Cass. civ., sez. V trib., sentenza 24/05/2022, n. 16681

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 24/05/2022, n. 16681
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16681
Data del deposito : 24 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

NTRORICORRENTE- I

FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di Cortina d'Ampezzo presentava all'Agenzia delle Entrate istanza di rimborso della complessiva somma di 3.020,94 C versata, ai sensi ex art. 21 della tabella allegata al d.P.R.. n. 641/72, nel triennio settembre 2007/dicembre 2009, in qualità di sostituto di imposta, a titolo di concessione governativa sulla telefonia mobile in abbonamento (pari all'importo di 12,91 C per ogni singola utenza), sostenendo che tale somma non fosse dovuta, essendo venuto meno, a seguito dell'abrogazione, ad opera dell'art. 218, co. 1, lett. s, del d.lgs. 10 agosto 2003, n. 259, dell'art. 318 del d.P.R. 19 marzo 1973, n. 156, il presupposto impositivo previsto dalla norma.

1.1. Proposta impugnazione contro il silenzio-diniego dell'amministrazione finanziaria, la Commissione tributaria provinciale di Belluno accoglieva il ricorso proposto dal ricorrente in epigrafe indicato, giusta sentenza n. 98/02/2012, depositata il 24 ottobre 2011. 1.2. Senonchè, la Commissione tributaria regionale di Venezia- Mestre accoglieva, con sentenza n. 1223/31/2014, l'appello avanzato dall'Agenzia, così riformando la prima decisione. A tale soluzione il Giudice regionale giungeva in ragione dei principi affermati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 9650/2014, richiamandone le seguenti massime: - «In tema di radiofonia mobile, l'abrogazione dell'art. 318 del d.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera dell'art. 218 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, non ha fatto venire meno l'assoggettabilità dell'uso del "telefono cellulare" alla tassa governativa di cui all'art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in quanto la relativa previsione è riprodotta nell'art. 160 del d.lgs. n. 259 cit. Va, infatti, esclusa - come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con l'art. 2, comma 4, del d.l. 24 gennaio 2014, n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche Proc. 6104/2015 ric. gen. Sentenza Pagina 2 di 23 Corte Suprema di Cassazione - Quinta Sezione Civile - come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione - una differenziazione di regolamentazione tra "telefoni cellulari" e "radio- trasmittenti", risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs. 259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all'art. 160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell'art. 219 del medesimo d.lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni non possono derivare "nuovi o maggiori oneri per lo Stato", e, dunque, neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in ogni caso, l'applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la disciplina comunitaria attesa l'esplicita esclusione di ogni incompatibilità affermata dalla Corte di giustizia (CGCE, 12 dicembre 2013 in C-335/2013p;
- «In tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l'esenzione riconosciuta dall'art. 13 bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, a favore dell'Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell'art. 1, comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, l'inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa». La Commissione territoriale rigettava poi le ulteriori questioni sollevate dalla difesa della ricorrente, ritenute non risolte dal citato arresto delle Sezioni Unite, richiamando i contenuti di detta pronuncia.

2. Il Comune di Cortina d'Ampezzo proponeva ricorso per cassazione avverso detta sentenza, depositata in data 10 luglio 2014 e non notificata, consegnata per la notifica il 24 febbraio 2015, affidandolo a nove motivi di impugnazione. Proc. 6104/2015 ric. gen. Sentenza Pagina 3 di 23 Corte Suprema di Cassazione - Quinta Sezione Civile - 3. L'Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso notificato il 18 marzo 2015. 4. Il Procuratore Generale ha rassegnato le sue conclusioni, chiedendo il rigetto del ricorso. LE

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. I motivi di impugnazione sono così riassumibili.

