perché in contrasto con "l'ordinaria successione regolata dal codice di rito in simili fattispecie e quindi con la scissione del processo in due tronconi per l'accertamento dell'an e del quantum debeatur, sia perché la formulazione della domanda non consentiva simile interpretazione. 1 ricorrenti, infatti, pur non indicando somme determinate: a) sollecitavano espressamente un liquidazione;
b) indicavano il periodo (dal gennaio 1981) ed il criterio aritmetico di calcolo;
e) formulavano la richiesta istruttoria di ordine di esibizione a cura del datore di lavoro dei fogli di presenza, dei fogli paga e di ogni altro documento atto di rilevare le prestazioni lavorative effettuate. nei giorni destinati al riposo, senza riposo compensativo;
d) chiedevano infine consulenza tecnica contabile sui dati acquisiti nel corso della trattazione.
La sentenza di condanna generica costituiva il punto di partenza in questo processo, esistendo i presupposti giuridici e di fatto per riconoscere che era stato definitivamente acciaiato il. diritto al risarcimento del danno per l'usura psico-fisica subita dai lavoratori perché effettuavano la loro prestazione nei giorni destinati al riposo.
Mancando gli elementi per l'individuazione del numero delle giornate da indennizzare, la Corte d'Appello,, in accoglimento dell'istanza di esibizione ex art. 210 C.P.C., aveva ordinato alle Ferrovie di produrre i fogli ed il libro delle presenze relativi agli attori a far tempo del gennaio 1981. La società, non aveva adempiuto, chiedendo invece la revoca della relativa ordinanza istruttoria, per ragioni che non potevano essere condivise, e quindi la condotta processuale della stessa poteva essere valutata negativamente ai sensi dell'art. 116 C.P.C.. Irrituale e di scarsa utilità sarebbe stato un rinvio della causa ad altra udienza per consentire agli appellanti di "produrre le poche buste paga che ciascuno di essi forse ha conservato e potrebbe reperire" e quindi si poteva superare lo stallo mediante una valutazione equitativa, ex art. 1226 C.P.C., che garantisse "l'efficacia vincolante del giudicato formatosi sulla statuizione del 1995 e, al tempo stesso, ten(esse) conto del comportamento processuale dei litiganti". La Corte stimava "congruo quantificare il ristoro spettante a ciascun lavoratore nella misura, necessariamente limitata e prudenziale, di L. 50.000 per ciascuno degli anni dedotti in lite. In toto L. 750.000 pro capite", oltre rivalutazione ed interessi sulla somma rivalutata "da oggi al soddisfo". Avverso questa pronuncia propongono ricorso gli originali ricorrenti (ad eccezione di Maturante Alfredo Ciro e D'Agostino Giuseppe) fondato su tre motivi, illustrati con memoria. Resiste con controricorso e ricorso incidentale la Ferrovie del Gargano S.r.l., fondato su quattro motivi. I ricorrenti propongono ricorso incidentale, fondato su un solo motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorrenti principali lamentando, col primo motivo, violazione degli art. 113, 115, 116 comma 2^, 118,210 e 437 C.P.C., art. 211 R.D. n. 1447 del 9/5/1912 e 20 L. n. 1822 del 28/9/39, nonché
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 3 e 5 C.P.C.), deducono che in presenza dell'ingiustificato rifiuto di
esibizione da parte delle Ferrovie il giudice avrebbe dovuto disporre l'ispezione, ai sensi dell'art. 118 C.P.C. sui fogli ed il libro di presenza dai 1981 in poi e non desumere la prova dal comportamento della parte ai sensi dell'art. 116, comma 2^, stesso codice. Avendo l'obbligo di decidere la causa sulla base delle prove addotte dalle parti, il giudice non avrebbe dovuto rifiutare l'esibizione delle prove da parte dei ricorrenti, posto che le buste paga in loro possesso non sono affatto poche, ma coprono l'intero periodo in contestazione;
peraltro si tratta prove precostituite, che provengono dall'altra parte e possono essere prodotte in appello, il ricorso alla liquidazione equitativa del danno, senza l'indicazione dei criteri seguiti e degli elementi di fatto utilizzati per determinarne l'entità, è incongruo, perché sfocia nella arbitrarietà. Lamentando, col secondo motivo, violazione degli art. 429 comma 3^ C.P.C., 150 disp. att. C.P.C. e 1224 C.C., nonché omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 n. le 5 C.P.C.), deducono i ricorrenti che erronea è la liquidazione globale
del danno nella misura di L. 50.000, all'attualità, posto che gli interessi tendono a compensare, in misura forfetaria e senza bisogno di prova, il lucro cessante per "il mancato vantaggio della liquidità", mentre la rivalutazione tende ad annullare, attraverso "la prova del danno e l'indicizzazione del credito, la perdita patrimoniale del creditore soddisfatto tardi (lucro cessante)". La Corte quindi avrebbe dovuto determinare per ciascun anno la somma dovuta e procedere poi alla determinazione della rivalutazione maturata per ciascun anno secondo gli indici ISTAT e su questa somma calcolare gli interessi.
