Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 20/05/2021, n. 13915
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In tema di prestazioni economiche corrisposte agli invalidi civili - quale la maggiorazione della pensione sociale prevista dall'art. 38 della l. n. 448 del 2001 -, la disciplina della ripetibilità di quelle indebitamente erogate va ricercata nella normativa appositamente dettata in materia, non potendo trovare applicazione in via analogica le regole dettate con riferimento alle pensioni o ad altri trattamenti previdenziali, le quali non possono interpretarsi neppure estensivamente, in quanto derogano alla previsione generale di cui all'art. 2033 c.c.; ne consegue che i ratei indebitamente erogati per mancanza del requisito reddituale vanno restituiti - trovando applicazione l'art. 3-ter del d.l. n. 850 del 1976, conv., con modif., dalla l. n. 29 del 1977, e l'art. 3, comma 9, del d.l. n. 173 del 1988, conv., con modif., dalla l. n. 291 del 1988 - a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta, salvo che l'erogazione indebita sia addebitabile al percipiente e non sussistano le condizioni di un legittimo affidamento.
Sul provvedimento
Testo completo
T N E V E L L O 20 2021 R E T N E S E AULA 'B' - E 139 15/2 1 N IO Z A R T IS G E R E Oggetto REPUBBLICA ITALIANA E S IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R.G. N. 10719/2015 Cron.13915 SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rep. Ud. 03/02/2021 Dott. ANTONIO MANNA Presidente Consigliere PU Dott. ENRICA D'ANTONIO Dott. ROSSANA MANCINO Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE Rel. Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 10719-2015 proposto da: I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 291 presso 1'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;
2021 - ricorrente 497 contro domiciliata in DE VITO RITA MARIA, elettivamente LUNGOTEVERE MICHELANGELO n.9, presso lo studio ROMA, rappresentata dell'avvocato FILIPPO BAUZULLI, difesa dall'avvocato ANTONIO TROSO;
controricorrente avversO la sentenza n. 2385/2014 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 22/10/2014 R.G.N. 165/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/02/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;
udito il P.M. in persona de_ Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA' che ha concluso per accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato PATRIZIA CIACCI per delega verbale Avvocato EMANUELA CAPANNOLO. R. G. N. 10719/2015 FATTI DI CAUSA 1. Con sentenza n. 2385 del 2014, la Corte d'appello di Lecce ha accolto l'impugnazione proposta da IT AR De TO avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede di rigetto della sua domanda di accertamento della irripetibilità delle somme che l'INPS aveva chiesto in restituzione per la erronea attribuzione della maggiorazione sulla pensione sociale derivante da trasformazione dell'assegno di invalidità civile ( ex artt. 13 e 19 I. n. 118 del 1971) percepita dal 2009 al 2011 in ragione del superamento dei limiti di reddito.
2.La Corte d'appello, posto che la ricorrente non contestava l'indebito ma opponeva irripetibilità delle somme in quanto ricevute in buona fede e per errore commesso dall'Istituto, ha fatto applicazione del disposto dell'art. 13 1. n. 412 del 1991 e dell'interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità, ritenendo non presente nel caso di specie il dolo del beneficiario, che avrebbe consentito la ripetibilità, inteso quale semplice consapevolezza della effettiva insussistenza del diritto, non richiedendosi comportamenti attivi diretti ad ingannare l'Ente, ed essendo sufficiente l'evidenza dell'errore commesso;
circostanze queste non ricorrenti nella concreta fattispecie con la conseguenza che alla De TO non potesse attribuirsi alcuna responsabilità nell'errore commesso dall'INPS.
3. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l'INPS sulla base di un motivo successivamente illustrato da memoria.
4. Resiste con controricorso IT AR De TO. RAGIONI DELLA DECISIONE 5. Con l'unico motivo l'INPS deduce la violazione ed errata applicazione dell'art. 13 I. n. 412 del 1991, dell'art. 19 I. n. 118 del 1971, nonché dell'art. 42, comma 5, d.l. n. 269 del 2003 conv. in I. n. 326 del 2003 e dell'art. 2033 C.C. Il ricorrente evidenzia che l'indebito era stato determinato dalla percezione di somme a titolo di maggiorazione sulla pensione sociale derivante dalla trasformazione dell'assegno di invalidità civile ex artt. 13 e 19 I. n. 118 del 1 R. G. N. 10719/2015 1971 e che, per tale ragione, attesa la permanente natura assistenziale della prestazione a cui accede la maggiorazione indebita, non poteva trovare applicazione la disciplina dell'indebito previdenziale contenuta nell'art. 13 I. n. 412 del 1991, ma bensì quella dell'indebito assistenziale che, in sostanza, si dovrebbe rinvenire nel disposto dell'art. 2033 c.c. e nelle specifiche previsioni relative a ciascuna prestazione, secondo la discrezionale valutazione del legislatore (come disposto ad es. dall'art. 42, comma 5, d.l. n. 269 del 2003 conv. in I. n.326 del 2003 ma solo per ratei maturati prima del 2 ottobre 2003).
6. Il ricorso è fondato anche se per ragioni non coincidenti con quelle esposte dal ricorrente. La formulazione del motivo si incentra sulla natura assistenziale e non previdenziale della prestazione indebita che è, come si è detto, la maggiorazione sociale prevista dall'art. 38 della legge n. 448 del 2001 sull'assegno sociale erogato ai sensi dell'art. 19 I. n. 118 del 1971. In sostanza, per il ricorrente, se l'indebito è riferito ad una prestazione assistenziale, al di fuori delle ipotesi qui non ricorrenti espressamente regolate dalla legge, l'unica disciplina applicabile sarebbe l'art. 2033 c.c. che non subordina l'obbligo di restituzione a particolari stati soggettivi dell'accipiens, tranne che per la decorrenza degli interessi.
7. In linea generale, può affermarsi che sono prestazioni assistenziali quelle riconducibili all'art. 38 comma 1, laddove è disposto che quanti siano privi dei mezzi necessari per vivere hanno diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale. Inoltre, per l'art. 128 del d. lgs. 31 marzo 1998 n. 112, richiamato dalla I. n. 328 del 2000 art. 1, le prestazioni sociali constano di interventi configurabili quali attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della vita.
8. All'interno di questo riferimento generale, che fornisce i parametri positivi di qualificazione delle prestazioni economiche pubbliche, va esaminata 2 R. G. N. 10719/2015 l'ipotesi di maggiorazione di cui si discute prevista dall'art. 38 I. n. 448 del 2001. La disposizione, intitolata "Incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati", prevede che, a decorrere dal 1 gennaio 2002 è incrementata, a favore dei soggetti di età pari o superiore a settanta anni e fino a garantire un reddito proprio pari a 516,46 euro al mese per tredici mensilità, la misura delle maggiorazioni sociali dei trattamenti pensionistici di cui: a) all'articolo 1 della legge 29 dicembre 1988, n. 544, e successive modificazioni;
b) all'articolo 70, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, 388, con n. riferimento ai titolari dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
c) all'articolo 2 della legge 29 dicembre 1988, n. 544, con riferimento ai titolari della pensione sociale di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153. 2. I