Cass. civ., SS.UU., sentenza 24/02/2015, n. 3670

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L'avvocato impedito a comparire alla seduta disciplinare del Consiglio dell'ordine territoriale non ha diritto al rinvio della seduta stessa, né alla rimessione in termini da parte del Consiglio nazionale forense, qualora non provi di aver tempestivamente comunicato l'impedimento o di esservi stato impossibilitato per un caso di forza maggiore.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 24/02/2015, n. 3670
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 3670
Data del deposito : 24 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S G - Primo Presidente f.f. -
Dott. S G - Presidente Sezione -
Dott. R R - Presidente Sezione -
Dott. D A S - Consigliere -
Dott. M V - Consigliere -
Dott. C M M - Consigliere -
Dott. V R - Consigliere -
Dott. N G - Consigliere -
Dott. D I C - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 11974/2014 proposto da:
R G, elettivamente domiciliato in ROMA,

CIRCONVALLAZIONE CLODIA

179, presso lo studio dell'avvocato R S, che lo rappresenta e difende, per delega in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA, CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE;



- intimati -


avverso la sentenza n. 40/2014 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 20/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2014 dal Consigliere Dott. C D I;

udito l'Avvocato S R;

udito il P.M. in persona del Procuratore Generale Aggiunto Dott. CICCOLO P P M, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma, con atto del 10 marzo 2011, ha irrogato all'avvocato R Giampiero la sospensione di otto mesi perché, nell'ambito di una procedura disciplinare ai sensi dell'art. 7 dello Statuto Lavoratori, aveva presenziato all'audizione di una lavoratrice assumendo il ruolo e l'identità del sindacalista M C. Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza depositata il 20.03.2014, ha confermato gli addebiti riducendo a sei mesi la durata della sospensione. In particolare, circa la doglianza del R per avere il COA deciso senza la presenza del ricorrente e del suo difensore e senza che essi avessero potuto produrre documenti e depositare la lista testi, il CNF ha affermato: che dinanzi al COA risultava depositato solo un certificato di degenza del R presso l'ospedale San Pietro inviato per fax il 25 febbraio 2011, recante la data del 2 febbraio 2011 ed attestante un ricovero del giorno prima senza ulteriori specificazioni;
che a richiesta del COA l'ospedale interessato aveva attestato che il R era stato dimesso l'11 febbraio 2011, perciò un mese prima della data fissata per l'udienza;
che non risultava essere stato inviato al COA alcun altro certificato ed in particolare non il certificato in data 12 febbraio in cui si attestava che il R aveva bisogno di riposo e terapia domiciliare fino a tutto l'11.03.2011;
che in ogni caso tale certificato, prodotto solo dinanzi al C.N.F., era generico e non attestava l'impedimento assoluto a comparire per l'udienza del 10 marzo;
che ugualmente non risultava prodotta dinanzi al COA alcuna certificazione riguardante l'avv. Manili, difensore del R, ed in particolare non il documento attestante che l'avvocato suddetto non aveva presenziato alla seduta del 10 marzo a causa di un incidente occorsogli 4.03.2011;
che in ogni caso il termine per il deposito della lista testi era già scaduto prima del suddetto incidente. Nel merito, il CNF ha evidenziato che le circostanze contestate all'avvocato R risultavano confermate dal verbale della seduta in sede conciliativa nonché dalla deposizione del teste L.
Avverso questa sentenza ricorre con due motivi l'avvocato R Giampiero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente deve essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del CNF, atteso che nel giudizio di impugnazione delle decisioni del Consiglio Nazionale Forense dinanzi alla Corte di Cassazione contraddittori necessari - in quanto unici portatori dell'interesse a proporre impugnazione ed a contrastare l'impugnazione proposta - sono il soggetto destinatario del provvedimento impugnato, il Consiglio dell'ordine locale che ha deciso in primo grado in sede amministrativa ed il Pubblico Ministero presso la Corte di Cassazione, mentre tale qualità non può legittimamente riconoscersi al Consiglio Nazionale Forense, per la sua posizione di terzietà rispetto alla controversia, essendo l'organo che ha emesso la decisione impugnata (v. SU n. 9075 del 2003 e le successive conformi SU n. 19513 del 2008 e n. 1716 del 2013). Col primo motivo del ricorso proposto nei confronti del COA, deducendo violazione degli artt. 24 e 32 Cost., il R sostiene di non aver potuto presenziare all'unica seduta tenutasi dinanzi al COA perché ammalato e di non aver avuto neppure la possibilità di depositare documentazione o lista testi perché anche il proprio difensore non potè partecipare alla suddetta seduta avendo subito un infortunio alcuni giorni prima. In particolare, riguardo alla propria impossibilità a partecipare alla seduta dinanzi al COA, il ricorrente precisa di aver inviato un primo certificato di ricovero presso un ospedale pubblico e, successivamente, per fax, un ulteriore certificato con prognosi di 30 giorni e raccomandazione di riposo e terapia domiciliare ed aggiunge che tali circostanze non sono state prese in considerazione dai C.N.F., il quale avrebbe perciò violato il diritto di difesa ed il diritto alla salute del R non avendo provveduto a rimetterlo in termini per provare la correttezza del proprio operato.
