Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/12/2014, n. 26242

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Il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare di ufficio l'esistenza di una causa di quest'ultima diversa da quella allegata dall'istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicchè è individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio.

Nel giudizio di appello ed in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo.

I poteri officiosi di rilevazione di una nullità negoziale non possono estendersi alla rilevazione di una possibile conversione del contratto, ostandovi il dettato dell'art. 1424 cod. civ., - secondo il quale il contratto nullo può, non deve, produrre gli effetti di un contratto diverso - atteso che, altrimenti, si determinerebbe un'inammissibile rilevazione di una diversa efficacia, sia pur ridotta, di quella convenzione negoziale.

Il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità integrale del contratto deve rilevarne di ufficio la sua nullità solo parziale, e, qualora le parti, all'esito di tale indicazione officiosa, omettano un'espressa istanza di accertamento in tal senso, deve rigettare l'originaria pretesa non potendo inammissibilmente sovrapporsi alla loro valutazione ed alle loro determinazioni espresse nel processo.

Il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità parziale del contratto deve rilevarne di ufficio la nullità totale, e, qualora le parti, all'esito di tale indicazione officiosa, omettano un'espressa istanza di accertamento in tal senso, deve rigettare l'originaria pretesa non potendo attribuire efficacia, neppure parziale (fatto salvo il diverso fenomeno della conversione sostanziale), ad un negozio radicalmente nullo.

Il rilievo "ex officio" di una nullità negoziale - sotto qualsiasi profilo ed anche ove sia configurabile una nullità speciale o "di protezione" - deve ritenersi consentito, sempreché la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata "ragione più liquida", in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione), senza, per ciò solo, negarsi la diversità strutturale di queste ultime sul piano sostanziale, poichè tali azioni sono disciplinate da un complesso normativo autonomo ed omogeneo, affatto incompatibile, strutturalmente e funzionalmente, con la diversa dimensione della nullità contrattuale.

La rilevabilità officiosa delle nullità negoziali deve estendersi anche a quelle cosiddette di protezione, da configurarsi, alla stregua delle indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia, come una "species" del più ampio "genus" rappresentato dalle prime, tutelando le stesse interessi e valori fondamentali - quali il corretto funzionamento del mercato (art. 41 Cost) e l'uguaglianza almeno formale tra contraenti forti e deboli (art. 3 Cost) - che trascendono quelli del singolo.

La "rilevazione" "ex officio" delle nullità negoziali (sotto qualsiasi profilo, anche diverso da quello allegato dalla parte, ed altresì per le ipotesi di nullità speciali o "di protezione") è sempre obbligatoria, purchè la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata "ragione più liquida", e va intesa come indicazione alle parti di tale vizio; la loro "dichiarazione", invece, ove sia mancata un'espressa domanda della parte pure all'esito della suddetta indicazione officiosa, costituisce statuizione facoltativa (salvo per le nullità speciali, che presuppongono una manifestazione di interesse della parte) del medesimo vizio, previo suo accertamento, nella motivazione e/o nel dispositivo della pronuncia, con efficacia, peraltro, di giudicato in assenza di sua impugnazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/12/2014, n. 26242
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 26242
Data del deposito : 12 dicembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Primo Presidente f.f. -
Dott. T R M - Presidente di Sez. -
Dott. R R - Presidente di Sez. -
Dott. P L - Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. D A S - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. T G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 9099-2011 proposto da:
B A, S A, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

MARIO MENGHINI

21, presso lo studio dell'avvocato P P, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato O A, per procura speciale del notaio dott. M C di Roma, rep. 4101 del 25/06/2012, in atti;



- ricorrenti -


contro
S F, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G.

MAZZINI

146, presso lo studio dell'avvocato S T E, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati B C, DE C M, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
e contro
P P;

- intimata -
avverso la sentenza n. 24/2011 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 13/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/04/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

uditi gli avvocati Pasquale PORFILIO, Carlo BONINO, Marco DE CRISTOFARO;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

APICE

Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, accoglimento di quello incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE


1. I FATTI E I MOTIVI DI RICORSO.


1.1. Con atto di citazione del febbraio 1992, S Ferdinando, procuratore generale di M G, convenne in giudizio dinanzi al tribunale di Padova P P e i coniugi B Antonio e Schiano Adriana, chiedendo, in via principale, la declaratoria di nullità - e in via subordinata l'annullamento, sul presupposto che l'atto fosse il frutto di una fraudolenta macchinazione in danno della cedente - del contratto di rendita vitalizia stipulato il 5 dicembre 1984 (atto con cui la M aveva ceduto alla Piatto la nuda proprietà di un locale commerciale in cambio di un vitalizio di L.