5.1. Con la prima censura il ricorrente ha lamentato la «violazione e falsa applicazione dell'art. 1 DPR 641.72, della tariffa 21 allegata al DPR 641.72, dell'art. 2 co. 4 D.L. 04/14 conv. L. 50/2014, dell'art. 160 D.LGS 259.03, in relazione all'art. art. 360 comma 1 n. 3 CPC - violazione direttive comunitarie: ordinanza CTR Veneto, n. 385.24.14 - istanza ex art. 267 TFUE». Nello specifico, il Comune istante ha censurato la decisione impugnata in quanto fondata su di una normativa nazionale contraria alle direttive comunitarie di settore, segnalando che pendeva innanzi alla Corte di Giustizia Europea analoga questione pregiudiziale sollevata dalla Commissione tributaria regionale del Veneto, giusta ordinanza n. 385.24.2014 dell'Il giugno 2014, in relazione all'interpretazione della normativa nazionale sulla tassa di concessione governativa, che si porrebbe in contrasto con le direttive comunitarie nn. 5/99, 20/02 e 22/02, in quanto: a. la normativa nazionale (d.l. n. 4/14, art. 160 d.lgs. 259/2003 e art. 21 Tariffa allegata al d.P.R. n. 641/1972), nello stabilire che per «stazioni radioelettriche» devono intendersi anche le «apparecchiature terminali di telecomunicazione» (ossia i telefoni cellulari), ha, nei fatti, operato, ai fini del pagamento della tassa in rassegna, una equiparazione dei due apparati, con ciò esigendo per l'utilizzo e la messa in servizio dei cellulari il conseguimento della relativa autorizzazione generale, senza però tenere conto che le rispettive direttive comunitarie (5/99 e 20/02) non sono ugualmente «armonizza bili» ;
Proc. 6104/2015 ric. gen. Sentenza Pagina 4 di 23 Corte Suprema di Cassazione - Quinta Sezione Civile - b. le direttive nn. 5/99 e 20/02, infatti, prevedono la libera circolazione e la libera messa in servizio degli apparecchi terminali di telefonia mobile, mentre la direttiva 22/2002 definisce il contenuto dell'atto stipulato tra il gestore del servizio e l'utente finale come «contratto» privatistico, anziché come «abbonamento», a differenza della normativa nazionale che prevede, invece, l'obbligo di autorizzazione generale a carico solamente dei soggetti che hanno stipulato un contratto denominato «abbonamento». Per tala via, la ricorrente, evidenziando che la Corte UE non si è mai espressa sulla legittimità comunitaria della normativa di interpretazione autentica di cui al d.l. 4/2014, convertita in L. n. 50/2014, ha formulato istanza di sospensione ex art. 267 TFUE, al fine di sottoporre alla Corte di Giustizia della Comunità europee la domanda di pronuncia pregiudiziale in merito al contrasto tra la normativa comunitaria e e quella nazionale.

5.2. Con il secondo motivo l'istante ha denunciato la «violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del d.P.R. 641/1972, della Tariffa 21 allegata al d.P.R. 641/1972 e dell'art. 2 comma 2 lett. b)

DLGS

259.03, in combinato disposto all'art. 97 della Costituzione (principio di legalità), in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 CPC - campo di applicazione - il telefono cellulare è disciplinato dal

DLGS

269.01». Segnatamente, l'ente locale ha sostenuto l'illegittimità della sentenza impugnata per violazione del principio di legalità, tenuto conto dell'abrogazione dell'unica fonte normativa che prevedeva il pagamento del tributo e cioè dell'art. 318 del d.P.R. n. 156/1973 (abrogato codice delle Poste e Telecomunicazioni), nonché dell'assenza di una disciplina specifica concernente la tassa di concessione governativa per i telefoni cellulari da parte nel nuovo codice delle telecomunicazioni, che espressamente dichiara di non applicarsi ai predetti strumenti (v. art., co. 2, del d.lgs. n. 269/2001). Il ricorrente ha posto in rilievo che sia il d.lgs. n. 259/2003 (nella parte in cui, all'art. 2, comma 2, lett. b, ha previsto che le disposizioni Proc. 6104/2015 ric. gen. Sentenza Pagina 5 di 23 Corte Suprema di Cassazione - Quinta Sezione Civile - del codice delle comunicazioni non si applicano alle «apparecchiature contemplate dal d.lgs. 9 maggio 2001 n. 269 che attua la direttiva 1999/5/CE...» e cioè ai telefoni cellulari), che il d.lgs. n. 269/2001 (il quale, a mente dell'art. 2, considera come apparecchiature anche quelle terminali di telecomunicazione e, dunque, i predetti telefoni cellulari) hanno introdotto una netta separazione tra la disciplina delle stazioni radioelettriche e dei telefoni cellulari. In particolare - secondo l'assunto del contribuente - il d.lgs. 269/2001, (che ha recepito la direttiva 1999/5/ CE) avrebbe implicitamente abrogato la disposizione di cui all'art. 3 del d.m. n. 33/1990 (concernente l'attività di omologa e di collaudo a carico del Ministero), essendo norma di rango superiore, successivamente intervenuta ed incompatibile con la precedente disciplina nella parte in cui, in luogo del collaudo, ha previsto una verifica tecnica da parte del fabbricante di conformità del prodotto alla normativa CE. In tale direzione, il Comune ha sostenuto che il primo comma dell'art. 160 del nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche (nel quale, anche secondo la sentenza delle Sezioni Unite n. 9560/2014, è stato trasfuso il contenuto dispositivo del primo comma dell'art. 318 del d.P.R. n. 156/1973), che rappresenta la fonte giuridica della licenza d'esercizio per le sole stazioni radioelettriche e non per i telefoni cellulari in virtù del citato art. 2, co. 2, lett. b, del d.lgs. n. 259/2003, avesse fatto venir meno il necessario riferimento alla licenza di esercizio e, conseguentemente, all'atto amministrativo (documento sostitutivo) quale presupposto impositivo previsto dall'art. 1 del d.P.R. n. 641/1972 per la telefonia mobile. Ancora, l'istante ha lamentato che la menzionata pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione aveva omesso ogni riferimento alla previsione dell'art. 2, co. 2, lett. b, del d.lgs. n. 259/2003, non ,k considerando, quindi, che detta norma stabilisce che le disposizioni del codice delle comunicazioni non si applicano alle «apparecchiature contemplate dal
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