Cass. civ., sez. V trib., sentenza 29/05/2023, n. 14973

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 29/05/2023, n. 14973
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14973
Data del deposito : 29 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 15814 del ruolo generale dell’anno 201 7 proposto da: Agenzia delle entrate, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

- ricorrente -

contro

Carbonara Vincenza, rappresentata e difesa dall’Avv. D M per procura speciale in calce al controricorso, presso il cui studio in Roma, Corso Trieste, n. 109, è elettivamente domiciliata;
Oggetto: deducibilità dei costi – accertamento induttivo -prova

- controricorrente -

per la cassazione della sentenza dellaCommissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, n. 3172/25/16, depositata in data 16dicembre 2016;
nonché sul ricorso avverso il provvedimento prot. n. 29504, trasmesso il 28 aprile 2020, di diniego della definizione agevolata presentata per l’avviso di accertamento TVK010101168/2010;
udita la relazione svolta nella udienza pubblica del giorno 1 7 gennaio 2023dal Consigliere G T;
sentito il Pubblico Ministero , in persona del Sostituto P rocuratore Generale Dott. T B, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’Agenzia delle entrate l’Avvocato generale dello Stato A P per la controricorrente l’Avv. D M.

Fatti di causa

Dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a V C due avvisi di accertamento con i qual i , relativamente a ll’anno di imposta 2010, a veva contestato maggiori redditi di impresa rispetto a quelli dichiarati;
avverso l’atto impositiv o la contribuente a veva proposto ricorsoche era stato parzialmente accolt o dalla Commissione tributaria provinciale di Foggia;
l’Agenzia delle entrate aveva quindi proposto appello. La Commissione tributaria regionale dell a Puglia, sezione staccata di Foggia, ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: il ricorso al metodo induttivo ai fini della determinazione delle percentuali di ricarico per la determinazione del maggiore reddito non dichiarato non poteva prescindere dalla verifica della realtà aziendale nella quale si era svolt a l’attività di impresa;
la pretesa dell’amministrazione finanziaria si era basata su di un brogliaccio nel quale, alla data della verifica,la merce riportata non trovava corrispondenza con la effettiva entità di magazzino,non essendo stata la stessa trascritta e valorizzata sul libro inventari;
tale circostanza comportava che i verbalizzanti avevano operato in difformità da quanto previsto dall’art. 2217, cod. civ., e dall’art. 15, u. c., d.P.R. n. 600/1973;
per potere ritenere legittima la percentuale di ricarico era necessario fare riferimento ad una serie di elementi di prova presuntiva che tenessero conto della specifica realtà economico-sociale nella quale aveva operato l’impresa, sicché doveva più correttamente ritenersi che il maggior reddito doveva essere adeguato con l’applicazione degli studi di settore. Avverso la suddetta pronuncia l’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorsoaffidato ad un unico motivo di censura , cui ha resistito la contribuente depositando controricorso, illustrato con successiva memoria. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. T B, ha depositato leproprie conclusioni con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso. La contribuente, con atto del 7 giugno 2019, ha depositato
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