7.000.000 all'anno) e del successivo negozio (concluso dalla M, nella qualità di procuratrice speciale della Piatto, con i coniugi B - S il 20 novembre 1985) con il quale la Piatto aveva ceduto a questi ultimi la nuda proprietà del medesimo locale al prezzo di L. 135.000.000, da pagarsi in rate semestrali nei sette anni successivi. Si costituirono in giudizio i coniugi B e la Piatto, che, nel resistere alle avverse pretese, formularono a loro volta domanda risarcitoria ex art. 96 cod. proc. civ.. Sopravvenuto, nel corso del processo, il decesso della M, la causa fu proseguita da S Ferdinando, in qualità di successore universale della prima.
Con sentenza n. 550 del 2003, il tribunale accolse la domanda proposta in via principale e dichiarò, quindi, la nullità del contratto di costituzione di rendita vitalizia per difetto del requisito essenziale dell'alea, e conseguentemente, la nullità del contratto di cessione della nuda proprietà stipulato il 20 novembre 1985, sul rilievo dell'assenza di titolarità, in capo alla cedente, del diritto trasferito ai cessionari.


1.2. All'esito del giudizio di gravame, nel quale l'appellata reiterò (anche) la domanda di restituzione dell'immobile, in relazione al quale nessuna statuizione era stata emessa, nonostante la domanda in tal senso proposta dall'appellante, la corte di appello di Venezia, con sentenza n. 878 del 2006:
- dichiarò l'estinzione del giudizio limitatamente all'impugnazione proposta dalla Piatto;

- rigettò l'appello principale formulato dai coniugi B - S;

- accolse l'appello incidentale del S e condannò i predetti alla restituzione dell'immobile;

- in parziale riforma della decisione impugnata, condannò i primi a restituire a quest'ultimo il bene in contestazione.

1.3. I coniugi B proposero ricorso per cassazione avverso la sentenza, che fu impugnata con gravame incidentale anche dal S. Questa Corte, con sentenza n. 10049 del 2008, rigettò il primo motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale, accogliendo, invece, il secondo motivo dell'impugnazione principale. Per quel che qui interessa, il giudice di legittimità accolse la censura inerente alla omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale i coniugi B - S avevano lamentato la erroneità della sentenza di primo grado, là dove aveva dichiarato la nullità del contratto di rendita vitalizia concluso tra la M e la Piatto per difetto di alea, sulla base del mero raffronto tra il valore dell'immobile ceduto (nei limiti della nuda proprietà) e l'entità del vitalizio, tralasciando in tal modo di considerare gli altri obblighi previsti a carico della Piatto, con conseguente necessità di riconsiderare il profilo della sussistenza dell'alea.

1.4. Con atto di citazione notificato il 31 luglio 2008, S Ferdinando riassunse il giudizio dinanzi alla designata Corte di Brescia, che con sentenza del 13 gennaio 2011 respinse l'appello proposto dai coniugi B avverso la sentenza n. 550/2003 del Tribunale di Padova. Il giudice di secondo grado, preso atto in via preliminare del decisum della sentenza di legittimità (e considerato pregiudizialmente che, sulla pronuncia di estinzione, era ormai sceso il giudicato), riesaminò, avuto riguardo alle rispettive obbligazioni reciprocamente assunte dalla M e dalla Piatto e alla situazione obiettiva configurabile alla data di perfezionamento del contratto di rendita vitalizia - il precedente accertamento inerente al profilo della sussistenza dell'alea del contratto di rendita vitalizia. Valutati tutti gli elementi necessari, anche sotto il profilo economico, all'individuazione delle prestazioni poste a carico della vitaliziante, la Corte di Brescia confermò il giudizio già espresso dal precedente giudice di appello, che aveva accertato un grave e profondo squilibrio originario in favore della M, tale da escludere il requisito dell'alea e, in definitiva, da determinare la nullità del contratto per mancanza di causa, donde la nuda proprietà dell'immobile oggetto della convenzione non era mai sta trasferita alla Piatto, la quale, a sua volta, non avrebbe potuta cederla ai coniugi B - S.


