Cass. civ., sez. I, sentenza 10/05/2013, n. 11218
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In tema di procedimento per la modifica delle condizioni di separazione, non è affetta da inammissibilità per tardività la domanda di affidamento condiviso formulata per la prima volta all'udienza di fronte al tribunale, trattandosi di procedimenti in cui vengono in rilievo finalità di natura pubblicistica relative alla tutela e cura dei minori, non governati, quindi, dal principio della domanda.
In tema di separazione personale tra i coniugi, colui che agisca per la revoca dell'assegnazione della casa familiare ha l'onere di provare in modo inequivoco il venir meno dell'esigenza abitativa con carattere di stabilità, cioè di irreversibilità (nella specie la madre affidataria utilizzava l'abitazione familiare solo per il periodo estivo), prova che deve essere particolarmente rigorosa in presenza di prole affidata o convivente con l'assegnatario; inoltre il giudice deve comunque verificare che il provvedimento richiesto non contrasti con i preminenti interessi della prole.
Il decreto pronunciato dalla corte d'appello in sede di reclamo avverso il provvedimento del tribunale in materia di modifica delle condizioni della separazione personale concernenti l'affidamento dei figli ed il rapporto con essi, ovvero la revisione delle condizioni inerenti ai rapporti patrimoniali fra i coniugi ed il mantenimento della prole ha carattere decisiorio e definitivo ed è, pertanto, ricorribile in cassazione ai sensi dell'art.111 Cost.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L M G - Presidente -
Dott. C M R - Consigliere -
Dott. S G M R - rel. Consigliere -
Dott. D C C - Consigliere -
Dott. A M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9098/2008 proposto da:
R.P. (C.F. (omesso) ), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TORQUATO TARAMELLI 5, presso l'avvocato M G, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato M M, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
M.R. (C.F. (omesso) ) elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA MASSAROSA presso l'avvocato A G, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato T A, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di VENEZIA depositato il 23/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'08/11/2012 dal Consigliere Dott. M R S G;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato G M che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato G A che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con decreto del 23 novembre 2007, la Corte d'appello di Venezia, in parziale modifica delle condizioni della separazione personale dei coniugi R..M. e P..R. previste nella sentenza del Tribunale di Venezia dell'8 ottobre 2001, ed in parziale riforma del decreto di quel Tribunale in data 1 febbraio 2007, revocò l'assegnazione alla R. della casa coniugale, sita in XXXXXXX, e dispose l'affidamento condiviso della minore M.E. ad entrambi i genitori, con collocazione prevalente presso l'abitazione della madre. Rilevò il giudice di secondo grado che la documentazione prodotta e le allegazioni difensive della resistente dimostravano che la stessa viveva stabilmente con la figlia a (omesso) - ove quest'ultima frequentava la scuola - utilizzando come domicilio principale l'abitazione dei suoi genitori in tale Comune, e non nella ex casa coniugale di XXXXXXX, che le era stata assegnata con la sentenza di separazione personale dal coniuge. Nonostante la R. avesse dichiarato di risiedere in (omesso) nel periodo novembre-marzo, a causa della insufficienza dell'impianto di riscaldamento della casa di XXXXXXX, la Corte di merito ritenne inverosimile che la donna, quale affidataria della minore, vivesse, al di fuori del predetto periodo, a Venezia, rimanendo accanto alla figlia solo da novembre a marzo e non per l'intera durata dell'anno scolastico. Nè la R. aveva dedotto la sua differente
sistemazione abitativa rispetto alla figlia. Doveva, dunque, ritenersi che la R. utilizzasse la casa veneziana con la figlia prevalentemente durante l'estate, salvo che nei periodi in cui si trasferiva per le vacanze in altre località, e, dunque, saltuariamente.
La Corte territoriale non ravvisò poi le condizioni, una volta revocata l'assegnazione della casa coniugale alla R. , per un contestuale aumento del contributo alla stessa dovuto dal M. per il mantenimento della figlia, tenuto conto che la R. disponeva in (omesso) di altro immobile di diversi vani, recentemente acquistato. Quanto alla richiesta di affidamento condiviso della figlia, essa, benché formulata nel corso del giudizio di primo grado, fu ritenuta ammissibile, costituendo questione ispirata al superiore interesse della minore ed avendo avuto modo la resistente di controdedurre sulla stessa. Nel merito, la richiesta fu giudicata fondata, in quanto soluzione da adottare con preferenza, pur confermandosi, nella specie, la collocazione prevalente presso l'abitazione della madre.
2. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre R.P. sulla base di tre motivi, illustrati anche da successiva memoria. Resiste con controricorso illustrato da memoria R..M. . MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Deve, preliminarmente, esaminarsi la eccezione, formulata nel controricorso, di inammissibilità del ricorso per la ritenuta non impugnabilità ex art. 111 Cost., del decreto pronunciato dalla Corte d'appello in sede di reclamo ai sensi degli artt. 710 e 739 c.p.c.. 2. - La eccezione è priva di fondamento.