La censura è infondata. Come precisato nella sentenza del C.N.F., non risulta in alcun modo provato che l'impedimento - sia dell'avvocato R sia del suo difensore- a comparire per la seduta fissata dinanzi al COA furono comunicati al suddetto COA, il quale pertanto non aveva alcun obbligo di rinviare la seduta in assenza del R e del suo difensore.
Ma neppure il CNF aveva l'obbligo di "rimettere in termini" il R per consentirgli di compiere le attività difensive non esercitate dinanzi al COA, posto che non solo non risulta provata la comunicazione al COA dell'impedimento del R e del suo difensore, ma neppure risulta provato dinanzi al CNF un caso di forza maggiore ovvero un impedimento assoluto (non solo a presenziare ma) anche a comunicare al COA il suddetto impedimento a presenziare alla seduta.
In proposito, è appena il caso di evidenziare che non ha senso provare - a posteriori - l'esistenza di un impedimento a comparire ad una seduta già tenuta (se non provando altresì l'impossibilità di comunicare in tempo utile il suddetto impedimento) sia perché è onere della parte impedita evitare che sia posta in essere un'attività che si ritiene di aver diritto a far ripetere proprio a causa del proprio impedimento sia perché la documentazione di impedimento a comparire ad una seduta (in assenza di prova rigorosa della impossibilità di produrla in tempo utile) non può essere presa in considerazione dopo che è trascorso del tempo dalla seduta alla quale essa si riferisce, non fosse altro perché presentandola (senza alcuna valida giustificazione, che, sola, potrebbe sostenere una "rimessione in termini") dopo che la seduta è stata tenuta ci si sottrarrebbe ad un controllo efficace (in quanto svolto nell'immediatezza) in ordine alla veridicità della attestazione in essa contenuta.
Peraltro, secondo quanto evidenziato dal CNF, il certificato riguardante l'avvocato R attestava la necessità di riposo e cure domiciliari, non anche l'impedimento assoluto a comparire dinanzi al COA ed inoltre l'incidente al difensore del R si era verificato quando era già scaduto il termine per il deposito di lista testimoniale.
Col secondo motivo, deducendo illogicità della motivazione, il ricorrente si duole del fatto che il CNF non abbia considerato che lo stesso avvocato R era difensore di parti offese in un procedimento che vedeva tra gli imputati il S e che proprio a causa dell'attrito determinatosi per tale circostanza il S ebbe a presentare l'esposto a suo carico ed altresì per non aver considerato che il R era egli stesso segretario confederale del SI (Sindacato Italiano) pertanto non aveva alcun motivo di presentarsi come M C, dal quale risultava comunque delegato.
La censura è inammissibile.
Il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b, convertito in legge n. 134 del 2012, ha sostituito la previsione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, ("omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio") nei seguenti termini: "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti".
La nuova formulazione della norma, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3, si applica "alle sentenze pubblicate dal trentesimo
giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto" (cioè alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012, e, nella specie, la sentenza impugnata è stata depositata il 20.03.2014).
Queste sezioni unite (v. SU n. 8053 del 2014, ma anche, proprio in riferimento a disciplinare a carico di avvocato, SU n. 9032 del 2014 -), interpretando il nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile nella specie, hanno affermato che la riforma deve essere valutata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che sarebbe denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sè, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione. Ed hanno aggiunto che l'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo rinnovato introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, determinerebbe un esito diverso della controversia), con la conseguenza che, nel rispetto delle previsioni dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, ai fini
della ammissibilità del vizio in questione, il ricorrente deve indicare il "fatto storico" il cui esame sia stato omesso, il "dato" - testuale o extratestuale - da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività".
È in proposito da evidenziare che secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità costituisce fatto decisivo ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa (v. tra le altre Cass. n. 18368 del 2013 oltre la già citata SU 8053 del 2014), in quanto per potersi configurare il vizio di motivazione su di un punto (o fatto) decisivo è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità (v. tra numerose altre Cass. n 25608 del 2013). Nella specie i fatti dedotti non risultano in alcun modo decisivi nel senso attribuito a questo termine dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata ed inoltre i suddetti fatti risultano comunque ampiamente esaminati nella decisione impugnata, dovendo pertanto ritenersi che la censura in esame si sostanzi non nella denuncia di omesso esame di fatti decisivi bensì ù in
ammissibilmente - nella sollecitazione ad una lettura ed interpretazione dei suddetti fatti diversa da quella operata dal CNF. Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
In mancanza di attività difensiva nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale ai sensi dell'art. 13 citato, comma 1 bis.

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