1.5. Avverso la sentenza di rinvio questi ultimi hanno proposto ricorso per cassazione articolato in sette motivi, al quale ha resistito con controricorso l'intimato S Ferdinando, a sua volta ricorrente incidentale sulla base di un unico motivo.

1.5.1. Sono agli atti le memorie illustrative di entrambe le parti costituite.


1.6. Esaminando in limine il quarto motivo del ricorso principale, il collegio della seconda sezione investito del ricorso ha rilevato come, con esso, venissero prospettati:
- la violazione e falsa applicazione dell'art. 324 cod. proc. civ., in combinato disposto con l'art. 2909 cod. civ., artt. 36, 112 e ss. 167 cod. proc. civ., e in relazione all'art. 1325 c.c., art. 1350 c.c., n. 10, artt. 2643, 2645 e 1872 cod. civ. e artt. 132 e 366 cod. proc. civ.;

- il vizio di omessa o insufficiente motivazione su fatti decisivi per il giudizio ex artt. 1325 e 1872 cod. civ., in combinato disposto con l'art. 112 cod. proc. civ.. 1.6.1. In particolare, i ricorrenti hanno denunziato l'erroneità della decisione impugnata nella parte in cui la stessa contraddiceva la sentenza n. 1187 del 1992, pronunciata del Tribunale di Padova e divenuta irrevocabile, con la quale era stata respinta la domanda di risoluzione di quello stesso contratto di rendita vitalizia proposta, in data 9 dicembre 1984, da M G nei confronti di P P, ancorché la sopra indicata pronuncia costituisse giudicato (sostanziale) implicito esterno rispetto all'accertamento dei fatti/diritti costituiti dalla rendita vitalizia e dalla cessione della nuda proprietà dell'immobile.
I ricorrenti hanno inteso sostenere l'innegabile identità delle domande proposte dalla M nel giudizio definito con la richiamata sentenza n. 1187 del 1992 e quelle formulate nel successivo giudizio promosso dal S nel febbraio del 1992, nella veste di procuratore generale della M, essendo stata dedotta in giudizio la nullità del medesimo contratto di rendita vitalizia, stipulato tra la M e la Piatto, e la conseguente nullità del contratto di cessione della nuda proprietà del 20 novembre 1985 in favore dei coniugi B - S, non potendosi considerare la cedente titolare del diritto trasferito ai cessionari. Difatti, per effetto del rigetto, con sentenza passata in giudicato, della pregressa domanda di risoluzione, si era formato il giudicato sostanziale implicito - rilevabile d'ufficio - sulla esistenza e validità del contratto di rendita vitalizia, ovvero sulle questioni e sugli accertamenti che avevano costituito il necessario presupposto logico-giuridico della questione o dell'accertamento oggetto della precedente sentenza del Tribunale di Padova.


2. LA QUESTIONE SOTTOPOSTA ALL'ESAME DELLE SEZIONI UNITE.

2.1. Gli atti del procedimento, fissato per la trattazione all'udienza del 10 aprile 2013 e assegnato alla seconda sezione civile della Corte, sono stati rimessi al Primo Presidente, che ne ha disposto l'assegnazione a queste sezioni unite con ordinanza interlocutoria n. 16630/2013. Si è evidenziato come fosse preliminare all'esame dell'intero ricorso la decisione in ordine al motivo poc'anzi esposto, che poneva una questione di massima di particolare importanza afferente alla individuazione delle condizioni per la formazione e l'estensione dell'efficacia del cd. giudicato implicito esterno riguardante la sentenza di rigetto della domanda di risoluzione rispetto alla successiva azione di nullità concernente lo stesso contratto.
Va altresì osservato che, con la precedente ordinanza interlocutoria n. 21083, depositata il 27 novembre 2012, la stessa sezione aveva già rimesso gli atti al Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite della ulteriore questione di massima di particolare importanza se la nullità del contratto possa essere rilevata d'ufficio non solo allorché sia stata proposta domanda di adempimento o di risoluzione del contratto ma anche nel caso in cui sia domandato l'annullamento del contratto stesso.

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