Cass. civ., sez. VI, ordinanza 03/05/2019, n. 11603

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. VI, ordinanza 03/05/2019, n. 11603
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11603
Data del deposito : 3 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente ORDINAZA sul ricorso 17172-2017 proposto da: D'ESTE DIEGO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO, 28, presso lo studio dell'avvocato G F, rappresentato e difeso dall'avvocato P P;

- ricorrente -

contro

COMUNE DI VENEZIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B.

TORTOLINI

34, presso lo studio dell'avvocato NICOLO' PAOLETTI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ATONIO IANOTTA, N O, M B;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1225/2016 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 27/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. M R.

FTTI DI CAUSA

1. Nel 2009 Diego D'Este convenne dinanzi al Tribunale di Venezia il Comune della medesima città, esponendo: -) di svolgere l'attività di gestore di un motoscafo-taxi nel Comune di Venezia;
-) sin dal 1994 il Comune di Venezia, in attuazione della legge regionale del Veneto 30.12.1993 n. 63, emanò un regolamento disciplinante la turnazione del servizio di trasporto di persone tramite taxi acqueo all'interno del territorio comunale;
-) il regolamento prevedeva che l'approdo alle stazioni comunali di taxi dovesse essere regolato previo accordo tra l'amministrazione comunale e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative;
-) nello stipulare tali accordi, il Comune di Venezia aveva adottato una serie di delibere che "recepivano pedissequamente quanto proposto dai ,gruppi più numerosi di motoscalisti", ed il cui effetto era stato quello di limitare od impedire l'esercizio della propria attività da parte dell'attore, in particolare non garantendo un'adeguata turnazione nel diritto di approdo alle stazioni di comunali di taxi da parte di tutti i motoscafisti, tra il 1998 ed il 2009;
-) le suddette delibere erano viziate da violazione dei princìpi di "impaqia/ità, corrette e buona amminiitraione". Concluse chiedendo la condanna dell'amministrazione convenuta al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell'adozione dei suddetti provvedimenti amministrativi. Giova segnalare che, nell'esordio del ricorso per cassazione, il ricorrente ascrive all'amministrazione convenuta ulteriori condotte Ric. 2017 n. 17172 sez. M3 - ud. 06-12-2018 -2- lesive dei propri diritti (introduzione di un "numero telefonico unico" per le chiamate dei taxi non efficiente, ed anzi di favore per le organizzazioni di tassisti più numerose;
introduzione della facoltà di esercizio del taxi anche oltre il turno assegnato, o di farsi sostituire da un dipendente) che non risultano dedotte con l'atto di citazione, e che restano estranee al thema decidendum del presente giudizio.

2. Il Tribunale di Venezia con sentenza 298.2011 n. 2094 rigettò la domanda: sia perché l'attore non aveva chiesto l'accertamento dell'illegittimità dei provvedimenti amministrativi che assumeva dannosi;
sia, in ogni caso, ritenendo che la condotta dell'amministrazione comunale non potesse ritenersi né dolosa, né colposa.

3. La sentenza venne appellata dal soccombente. La Corte d'appello di Venezia, con sentenza 27.5.2016 n. 1225, rigettò il gravame. Ritenne il giudice di secondo grado che i provvedimenti amministrativi indicati dall'attore come causativi del danno non erano discriminatori;
in ogni caso non erano stati adottati con colpa;
e comunque erano preordinati al soddisfacimento di un pubblico interesse.

4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione da Diego D'Este con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria. Ha resistito con controricorso il Comune di Venezia.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta il vizio di nullità processuale, ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c.. Ric. 2017 n. 17172 sez. M3 - ud. 06-12-2018 -3- Sostiene che la sentenza impugnata sarebbe nulla per avere adottato una motivazione "omessa, apparente e pe /essa" in merito al secondo motivo d'appello. Deduce che la sentenza d'appello non spiega le ragioni per le quali avrebbe ritenuto non discriminatoria la condotta tenuta dal Comune di Venezia nei suoi confronti, e che il giudice d'appello si è limitato a richiamare sul punto una sentenza del Consiglio di Stato, "sen:za illustrare le ragioni di ja- tto e di diritto sottese alla propria decisione". Nell'illustrazione del motivo si aggiunge che, in ogni caso, la decisione del giudice amministrativo richiamata dalla sentenza qui impugnata, che aveva escluso l'illegittimità di una sola delibera comunale, poteva riguardare ovviamente solo il provvedimento impugnato dinanzi al giudice amministrativo, mentre nel presente giudizio l'attore aveva allegato che la condotta dannosa tenuta dall'amministrazione comunale si era cstrinsccata attraverso una pluralità di provvedimenti amministrativi, ulteriori e diversi rispetto a quello esaminato dal giudice amministrativo.
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