Cass. pen., sez. III, sentenza 03/03/2023, n. 09083
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da C C, nato a Pachino (Sr) il 26/5/1948 avverso la sentenza del 21/2/2022 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere E M;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L O, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. M C, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21/2/2022, la Corte di appello di Palermo confermava la pronuncia emessa il 14/2/2019 dal locale Tribunale, con la quale C C era stato giudicato colpevole del delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 10, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, e condannato alla pena di due anni di reclusione.
2. Propone ricorso per cassazione il Coda, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi: - violazione degli artt. 626, 729 cod. proc. pen.;
26 mod. OCSE;
191-546 cod. proc. pen. La Corte di appello avrebbe rigettato con motivazione viziata l'eccezione sollevata con riguardo ai dati acquisiti all'estero. La possibilità di utilizzare non solo le informazioni, ma anche i relativi documenti, infatti, sarebbe subordinata al rispetto dell'art. 26 Mod. OCSE, che distinguerebbe con chiarezza l'ambito amministrativo (fiscale) da quello penale;
ebbene, con riguardo a quest'ultimo - proprio della vicenda in esame - l'utilizzazione sarebbe subordinata all'autorizzazione dello Stato richiesto, che tuttavia non sarebbe mai stata rilasciata dai Paesi interessati, né mai richiesta. I documenti inoltrati da Svizzera ed Inghilterra, dunque, non avrebbero potuto far ingresso nel procedimento penale, in spregio all'art. 26 citato, risultando necessaria la rogatoria internazionale. Fermo restando, peraltro, che indizi di reità a carico del C sarebbero emersi sin dal 12/12/2014, quindi ben prima della richiesta formulata all'estero;
- la violazione di legge e poi dedotta con riguardo alla natura permanente del reato in contestazione;
premessa la distinzione sul punto tra le condotte di occultamento e distruzione delle scritture contabili, si contesta che l'istruttoria non avrebbe provato quale delle due sarebbe stata accertata a carico del ricorrente. In ossequio al principio di favor rei, dunque, La Corte di appello avrebbe dovuto privilegiare l'ipotesi più favorevole, così dichiarando estinto il reato per prescrizione;
- le stesse censure, infine, sono mosse quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che la sentenza sosterrebbe con motivazione viziata. CONSIDERATO IN DIRITTO .
3. Il ricorso risulta infondato.
4. Con riguardo al primo motivo, concernente la possibilità di utilizzare nel processo penale la documentazione acquisita da autorità estere in forza dell'art. 26 Mod. OCSE, il Collegio osserva che la disposizione attiene ad un ambito amministrativo (fiscale) e solo a questo deve essere riferita, come correttamente affermato nella sentenza impugnata.
5. Al riguardo, occorre premettere che l'Italia ha aderito alla Convenzione OCSE-Consiglio d'Europa sulla reciproca assistenza in materia tributaria (entrata in vigore il 1°/4/1995 e successivamente modificata), con firma e ratifica in data 31/1/2006;
finalità della Convenzione è quella di individuare e disciplinare le forme di cooperazione amministrativa tra gli Stati in materia di accertamento e riscossione delle imposte, con il particolare obiettivo di evitare il fenomeno della doppia imposizione (avoidance of double taxation) e di contrastare l'elusione e l'evasione fiscale (prevention of fiscal evasion).
5.1. Proprio per il perseguimento di questo scopo, è dunque previsto all'art. 26 (Exchange of information), comma 1, che le autorità competenti degli Stati contraenti scambino informazioni per dare esecuzione alle disposizioni della Convenzione o per l'applicazione ed il rispetto delle norme interne riguardanti leggi in materia di imposte di ogni genere e denominazione. Queste informazioni, peraltro, debbono essere "prevedibilmente rilevanti" (foreseeably relevant) per la corretta applicazione della Convenzione: ciò, al fine di ottenerne la massima estensione, senza vincolanti limiti formali, ma, al contempo, di scoraggiare le cd. "fishing expeditions", ovvero di richiedere troppe informazioni, o di richiederne con caratteri troppo vaghi, così che difficilmente avranno rilievo con riguardo ai profili fiscali del contribuente.