Lamentando, col terzo motivo, violazione degli art. 2099 e 2109 C.C., 36, commi 1^ e 3^, Cost., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 3 e 5 C.P.C.) deducono i ricorrenti che irrisoria è la liquidazione effettuata, posto che, secondo i criteri indicati dada Suprema Corte, il danno da usura per mancato riposo "va calcolato sulla base del rapporto tra un giorno di riposo e sei di lavoro" e che la retribuzione giornaliera dei ricorrenti partiva da L. 40.000 al giorno per il periodo dal gennaio 1981 al dicembre 1990, per salire poi a L. 75.000 nel periodo successivo fino al dicembre 1996 e quindi a L.. 80.000 per gli anni 1997 e 1998 ed infine a L. 85.000 per il periodo successivo fino al 2001. La somma liquidata dal giudice di merito, quindi, non basta nemmeno a compensare un solo giorno all'anno di lavoro prestato in condizioni di usura psico-fisica.
Il ricorrente incidentale lamentando, col primo motivo, violazione e falsa applicazione dell'art. 414 C.P.C., nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, deduce che la totale mancanza di precisi elementi di fatto, prima ancora del difetto dei conteggi, comporta la nullità ed in ogni caso l'infondatezza del ricorso, senza possibilità di superare tale eccezione con la determinabilità del petitum sulla base delle indicazioni fornite dai ricorrenti in ordine ad elementi di diritto e di fatto da porre a base di eventuali calcoli da effettuarsi in corso di causa-. Peraltro gli elementi di fatto indicati dai ricorrenti sono stati contestati dalla società convenuta in ordine al periodo rivendicato, ai parameli da utilizzare (divisore 30 e non 26) ed alle competenze suppletive corrisposte in base alle previste maggiorazioni contrattuali per le prestazioni eseguite in giorno dedicato al riposo.
Lamentando, col secondo motivo, violazione e falsa applicazione degli art. 115, 116 comma 2^ e 210 C.P.C., nonché insufficiente motivazione (art. 360 n. 3 e 5 C.P.C.) deduce il ricorrente incidentale che ha sbagliato il giudice a valutare negativamente il comportamento processuale della società, senza tenere conto delle eccezioni proposte con l'istanza di revoca della ordinanza istruttoria di esibizione dei documenti;
gli appellanti, infetti, sono in possesso di tutti gli strumenti di prova per fondare la loro azione e non possono addossare alla convenuta l'onere probatorio, non avendo mai lamentato lo smarrimento dei documenti ed avendo al contrario sottolineato la necessità di un rinvio della causa per consentire l'esibizione delle buste paga ed equipollenti aventi la stessa efficacia probatoria. Anche superando l'eccezione di una inammissibile inversione dell'onere probatorio, non si comprende come avrebbe potuto il giudice disporre la consulenza per supplire alla deficienza della domanda.
Lamentando, col terzo motivo, violazione e falsa applicazione degli art. 1218, 1223, 1227, 2697, 1727,1729 c.c. ed art, 36 Cost., nonché insufficiente motivazione (art. 360 n. 3 e 5 C.P.C.) deduce il ricorrente incidentale che trattandosi pacificamente di una azione di danno, spetta agli attori dimostrare la sussistenza del danno ulteriore rispetto a quanto già corrisposto loro per la prestazione resa in giorno di riposo. L'affermazione che scopo della norma è "la tutela della salute e della integrità psico-fisica" non è sufficiente per riconoscere che ogni violazione comporti il risarcimento a prescindere dalla prova di una lesione concreta di quel bene, perché il danno non è mai presunto e si deve accertare la effettiva sussistenza dello stesso sotto il profilo del fatto storico della lesione e del rapporto causale fra la lesione ed il fatto illecito dell'altra parte. I comportamenti pericolosi per la salute non comportano automaticamente un effettivo danno alla persona e non vi può essere liquidazione equitativa del danno se non vengono fornite, a monte, le prove della sua concreta esistenza. Lamentando, col quarto motivo, violazione e falsa applicazione degli art. 1223, 1227, 2126 c.c., nonché insufficiente motivazione (art. 360 n. 5 C.P.C.), deduce il ricorrente che il giudice di merito ha
violato il principio della "compensalo lucri cum damno" non considerando quanto l'azienda ha già erogato per la medesima prestazione a titolo di indennizzo differenziale per il sacrificio del mancato riposo.
I tre ricorsi avverso la medesima sentenza devono essere riuniti. Il primo motivo del ricorso principale è fondato entro i limiti che saranno in seguito precisati e quindi va accolto;
restano assorbiti il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale 23/3/92, mentre infondati sono il terzo e quarto motivo del ricorso incidentale;
inammissibili infine sono il secondo ricorso incidentale notificato il 5/6/92 ed il primo motivo del ricorso incidentale notificato il 23/3/92. Il primo motivo del ricorso principale contiene varie censure;
la prima relativa alla mancata disposizione della ispezione dei libri e fogli di presenza è infondata sia per la natura discrezionale del provvedimento (per cui non è misurabile in sede di legittimità la valutazione del giudice di merito che non l'ha ritenuta opportuna), sia perché la mancata collaborazione della parte (che non consenta l'ispezione e non esibisca in quella sede i documenti che non ha voluto produrre in esecuzione dell'ordine di esibizione ex art. 210 C.P.C.) produce ai sensi del secondo comma dell'art. 118 C.P.C. i
medesimi effetti della mancata esibizione (abilitando il giudice a desumere dal rifiuto quelli stessi argomenti di prova a norma dell'art. 116, 2^ comma C.P.C., che nella specie il giudice di merito ha già ricavato dalla mancata esibizione). La prima censura va quindi disattesa.