Come già chiarito da questa Corte, il decreto pronunciato dalla Corte d'appello in sede di reclamo avverso il provvedimento del Tribunale in materia di modifica delle condizioni della separazione personale concernenti l'affidamento dei figli ed il rapporto con essi, ovvero la revisione delle condizioni inerenti ai rapporti patrimoniali fra i coniugi ed al mantenimento della prole, ha carattere decisorio e definitivo, ed è pertanto ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (v. Cass., sentt. n. 23673 e n. 18627 del 2006). 3. - Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell'art. 155 quater c.c.. Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere che la utilizzazione, pur prolungata e prevalente durante un determinato periodo dell'anno, della casa familiare sia assimilabile alla cessazione dell'uso della stessa quale stabile abitazione, laddove il requisito della stabilità non sarebbe incompatibile con una utilizzazione costante in periodi determinati. La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'abrogato art. 366 bis c.p.c., applicabile nel caso di specie ratione temporis: "Se la norma
dell'art. 155 quater c.c., che sancisce la perdita del diritto all'assegnazione della casa familiare qualora il coniuge assegnatario non vi abiti o cessi di abitarvi stabilmente possa applicarsi anche nell'ipotesi in cui l'assegnatario abiti stabilmente l'immobile solo per un periodo dell'anno, nella fattispecie da giugno a settembre compresi, ripetuto ogni anno".
4. - La doglianza è priva di pregio.
4.1. - Accertato in fatto che la R. utilizza l'abitazione familiare di XXXXXXX, a lei assegnata, solo saltuariamente, e prevalentemente durante l'estate, con esclusione dei periodi in cui si trasferisce altrove in vacanza con la figlia, la Corte di merito ha revocato l'assegnazione della stessa alla donna, ai sensi dell'art. 155 quater c.c., comma 1, terzo periodo, introdotto dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, secondo cui "il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare....". Al riguardo, deve rilevarsi che, essendo ormai legislativamente stabilito che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli (art. 155 quater c.c., comma 1, primo periodo), tale disposizione risponde
all'esigenza, prevalente su qualsiasi altra, di conservare ai figli di coniugi separati l'habitat domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare (cfr., ex plurimis e tra le ultime, Cass., sent. n. 14348 del 2012). 4.2. - Va, pure, richiamata sul punto la sentenza della Corte costituzionale n. 308 del 2008, la quale, nel dichiarare non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 155 quater c.c., comma 1, anche in combinato disposto con la L. n. 54 del 2006, art. 4, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 30 Cost., nella parte in cui prevede la revoca automatica dell'assegnazione della casa familiare nel caso in cui l'assegnatario conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio, ha affermato, in via generale, che dal contesto normativo e giurisprudenziale emerge che non solo l'assegnazione della casa familiare, ma anche la cessazione della stessa, è stata sempre subordinata, pur nel silenzio della legge, ad una valutazione, da parte del giudice, di rispondenza all'interesse della prole. Da tale principio il giudice delle leggi ha dedotto, con riferimento specifico alla fattispecie, che l'art. 155 quater c.c., comma 1, ove interpretato, sulla base del dato letterale, nel senso che la convivenza more uxorio o il nuovo matrimonio dell'assegnatario della casa sono circostanze idonee, di per se stesse, a determinare la cessazione dell'assegnazione, non è coerente con i fini di tutela della prole, per il quale l'istituto è sorto: ed ha concluso nel senso che la coerenza della disciplina e la sua costituzionalità possono essere recuperate ove la normativa sia interpretata nel senso che l'assegnazione della casa coniugale non venga meno di diritto al verificarsi degli eventi di cui si tratta (instaurazione di una convivenza di fatto, nuovo matrimonio), ma che la decadenza dalla stessa sia subordinata ad un giudizio di conformità all'interesse del minore. E dunque, l'art. 155 quater c.c., comma 1, anche nella parte in cui dispone che il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare, deve essere interpretato, in conformità con i predetti principi, nel senso che, sebbene tali casi di revoca dell'assegnazione della casa familiare siano collegati ad eventi che fanno presumere il venir meno della esigenza abitativa, tuttavia la prova di tali eventi - che onera chi agisce per la revoca - deve essere particolarmente rigorosa in presenza di prole affidata o convivente con l'assegnatario ed attestare in modo univoco che gli eventi medesimi sono connotati dal carattere della "stabilità", cioè dell'irreversibilità, ed inoltre nel senso che il giudice investito della domanda di revoca deve comunque verificare che il provvedimento richiesto non contrasti con i preminenti interessi della prole affidata o convivente con l'assegnatario (v. Cass., sent. n. 14348 del 2012, cit.). 4.3. - Nella specie, emerge dal percorso logico seguito dalla Corte di merito che essa si è sostanzialmente conformata a tali principi, avendo ritenuto che, nella specie, il carattere del tutto saltuario della utilizzazione da parte della R. e della figlia della casa di XXXXXXX esclude che questa possa ancora rappresentare l'habitat domestico della minore, il centro dei suoi affetti ed interessi, ormai spostato in (omesso) , ove la stessa risiede e frequenta la scuola.