5.2. Al successivo comma 2, poi, è stabilito l'obbligo di confidenzialità sulle informazioni così scambiate, che debbono essere tenute segrete nello Stato ricevente, analogamente alle informazioni ottenute in base alla normativa interna;
le informazioni ricevute possono essere comunicate soltanto alle persone interessate e alle autorità - inclusi tribunali ed organi amministrativi -
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere E M;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L O, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. M C, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21/2/2022, la Corte di appello di Palermo confermava la pronuncia emessa il 14/2/2019 dal locale Tribunale, con la quale C C era stato giudicato colpevole del delitto di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 10, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, e condannato alla pena di due anni di reclusione.
2. Propone ricorso per cassazione il Coda, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi: - violazione degli artt. 626, 729 cod. proc. pen.;
26 mod. OCSE;
191-546 cod. proc. pen. La Corte di appello avrebbe rigettato con motivazione viziata l'eccezione sollevata con riguardo ai dati acquisiti all'estero. La possibilità di utilizzare non solo le informazioni, ma anche i relativi documenti, infatti, sarebbe subordinata al rispetto dell'art. 26 Mod. OCSE, che distinguerebbe con chiarezza l'ambito amministrativo (fiscale) da quello penale;
ebbene, con riguardo a quest'ultimo - proprio della vicenda in esame - l'utilizzazione sarebbe subordinata all'autorizzazione dello Stato richiesto, che tuttavia non sarebbe mai stata rilasciata dai Paesi interessati, né mai richiesta. I documenti inoltrati da Svizzera ed Inghilterra, dunque, non avrebbero potuto far ingresso nel procedimento penale, in spregio all'art. 26 citato, risultando necessaria la rogatoria internazionale. Fermo restando, peraltro, che indizi di reità a carico del C sarebbero emersi sin dal 12/12/2014, quindi ben prima della richiesta formulata all'estero;
- la violazione di legge e poi dedotta con riguardo alla natura permanente del reato in contestazione;
premessa la distinzione sul punto tra le condotte di occultamento e distruzione delle scritture contabili, si contesta che l'istruttoria non avrebbe provato quale delle due sarebbe stata accertata a carico del ricorrente. In ossequio al principio di favor rei, dunque, La Corte di appello avrebbe dovuto privilegiare l'ipotesi più favorevole, così dichiarando estinto il reato per prescrizione;
- le stesse censure, infine, sono mosse quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che la sentenza sosterrebbe con motivazione viziata. CONSIDERATO IN DIRITTO .
3. Il ricorso risulta infondato.
4. Con riguardo al primo motivo, concernente la possibilità di utilizzare nel processo penale la documentazione acquisita da autorità estere in forza dell'art. 26 Mod. OCSE, il Collegio osserva che la disposizione attiene ad un ambito amministrativo (fiscale) e solo a questo deve essere riferita, come correttamente affermato nella sentenza impugnata.
5. Al riguardo, occorre premettere che l'Italia ha aderito alla Convenzione OCSE-Consiglio d'Europa sulla reciproca assistenza in materia tributaria (entrata in vigore il 1°/4/1995 e successivamente modificata), con firma e ratifica in data 31/1/2006;
finalità della Convenzione è quella di individuare e disciplinare le forme di cooperazione amministrativa tra gli Stati in materia di accertamento e riscossione delle imposte, con il particolare obiettivo di evitare il fenomeno della doppia imposizione (avoidance of double taxation) e di contrastare l'elusione e l'evasione fiscale (prevention of fiscal evasion).
5.1. Proprio per il perseguimento di questo scopo, è dunque previsto all'art. 26 (Exchange of information), comma 1, che le autorità competenti degli Stati contraenti scambino informazioni per dare esecuzione alle disposizioni della Convenzione o per l'applicazione ed il rispetto delle norme interne riguardanti leggi in materia di imposte di ogni genere e denominazione. Queste informazioni, peraltro, debbono essere "prevedibilmente rilevanti" (foreseeably relevant) per la corretta applicazione della Convenzione: ciò, al fine di ottenerne la massima estensione, senza vincolanti limiti formali, ma, al contempo, di scoraggiare le cd. "fishing expeditions", ovvero di richiedere troppe informazioni, o di richiederne con caratteri troppo vaghi, così che difficilmente avranno rilievo con riguardo ai profili fiscali del contribuente.
5.2. Al successivo comma 2, poi, è stabilito l'obbligo di confidenzialità sulle informazioni così scambiate, che debbono essere tenute segrete nello Stato ricevente, analogamente alle informazioni ottenute in base alla normativa interna;
le informazioni ricevute possono essere comunicate soltanto alle persone interessate e alle autorità - inclusi tribunali ed organi amministrativi -
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