La seconda censura relativa al mancato rinvio delta causa ai fini della produzione delle buste paga è infondata, perché effettivamente non è "conforme al rito", come afferma il giudice d'appello, il rinvio per la produzione di documenti che i ricorrenti avrebbero dovuto già produrre con l'atto introduttivo del giudizio ai sensi dell'art. 414 C.P.C.;
documenti che da sempre erano in loro possesso, come riconoscono nel motivo di ricorso, e che dovevano produrre ih adempimento dell'onere probatorio gravante su di loro in quanto attori: sia la circostanza che si è formato il giudicato sulla statuizione del 1995 e quindi sulla esistenza del danno per l'usura psico-fisica subita lavorando nei giorni destinati al riposo, sia il fatto che la parte datoriale ha tenuto un comportamento processuale valutabile negativamente non incidono sull'onere gravante sul lavoratore di provarne, l'ammontare e sul dovere dello stesso di produrre tutti i documenti in suo possesso per dimostrare il numero di giorni destinati al riposo durante i quali ha prestato la sua attività lavorativa.
Il rigetto di questa censura comporta l'assorbimento del secondo motivo del ricorso incidentale sulla violazione dei principi in tema di onere della prova.
Fondata invece è l'ultima censura contenuta nel primo motivo del ricorso principale in tema di liquidazione equitativa. In proposito la Corte di recente ha ribadito un principio di diritto costantemente affermato in precedenza e che può essere considerato diritto vivente, secondo cui "il giudice può' addivenire alla liquidazione dei danni in via equitativa, tanto nell'ipotesi in cui sia mancata interamente la prova del loro preciso ammontare, per l'impossibilità della parte di fornire congrui ed idonei elementi al riguardo, quanto nell'ipotesi di notevole difficoltà di una precisa quantificazione. Nella ricorrenza delle suindicate condizioni, deve pur sempre il giudice indicare i criteri seguiti per determinare, sia pure con l'elasticità propria dell'istituto e nell'ambito dell'ampio potere discrezionale che lo caratterizza, l'entità del risarcimento (Cass. n. 10271 del 16/7/02). Nel caso di specie, il giudice non si è
attenuto a questo principio e, dopo avere impedito la produzione tardiva dei documenti da parte dei ricorrenti per dimostrare il numero di giornate. destinate al riposo durante le quali avevano prestato attività lavorativa usurante, ha ritenuto di poter superare "lo stallo" con una valutazione equitativa (per la quale non indica alcun criterio) nella misura "necessariamente limitata e prudenziale, per ciascuno degli anni dedotti in lite";
motivazione questa che non dice nulla in ordine ai giorni indennizzati, al parametro adoperato ed al modo di determinazione della entità del danno. Questa censura va quindi accolta.
L'accoglimento del primo motivo del ricorso principale comporta l'assorbimento degli altri due, che riguardano l'ammontare del danno. In ordine agli altri motivi del ricorso incidentale si osserva che il primo è inammissibile in quanto non è stato dedotto che la eccezione di nullità del ricorso sia stata riproposta in appello, mentre gli altri due vanno rigettati;
il terzo, perché superato dalla cosa giudicata che si è formata sulla esistenza del danno per mancata impugnazione della sentenza parziale;
il quarto, perché risulta violato il principio di autosufficienza del ricorso in quanto non si precisa affetto quali compensi ed in base a quali disposizioni del contratto collettivo, il cui testo non è stato riportato nel ricorso, fossero preordinati a compensare il sacrificio del mancato riposo.
In ordine al secondo ricorso incidentale (col quale si chiede la condanna delle Ferrovie ai danni ex art. 96 C.P.C.) proposto in data 5/6/02 a seguito della notifica di altro ricorso notificato in data 17/5/02, si osserva che il ricorso principale è improcedibile perché non depositato, e quindi il ricorso incidentale, se proposto tempestivamente dovrebbe essere deciso come ricorso principale;
lo stesso però nella specie è un secondo ricorso proposto dopo la consumazione del diritto di impugnazione e quindi è inammissibile. La Corte in proposito ha avuto modo di affermare che "la rituale proposizione del ricorso per Cassazione determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che non solo non è possibile presentare motivi aggiunti, oltre a quelli già formulati in sede di ricorso, ma neppure è consentita la proposizione di un altro ricorso, che, pertanto, è soggetto alla sanzione di inammissibilità" (Cass. n. 10998 del 9/8/01). La sentenza va quindi cassata in relazione all'unica censura accolta, con rimessione, ai fini di una nuova valutazione, ad altro giudice che si individua nella Corte di Appello di Lecce. Il giudice del rinvio provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

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