Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 20/11/2002, n. 16375

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In caso di sopravvenuta inidoneità totale del lavoratore subordinato alla prestazione lavorativa, si configura un caso di impossibilità assoluta per il venir meno della causa del contratto, non riconducibile ai casi di sospensione legale previsti dagli art. 2110 e 2111 cod. civ., con la conseguenza che - al verificarsi di tale impossibilità assoluta e diversamente da quanto avviene per il caso di impossibilità relativa - si determina la risoluzione del rapporto, senza necessità che la parte interessata manifesti mediante il negozio di recesso l'assenza di un suo interesse al mantenimento del vincolo giuridico (ormai privo di valore), dovendosi anche escludere, ai sensi dell'art. 1322, secondo comma, cod. civ., che l'autonomia privata possa mantenere ugualmente in vita il rapporto contrattuale (nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, interpretando l'art. 94 del regolamento del personale del Banco di Sicilia, aveva ritenuto che la previsione, ivi contenuta, di dispensa dal servizio dei dipendenti divenuti totalmente inidonei comportasse il diritto potestativo dell'azienda di recedere o meno dal rapporto).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 20/11/2002, n. 16375
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16375
Data del deposito : 20 novembre 2002

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G SI - Presidente -
Dott. G PO - Consigliere -
Dott. D FI - Consigliere -
Dott. A C - Consigliere -
Dott. P PE - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da
DE

CARO CARELLA

Carlo, elettivamente domiciliato in Roma, via E. Tazzoli, n. 6, presso l'avv. A B, che lo difende con procura speciale notaio Purpura di Palermo in data 5.7.2001 (rep. 44328);



- ricorrente -


contro


BANCO DI SICILIA

SpA, in persona dell'amministratore delegato C C elettivamente domiciliato, in Roma, via Plinio, n. 21, presso l'avv. L M, che, unitamente all'avv. P T la difende con procura speciale notaio Serio di Palermo in data 24.3.2000 (rep. 54638);

- resistente -
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Palermo n. 2297 in data 12 giugno 1999 (R.G. 1958/98);

sentiti nella pubblica udienza del 26.9.2002:
il Cons. Dott. P P che ha svolto la relazione della causa;

l'avv. B e l'avv. T;

il Pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore generale Dott. M F che ha concluso per raccoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Palermo ha accolto l'appello della SpA "Banco di Sicilia" e, in riforma della sentenza del Pretore della stessa sede, ha rigettato la domanda di Carlo De Caro Carella, rivolta all'accertamento del diritto ad essere dispensato dal servizio per inidoneità fisica.
Il Tribunale ha escluso che fosse configurabile un diritto dei dipendenti non in grado di riprendere servizio dopo il periodo di sospensione per malattia, ad essere dispensati perché la previsione specifica di cui al comma 7^ dell'art. 94 del regolamento del Banco era da inquadrare nell'ambito dell'istituto del recesso per superamento del periodo di comporto di cui all'art. 2110 c.c., recesso che il datore di lavoro era libero di esercitare o no. A tale conclusione, sebbene la disposizione regolamentare adoperasse l'espressione "è dispensato", induceva, ad avviso del Tribunale, il testo dell'art. 117 dello stesso regolamento, che disciplinava unitariamente le diverse ipotesi di dispensa, per la maggior parte delle quali certamente era da escludere una posizione di diritto del dipendente.
Per la cassazione della sentenza ricorre il lavoratore sulla base di un unico motivo, ulteriormente precisato con memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c.;
resiste la società con controricorso. Motivi della decisione


1. L'unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 1362 ss. cod. civ., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione, con le argomentazione di seguito riferite in sintesi.


1.1. Il tenore letterale dell'art. 94 del regolamento del personale del Banco non autorizzava dubbi sul fatto che l'impiegato, non in grado di riprendere servizio alla scadenza del periodo massimo di congedo straordinario per malattia, avesse la possibilità di richiedere di essere collocato in aspettativa senza retribuzione (collocamento certamente affidato ad una valutazione discrezionale del datore di lavoro, come fitto palese dall'espressione "può"), ma altrettanto sicuramente, scaduto il congedo straordinario e l'eventuale periodo di aspettativa, oppure il termine di 30 giorni prescritto per richiedere l'aspettativa stessa, l'impiegato non in grado di riprendere servizio per accertati motivi di salute cessava necessariamente dal servizio, stante l'adozione della formula "è dispensato con diritto al trattamento di quiescenza".

1.2. Il Tribunale, invero, non aveva tenuto conto che la dispensa dal servizio costituiva un istituto contrattuale chiaramente mutuato dal regime proprio degli impiegati pubblici non certo una mera specificazione del recesso ai sensi dell'art. 2110 c.c.

1.3. La contraddittorietà del ragionamento del Tribunale si coglieva con evidenza considerando che, nella prospettiva del diritto potestativo del datore di lavoro, il dipendente inidoneo sarebbe rimasto in una condizione del tutto coincidente con l'aspettativa non retribuita, pur non avendola chiesta o ottenuta, senza poter fruire del trattamento di quiescenza.


1.4. Del resto, lo stesso datore di lavoro aveva interpretato la citata normativa in modo conforme a quanto ritenuto dal ricorrente, comportandosi di conseguenza e rifiutando la dispensa solo perché gli accertamenti della competente Usl avevano (erroneamente, come dimostrato dalla consulenza tecnica espletata nel primo grado di giudizio) escluso l'inidoneità al servizio.

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